LE ROSE FIORISCONO AD ARRAS
Versione 2018 - 2019
Parte Quarta (giugno 2025)
Quando scrissi questa mia prima ff avevo si e no 13 o 14 anni. All'epoca mi ero
da poco addentrata nel "meraviglioso mondo di Lady Oscar" e, pur non avendo
letto ancora il manga (secondo me indispensabile per una totale comprensione
della storia), mi sono lanciata a scrivere questa storia per la quale, nel
tempo, ho iniziato ad avere un certo imbarazzo. Sia chiaro, per l'epoca e per la
mia giovane età di allora, non era poi così male ma, nel corso degli anni,
potendo conoscere meglio la storia e, in aggiunta, arricchendo il mio bagaglio
di esperienze personali, ho capito che questa FF, così com'era, andava
assolutamente cambiata. Non soltanto per alcuni errori di forma del testo in sé
o di contenuto, quanto piuttosto nella presenza di quelli che mi piace definire
"cliché" tipici sulle FF dedicate a Lady Oscar, Oscar e André in particolare,
che proprio non riesco a sopportare (per esempio quando vengono descritti come
quando vengono loro associati dei comportamenti o delle frasi da giovani
adolescenti). Cancellarla completamente come se non fosse mai stata scritta mi
sembrava onestamente brutto, visto che comunque era frutto di un lavoro testuale
che mi aveva dato all'epoca grande impegno. Da qui la decisione di una nuova
versione, che mantiene più o meno inalterato il plot ma che si sviluppa in modo
diverso, più corretto e consono in riferimento soprattutto a quello che secondo
me è il modo di agire di due persone adulte di trent'anni, in un certo contesto
e attraverso il loro modo di essere che ho imparato a conoscere dopo aver letto
il manga e visto l'anime innumerevoli volte.
Vi anticipo inoltre che stessa sorte subiranno tutte le altre fanfictions da me
scritte pubblicate su questo sito, ad eccezione di "Una Vita", realizzata in
tempi più recenti. Almeno, spero di trovare il tempo e l'inventiva necessaria a
migliorare quello che necessita di essere migliorato riuscendo però a mantenere
la stessa trama.
Vi lascio pertanto alla lettura, sperando che vi
piaccia, nella consapevolezza di non consegnarvi certo un capolavoro di
scrittura ma qualche momento per sognare un po'. Buona lettura.
**
Ma certo! Com’è che non c’era
arrivata prima?
La
soluzione all’enigma che l’aveva tenuta occupata per buona parte della serata e
prima che il sonno si fosse deciso ad avvincerla, arrivò improvvisamente durante
la notte. La ragazzina con cui giocavano quando, da piccoli, visitavano la
tenuta di Arras insieme alla famiglia, non era altro che Marianne, Marianne
Richard, figlia di alcuni fittavoli che vivevano proprio in prossimità del
palazzo e che, incuriosita dai visitatori stagionali più fortunati di lei, si
era avvicinata così tante volte nei giorni di permanenza dei Jarjayes, fino ad
incontrare i piccoli Oscar e André che, senza esitare, l’avevano invitata a
giocare insieme a loro. Negli anni la cosa si era ripetuta e, per qualche tempo,
tutti e tre erano diventati grandi amici, fino a poco prima che lei diventasse
capitano. Crescendo, poi, le visite nella tenuta della famiglia si erano ridotte
molto fino a quando si erano quasi totalmente estinte dal momento che, oltre
agli impegni del generale, si era aggiunto l’incarico a corte di Oscar e
quello della madre tra le dame di compagnia
della regina e quindi anche l’idilliaco, seppur stagionale, legame tra loro si
era sciolto. Durante la breve visita poco dopo l’incoronazione di Luigi XVI,
aveva chiesto di lei e le avevano risposto che non viveva più coi genitori, che
si era sposata da poco ed era andata a vivere in un'altra città. Da allora, non
ci aveva pensato più, fino a quel momento. Quando, da piccoli, si intrufolavano
tutti e tre nelle cucine alla ricerca di biscotti o un frutto da sgranocchiare
in fretta tra un gioco e l’altro, la piccola guardava sempre con occhi ammirati
e carichi di meraviglia i ricchi ambienti che la circondavano e, pensava Oscar
con un sorriso sulle labbra mentre si rivestiva prima di scendere per la
colazione, chissà com’era felice di occuparsi, adesso, del personale di quello
stesso palazzo e vivere lì. L’unica cosa che ricordava le avesse procurato un
moto di fastidio, sentendosi al contempo quasi in colpa per avere quel pensiero,
era il modo in cui la donna si era soffermata su André. Non aveva fatto cenno
alla loro infanzia insieme, anche se lei era talmente stanca che non aveva perso
tempo e, esclusi un paio di scambi verbali di circostanza
«Il viaggio è andato bene?»
