THE ROSE OF VERSAILLES 2025 - CONSIDERAZIONI PERSONALI
ATTENZIONE, CONTIENE SPOILER!
Come avevo già ampiamente
preannunciato in passato, il problema più grande di questo film è, appunto, che
si tratti di un film: è come quando uno legge un libro meraviglioso e poi va a
vedere il film. Nel 99% dei casi (riservo un 1% perché mi è capitato qualche
caso in cui la situazione è stata esattamente all’opposto) il film non è mai
all’altezza del libro e qui, non volendo menzionare l’anime per il semplice
motivo che il lungometraggio è tratto dal manga e perché fare un paragone con il
prodotto del 1979 è assolutamente insensato (in quanto si parla proprio di
un’impostazione diversa del prodotto, della caratterizzazione dei personaggi e,
non meno, del fatto che la storia sia stata spalmata in 40 episodi - e pensare
che in origine dovevano essere di più!), ma, oggettivamente, non è nemmeno
all’altezza del manga. Il che di per sé è oggettivamente un’ovvietà (sempre per
il motivo espressi sopra sulla tempistica) e non vuol dire che sia un film
brutto, almeno per quanto mi riguarda (ma sarà che io ho la stessa corrente di
pensiero di Pollyanna, che cerca sempre di trovare il lato positivo in ogni
caso) ma, forse, si poteva fare di meglio, nonostante io per prima fossi rimasta
molto entusiasta al termine della prima visione (del resto erano 18 anni che
aspettavo questo momento, poco meno di metà della mia vita ^^).
Ma cerchiamo di andare con
ordine.
Dal punto di
vista della sceneggiatura i tagli e le condensazioni tutto sommato funzionano ma
non del tutto, infatti ci sono dei passaggi che non sono chiari se non si
conosce la storia dal manga o dall’anime: nella prima parte dedicata a Maria
Antonietta si riassume la vita della Delfina i primi anni del suo arrivo in
Francia, l’ammirazione degli altri nobili, le feste, si accenna alla diatriba
con la Du Barry mostrando sostanzialmente il suo iniziale rifiuto a rivolgerle
la parola e la successiva capitolazione seguita da pianto e fuga. Però, se non
si conosce la storia non si capisce il perché accada tutto questo. Stessa cosa
nella scena in cui il cavallo di Maria Antonietta si imbizzarrisce: chi conosce
la storia sa che succede perché André mette accidentalmente il piede su una
pietra e la sua quasi caduta (tiene le redini) fa imbizzarrire il cavallo quindi
ha senso l’accusa di Luigi XV nei suoi confronti. Qui, invece, non si capisce
bene cosa accade e infatti il re lo colpevolizza semplicemente per aver “preso
il cavallo dalle stalle”. Motivazione piuttosto insulsa a mio avviso che bastava
risolvere la cosa con qualche minuto in più. Stessa lacuna Oscar al ballo con
Fersen. Oscar si presenta a corte, balla con Fersen, poi fugge, ma non c’è
dialogo, non si capisce perché accada. Lo sa solo chi conosce già la storia.
La cosa però peggiore
per me che, a mio avviso, è riconducibile sempre alla necessità di ridurre e
condensare tutto ma che, anche qui, era qualcosa che andava approfondito meglio
e bastava veramente poco, come proverò a suggerire a breve, è l’amore tra André
e Oscar. Per farla breve, non c’è una scena in
cui André dichiara apertamente ad Oscar di amarla e, viceversa, una in cui lei
fa altrettanto. Ora, premetto che il rapporto
tra i due qui è emotivamente più chiaro, cioè vediamo una Oscar sempre grata ad
André per esserle accanto, sia come ruolo che le permette di fare quello che
vuole della sua vita, sia per il fatto che hanno condiviso insieme tutti i
momenti più importanti della loro vita, nel senso che glielo dice proprio in
modo chiaro; e, dall’altra parte, abbiamo un André molto più diretto nel
ribadire la sua volontà di starle accanto, di sacrificare tranquillamente il suo
occhio se serve (con annesso pianto) quindi, di base, sembra quasi che tra i due
esista già una sorta di amore platonico e lo stesso Fersen qui viene illustrato
per quello che è, ossia una sorta di “amore adolescenziale” (anche se Oscar ha
già raggiunto la maggior età quando comprende di provare qualcosa per lui) che
permette ad Oscar di scoprirsi donna: la stessa scelta di partecipare ad un
ballo vestita da donna è chiaramente una sorta di concessione che Oscar fa a se
stessa, per una volta, di sentirsi donna, di stare tra le braccia di un uomo per
il quale inevitabilmente prova qualcosa ma fugge via, e non ci ripensa più.