«Sì, grazie»
«A che ora desiderate che vi venga portata la
colazione in camera?»
«Non serve, grazie, scenderò io appena sveglia»
Chiusasi in fretta la porta alle sue spalle, se n’era
andata a dormire: soltanto quando i muscoli delle gambe, stanche del viaggio a
cavallo iniziarono a rilassarsi, aveva iniziato a chiedersi com’è che quella
donna avesse un viso familiare.
Lui, invece, Marianne l’aveva
riconosciuta subito. Certamente non era merito dei suoi occhi a cui, in realtà,
ormai aveva imparato a fare poco affidamento. Quanto piuttosto erano state le
sue orecchie che gli avevano permesso di riconoscere la sua voce nonostante
l’inevitabile cambiamento che aveva assunto con l’età adulta. Marianne, la
piccola bambina col viso rotondo, le guance rosse e un corpicino esile, fin
troppo magro rispetto al loro che spiava timorosa e curiosa al tempo stesso dal
cancello dell’ingresso principale della tenuta.
«Vacci tu»
«No, chiediglielo tu»
«Ma è casa tua, Oscar, devi invitarla tu»
«No, fallo tu e basta»
«Allora ci andiamo insieme, va bene?»
«Va bene»
E così i due bambini si erano avvicinati e, senza
esitare, le avevano aperto il cancello accogliendola nel proprio mondo. Al
ritorno a Versailles, la nonna era stata felice di sapere che la sua bambina
avrebbe potuto approfittare di un’amicizia femminile, a dispetto del mondo
totalmente al maschile in cui il generale si era intestardito a farla crescere.
Non avrebbe mai saputo che la piccola, ultima di una schiera di quattro fratelli
maschi che l’avevano preceduta, sapeva tener testa alla piccola Oscar in quanto
a giochi e attività ludiche di diversi livelli di pericolosità e dagli esiti non
sempre prevedibili.
Negli ultimi anni, prima di sapere che non abitava più nella sua casa
d’infanzia, aveva iniziato a notare che, anche lei come loro, si stava
avvicinando all’età adulta: li accoglieva sempre con la stessa gioia e
familiarità ma era più aggraziata, più composta e gli abiti lunghi e il corsetto
avevano preso il posto degli indumenti comodi da gioco, e quando si era
rifiutata di correre insieme a loro perché, aveva detto, non le era possibile
correre e respirare adeguatamente nello stesso momento, lui ebbe la chiara e
brutale consapevolezza che il tempo dei giochi era finito e che anche per loro,
a breve, sarebbe arrivato il momento di essere adulti. In occasione delle visita
successiva, infatti, quando avevano chiesto di lei alla famiglia, era stato loro
riferito che si era sposata e aveva lasciato Arras. Tornando a casa, ne avevano
parlato, si erano interrogati sul matrimonio e sul tipo di vita che da questo
momento Marianne avrebbe fatto, lontano dalla sua famiglia e in un’altra città.
Oscar aveva detto che, di certo, il matrimonio non sarebbe stata una cosa per
lei e lui, serio, le aveva risposto che avrebbe dovuto ringraziare suo padre e
il tipo di vita che l’aveva obbligata ad avere, non sapendo nemmeno lui se il
tono di voce che stava usando era sarcastico o serio. Lei, ricordò, rimase in
silenzio a pensare. Poi non ne parlarono più.
La domanda comunque era un’altra: cosa ci faceva adesso
Marianne di nuovo ad Arras?
Dopo colazione, la prima cosa che fece, fu ritornare in
camera e scrivere al padre per spiegare cosa fosse successo e chiedere che fosse
recapitato con urgenza il denaro necessario affinché potessero ricostruire i
locali danneggiati dall’incendio e, soprattutto, scorte alimentari per
affrontare i mesi successivi in attesa che la natura facesse il suo corso e
potesse dare i frutti delle nuove colture e non esitò ad utilizzare un tono di
forte urgenza affinché si provvedesse quanto più presto possibile: sarebbe
rimasta più che volentieri ad Arras ma, era certa, quanto prima l’avrebbero
richiamata da Parigi e voleva assicurarsi che i primi aiuti fossero già arrivati
quando sarebbe andata via.
Abituato com’era ad essere
l’attendente di Oscar e, dopo, ai turni massacranti della guardia francese, non
era stato un problema per lui alzarsi alla buon’ora. In tutta onestà, sentiva
che avrebbe avuto bisogno di dormire ancora un po’, gli arti inferiori se li
sentiva come dei macigni; tuttavia, una volta sveglio, il suo cervello aveva
preso a pensare alle cose da fare e, non volendosi far trovare ancora
impreparato quando lei lo avrebbe cercato, aveva infine deciso di alzarsi. Si
rivestì e scese al piano di sotto per dirigersi nella sala in cui venivano
serviti di solito i pasti: se non avesse trovato tutto predisposto per la
colazione, si sarebbe recato direttamente nelle cucine alla ricerca di qualcosa
da mettere nello stomaco e poi, in attesa di capire se Oscar gli avesse dato
delle direttive specifiche,
sarebbe uscito fuori
per capire si sarebbe potuto rendere utile: il giorno prima aveva visto che
avevano già iniziato dei lavori di riparazione – sarebbe stato meglio dire
ricostruzione – e una mano poteva sempre
tornare utile. A dispetto delle sue aspettative, il tavolo era già pronto per
ricevere la padrona e il suo attendente; così si sedette e rimase in attesa che
qualcuno si facesse vivo: riteneva sarebbe stato offensivo nei confronti del
personale fare diversamente poiché poteva sembrare che riteneva non stessero
svolgendo il loro lavoro in maniera precisa e puntuale.
Si guardò attorno e riconobbe uno degli ambienti della
loro infanzia. Amava Arras, l’intima accoglienza delle sue sale, dei suoi
giardini e degli anfratti nascosti delle campagne attorno alla tenuta. E sorrise
al ricordo. In quel frangente la porta si apri ed entrò Marianne, stavolta in
abiti più formali, adatti al suolo di governante della casa. Nonostante non
fosse da protocollo, lui scatto in piedi per augurarle il buongiorno. Lei si
stupì e, immediatamente, fece un piccolo inchino di rimando.
«Scusate, sono io, André Grandier, non vi ricordate
più di me? Siete Marianne, giusto? Marianne Richard? Giocavamo insieme da
piccoli»
La donna gli rivolse uno dei suoi sorrisi più
belli e alzò gli occhi guardarlo.
«Ad essere sincera avevo quasi
perso le speranze di essere riconosciuta e sì, certo che vi riconosco, come
potrei fare diversamente. Ricordo anch’io con molta gioia i momenti trascorsi da
piccoli durante le vostre visite qui ad Arras»
André le allungò una mano per
stringergliela, in un gesto che colse impreparata la fanciulla, la quale però,
dopo un attimo di smarrimento, accettò di buon grado di ricambiare quel modo che
aveva visto fare solo, qualche volta, tra uomini. In qualche modo, quel gesto,
la fece sentire importante, meno inferiore agli occhi di André. Le chiese di
dargli del tu: in fondo da piccoli facevano così. La donna sorrise di nuovo e
fece un cenno di assenso.
«Sì, hai ragione. Vivevo ad
Achicourt con mio marito. Faceva il commerciante e avevamo una bottega. Non
eravamo ricchi ma vivevamo dignitosamente. Poi si è ammalato e non c’è stato
niente da fare e, quando alla fine mi ha lasciato, ho scoperto che c’erano dei
debiti da saldare e non ho avuto altra scelta che vendere e tornare ad Arras,
ritornare a casa. I miei genitori non ci sono più ma in paese vive uno dei miei
fratelli. Mi ha dato una mano. Marcel – Monsieur Durand – si corresse – è un suo
amico e così sono riuscita a farmi assumere qui a palazzo e, quando la signora
Robert, la vecchia governante, ci ha lasciati, ho preso io il suo posto. Ma
adesso basta parlare di me».