Probabilmente perché sa che la sua vita non le permette questo (tanto che, dopo,
si chiederà che senso ha avuto vivere così quando suo padre le proporrà il
matrimonio con Girodel) o, forse, perché sa che comunque non ha speranza dal
momento che Fersen è chiaramente innamorato di Maria Antonietta. Lei cede una
volta e poi torna alla sua vita di sempre e la stessa scelta di cambiare
compagnia non è – come nell’anime – determinata dalla volontà di allontanarsi
dalla corte perché non vuole più stare vicino Fersen e Antonietta, ma
semplicemente perché vuole avere più consapevolezza di quello che accade
veramente in Francia. Ma qui ci torniamo dopo. Tornando al discorso dell’amore
tra Oscar e André, dicevamo, le uniche esternazioni di Oscar nei confronti di
André, a parte i continui “grazie” per il vino e, già detto, i ringraziamenti
per essergli accanto, sono i seguenti: dopo aver comunicato a Girodel di non
avere intenzione di sposarsi perché “c’è una persona che soffrirebbe moltissimo
se la sapesse sposata e lei non può vivere sapendo di fare soffrire questa
persona” (praticamente lo stesso dialogo del manga), comunica ad André la sua
volontà di non sposarsi dopo che lui si sta per scusare per quello che stava per
fare la seria prima (ossia avvelenarla):
“André tu.. qualunque cosa sia accaduta sei sempre e comunque rimasto al mio
fianco. Te l’ho detto ieri, rammenti? E questo non cambierà. André, anche in
futuro, io voglio continuare a saperti al mio fianco, com’è sempre stato
d’altronde”
Lui
piange disperato e sollevato al contempo. Altra scena che poteva rappresentare
il momento perfetto (non volendo mostrare altre scene, sempre per il discorso
della tempistica) è quando Oscar riceve l’ordine di recarsi a Parigi con i suoi
soldati. Palazzo Jarjayes, bordo della fontana. Oscar dice ad André che
preferirebbe che lui non la seguisse a Parigi perché, con un occhio solo,
potrebbe avere difficoltà. Lui le prende il polso dicendole, deciso, che la
seguirà fino all’inferno e lei: “Va bene.
Allora lascia che ti faccia una richiesta egoista: promettimi che starai sempre
al mio fianco, in questo modo non avrò paura. – Certo, io rimarrò sempre al tuo
fianco”. Poi Oscar gli si avvicina e gli si
appoggia sulla spalla, chiude gli occhi: “Tu
sei così accogliente e gentile. André la
guarda ma non riesce a vederla bene e giustamente si arrabbia. FINITO. Questo
sarebbe stato il momento perfetto per descrivere qualcosa, anche solo un
abbraccio tra i due, uno scambio di sguardi che mostrerebbe allo spettatore che
entrambi hanno preso consapevolezza dei sentimenti dell’altro e del fatto che si
ricambiano a vicenda. E invece nulla. Noi, è vero, ascoltiamo le parole di Oscar
con Girodel che, forse nell’edizione originale, sono più indicative di come lei,
in quel momento sembra a poco a poco realizzare, mentre parla, della natura dei
suoi sentimenti per André e, di contro, vediamo anche André in camera sua che
rimugina sul suo amore per Oscar, sul fatto che si accontenta di starle vicino
anche se come attendente ma sono parole che tra di loro non hanno modo di dirsi
quindi risulta un po’ sopra le righe la richiesta di Oscar ad André di passare
la notte con lui come sua compagna. Ci tengo a precisare che io per prima,
caratterialmente, non mi ritengo una persona sdolcinata e che, per certi versi,
potrei anche apprezzare la scelta di non utilizzare parole per
dirsi certe cose,
anche perché tutto questo è coerente con l’idea che il rapporto tra Oscar e
André è qualcosa di talmente connaturato e profondo che non necessita di parole
troppo esplicite, però l’assenza totale di qualcosa tra di loro prima che
passino una notte insieme la trovo oggettivamente inaccettabile. Ho pensato che
forse non avevo colto certe sfumature e, in seguito, ho riascoltato i dialoghi
di quelle scene per capire se mi era sfuggito qualcosa. Ma non è così.
Di contro lui, prima di
questo momento, le uniche scene in cui manifesta in un certo modo il suo amore
(ma non in modo così chiaro, nel senso che certe parole potrebbe dirle pure un
caro amico) è che sacrificherebbe il suo occhio in qualunque momento e che ha
promesso che la seguirà ovunque. L’unica scena in cui si espone di più è quella
dove non dice nulla, ossia la scena del tentato avvelenamento. Dal punto di
vista della scena, ritengo sia una delle più efficaci, anche per l’attacco del
brano RAVINE subito dopo la scena clou mentre André raccoglie i frammenti di
vetro e non durante ma, sostanzialmente, anche qui lui non dice nulla. Dopo
essere riuscito ad impedirle di bere, lui inizia a piangere in modo disperato
(ho apprezzato il modo in cui lui, che si tiene sulle braccia, poco prima di
rimettersi in piedi sembra quasi stia per crollare) e poi va via. Oscar osserva
il tappeto macchiato e deduce cosa possa essere successo ma, anche qui, lei può
solo. Troppe cose non dette. Forse il tutto è nato partendo dal presupposto che
il loro legame talmente profondo e potesse non richiedere certe parole, certi
chiarimenti tra loro ma non credo che sia passabile come
realistico questo
tipo di situazione. Questo aspetto, a mio avviso, è l’unico che onestamente non
riesco a giustificare in nessun modo. Non era necessario disporre di più tempo o
di più scene: bastava veramente poco. Poi, sempre per quel discorso di prima del
mio cercare di trovare il lato positivo in ogni cosa, posso dire che forse il
dialogo in lingua originale rende di più in molti momenti, come quando appunto
Oscar comunica ad André la volontà di continuare a vivere con lui al suo fianco.
Sostanzialmente dice le stesse cose anche nel nostro doppiaggio ma i dialoghi
della versione originale sembrano utilizzare termini più incisivi, se vogliamo
appunto cercare di trovarci una spiegazione a tutti questi non detti, che forse
potrebbero indicare la reciproca consapevolezza di un amore sì a livello
sostanzialmente platonico ma sempre amore. Che forse è un concetto che per la
cultura giapponese potrebbe anche essere sufficiente e forse per noi non lo è e
per questo, appunto, sentiamo la mancanza di
qualcosa di più concreto.
Dalla
scena d’amore in poi posso dire che mi è piaciuto tutto. Sostanzialmente non c’è
niente di nuovo rispetto al manga ma l’animazione di queste scene le rende già
di per sé molto intense: nella notte d’amore non amo particolarmente tutta la
parte relativa a Castore e Polluce, alle anime vicine (ho già detto che sono un
arido capricorno? N.d.a.) però ammetto che qui i doppiatori hanno fatto un
lavoro eccellente anche perché abbiamo – ho – finalmente capito chi dice cosa in
quella scena.
La
morte di André è un’altra di quelle scene che nel manga rende meno rispetto
all’anime, tuttavia qui non c’è André che chiede l’acqua ad Oscar la quale,
quindi, si trova lontano da lui nel momento in cui lui spira ed è molto bella la
resa di lei che gli accarezza la fronte, gli sposta i capelli, gli accarezza il
viso e poi lo abbraccia con tutta se stessa (decisamente realistico). Anche la
morte di Oscar ricalca il manga ma qui non c’è Rosalie e vediamo una sorta di
oltre in cui
Oscar si risveglia e trova André ad aspettarla: molto bello e in un certo senso
consolatorio.
Uno degli aspetti che più mi è
piaciuto è la caratterizzazione del personaggio di Oscar che, come nel manga, è
una donna forte, consapevole di se stessa e che non si fa abbattere ne
scoraggiare da niente. Tiene in mano le redini della sua vita anche se di certo
è stato il padre a metterla su una strada che lei, almeno fino ad un certo
punto, non ha mai dubitato di percorrere. Sostanzialmente l’ho trovata identica
al manga ma qui non ci sono nemmeno le scene in cui la vediamo piangere o
sentirsi sconfortata (a parte l’unica in cui la vediamo letteralmente crollare
per il dispiacere di non essere riuscita a comprendere a fondo il travaglio
emotivo della sua regina a proposito del suo amore per Fersen e della sua
infelicità in un matrimonio non d’amore). Dicevo, Oscar agisce in base al suo
pensiero, alla sua volontà. Decide di lasciare la guardia reale semplicemente
perché capisce che c’è qualcosa che non va tra la gente del popolo e cerca di
capirci di più (ed infatti, come nel manga, si approccia a Rousseau per capirci
qualcosa) inizialmente con il fine ultimo di proteggere la famiglia reale, poi
perché capisce che il mondo in cui è nata e vissuta fino a quel momento non ha
più niente a che vedere con lei. Infatti, un altro aspetto che oggettivamente
risulta più arido
è il suo rapporto con Maria Antonietta la quale, sin da subito, non sembra
nemmeno interessata a tentare di seguire i consigli di Oscar sul non spendere
troppi soldi pubblici e non favorire troppo gli amici e questa loro opposizione
viene fuori proprio alla fine, nella scena d’addio, dove è la stessa regina a
richiamare Oscar chiedendole di ritornare alla guardia reale perché sa che
presto ci saranno disordini a Parigi e lei ovviamente si rifiuta ma resta anche
perplessa e amareggiata dal modo in cui la stessa regina appella il suo popolo,
proprio a delineare una visione diametralmente opposta della situazione sociale.
Ammetto di essere rimasta un tantino delusa, abituata alla scena dell’anime ma
poi mi viene in mente che anche il manga ci mostra una Maria Antonietta, in
questa parte, quasi cieca di fronte all’ovvio, che appella anche lei in modo
spregiativo il popolo per cui, tutto sommato, l’ho trovata coerente.
ASPETTO TECNICO
In quest’ambito premetto di non
avere competenze specifiche di grafica o disegno quindi quello che scrivo è
certamente pensato per essere il più oggettivo possibile ma, di certo, non è un
parere di esperto. Sicuramente la messa in scena e l’utilizzo così importante
delle canzoni richiama certamente la messa in scena del takarazuka e del teatro
che, come sappiamo bene, piacciono tanto a Riyoko Ikeda. Soprattutto nella prima
parte, molte immagini richiamano in pieno lo stile shojo con i fiori che
sbocciano a cornice dei primi piani dei protagonisti. Anche qui, che piaccia o
meno dipende dal gusto personale. Personalmente non li gradisco particolarmente
ma questo, ribadisco, è gusto personale. I personaggi sono quelli del manga, con
i lineamenti del manga e subiscono anche loro delle piccole modifiche
nell’aspetto man mano che la storia va avanti, tranne forse Fersen che nella
seconda parte non appare più. Le immagini le abbiamo viste tutti: colori
sgargianti e alta fedeltà nella rappresentazione degli ambienti e degli
indumenti, soprattutto nella prima parte. Dal mio punto di vista non sono
immagini realizzate con lo scopo di suscitare emozioni o pathos: penso ai
tramonti di Dezaki, i suoi fermo immagine in bianco e nero a fine puntata o
anche alle composizioni di volti della prima parte dell’anime con la regia di
Nagahama[1],
ma soltanto descrittive
di un contesto ambientale. Tutto qua. Se evitiamo di fare paragoni possiamo dire
che sono belle, molto belle, punto e tutto sommato potrebbe anche andar bene
così: la necessità di raccontare tanto in poco tempo può anche giustificare
questo. In generale la seconda parte risulta più gradevole e meno pomposa (e
forse per questo ci piace di più) probabilmente perché l’attenzione è rivolta a
fatti più concreti.
Del doppiaggio italiano ho trovato
incomprensibile la scelta di utilizzare
comandante al posto di
padrone quando Oscar
vuole prendere il posto di André ma qui, probabilmente, la colpa è della recente
corrente di pensiero secondo cui non si possono usare certe parole, anche se
contestualizzate nel loro periodo storico, diventano giuste e accettabili.
Poveri noi.
Fermo
restando che io per prima quando penso ad Oscar e André, ma anche a Maria
Antonietta, li penso solo ed esclusivamente con le voci storiche dell’anime, le
voci non mi sono dispiaciute. Non so se ci sono voci migliori, non so se
avrebbero potuto fare meglio, probabilmente sì ma non mi sento di bocciarli.
Da amante della musica in generale
e, soprattutto, della musica nel cinema, la colonna sonora in un prodotto
cinematografico è una di quelle cose che mi piace attenzionare. Personalmente,
le BGM non mi hanno particolarmente emozionata, forse li ho appena percepite qua
e là. Questo perché la funzione di dare espressione ai sentimenti è stata
affidata alle canzoni. Qui la mia opinione è esattamente opposta: già prima di
vedere il film mi sono innamorata della song
collection: i brani sono decisamente moderni
(molto in stile Maria Antonietta
di Sofia Coppola?) ma sono efficienti nel loro scopo,
a parte il fatto che in certi punti si sovrappongono quasi ai dialoghi (e io che
le conoscevo già mentre guardavo il film cercavo di non soffermarmi su di esse
per evitare di perdere i dialoghi). A dispetto delle prime voci che sono
circolate, il film non è un musical, nel senso che i personaggi non cantano ma
le canzoni sono usate sostanzialmente per riassumere dei momenti (la vita di
Maria Antonietta a corte dopo il suo arrivo, l’Incoronazione ma anche
l’innamoramento tra la regina e il conte Fersen), talvolta invece nel
tradizionale scopo di adornare un momento importante nella storia (Ravine,
citata prima o Yowokomete nella scena d’amore). L’unica volta che la canzone ha
avuto per me un effetto quasi straniante è BELIEVE IN MY WAY messa lì a
concludere la prima parte del film e descrivendo brevemente la scena in cui
Oscar si presenta al ballo in abiti femminili per poi mostrare delle immagini
che non hanno nessuno scopo narrativo.
Fiori che sbocciano incorniciano i volti, in pieno stile shojo
André riesce a fermare Oscar appena in tempo dal bere il vino avvelenato
Scena della fontana e frammento della scena d'amore
Morte di André
Oscar e André si ritrovano dopo la morte
_____________________
In definitiva, posso dire che il film sì, mi è piaciuto
nonostante tutto perché è comunque una rappresentazione del meraviglioso mondo
delle Rose di Versailles e, certamente, un omaggio al manga. Non posso dire che
mi abbia emotivamente travolto come le altre versioni a parte appunto qualche
scena specifica. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che, nonostante l’immensa
gioia di sapere che finalmente potevamo avere un film animato ispirato al manga,
non avevo aspettative enormi quindi, a parte la cocente delusione che vi ho
descritto prima, tutto sommato è stato all’altezza delle mie aspettative. Se ne
consiglio la visione? Da appassionata, assolutamente sì ma, come ribadito sin
dall’inizio, senza la pretesa di fare comparazioni con i capolavori del manga e
della serie animata. Non c’è confronto che tenga.
[1] Grazie Laura Luzi per il tuo illuminante LADY OSCAR. IL VENTO DELLA RIVOLUZIONE. Editore Weird Book.