Aveva
parlato con lo sguardo basso, a tratti triste e, adesso, ritornò a guardarlo: «Tu
invece? Cos’hai fatto in tutti questi anni a parte essere al servizio della
famiglia Jarjayes»?
André non si aspettava una domanda così diretta che
poi in realtà era una normale e plausibilissima domanda ma lui provò un senso
quasi di amarezza a rispondere che, anche se adesso era un soldato della guardia
francese, restava alle dipendenze di Oscar e quindi della sua famiglia.
«Hai una moglie, dei figli?»
Sorrise di un sorriso finto André, rispondendo
semplicemente no. Non c’era astio nelle sue parole o disappunto per la domanda
ricevuta, ma qualcosa nell’espressione di lui le diede la sensazione di essere
stata indiscreta. Poi vide la porta aprirsi e Oscar fare il suo ingresso nella
stanza. Il modo in cui André si volse naturalmente verso di lei, lo sguardo
ricco di pienezza e di senso di appagamento, fece immediatamente comprendere
alla giovane donna l’origine dell’amarezza negli occhi dell’uomo.
Nonostante avesse già trent’anni[1]
e il volto aveva perso la fanciullina rotondità dei lineamenti, Oscar era una
donna bellissima e, priva delle costrizioni che la società imponeva al suo
sesso, emanava fiducia, sicurezza ed era certa che André non era il solo a
suscitare l’attenzione del comandante De Jarjayes.
«Marianne, buongiorno, siete
voi giusto?»
Si sentì
quasi infastidita, adesso, di ricevere la stessa domanda, ma fu una sensazione
che passò via subito e riuscì a non darlo a vedere.
«Si, mademoiselle, sono io. Sono ben lieta di sapere
che vi ricordate ancora di me dopo tanti anni» disse la donna inchinandosi.
«È davvero un piacere rivedervi. Dovete scusarmi se
ieri non vi ho riconosciuta ma, come avete detto voi, sono passati tanti anni ed
io ero molto stanca del viaggio. Inoltre, non immaginavo proprio di rivedervi ad
Arras. Vi sapevamo sposata altrove»
E così Marianne raccontò nuovamente la sua storia e si
sentì meno in imbarazzo quando constatò che la sua interlocutrice la ascoltava
esibendo sincero interessere per le sue vicende personali, esattamente come
aveva fatto André e mostrandole che, nonostante il tempo e le vicissitudini di
ognuno, certe cose non erano cambiate, la vita di corte non le aveva imputridito
l’anima. Rimasero così qualche minuto, parlando di come si sentisse felice a
lavorare al servizio di una dimora così bella, del rapporto col resto del
personale, di come tutto sommato le cose avessero preso una piega
inaspettatamente piacevole nonostante le difficoltà affrontate. Anche André e
Oscar le parlarono della corte e, in particolare, della situazione di Parigi,
del fermento politico e sociale delle ultime settimane. Furono interrotti da una
delle domestiche che entrò per iniziare a servire la colazione e subito Marianne
ritornò ad assumere l’atteggiamento pratico e di distacco imposto dal suo ruolo.
«Con permesso » concluse, e si congedò.
Rimasti soli, Oscar e André si
sedettero vicini mentre una delle cameriere entrava e usciva dagli ambienti
della servitù per portare loro la colazione. Il riposo e la chiacchierata aveva
dato loro la sensazione di essersi tolti una specie di peso, come se stare in un
luogo diverso, vedere persone diverse e, nello specifico, aver rivisto una
comune amica d’infanzia, avesse permesso loro di lasciarsi alle spalle
l’angoscia e le preoccupazioni degli incarichi del servizio a Parigi: il solo
viaggio era stato un toccasana per il loro spirito ma, adesso che si trovavano
in uno dei loro luoghi d’infanzia preferiti, si sentivano più rilassati, meno
compassati, soprattutto Oscar che, negli ultimi tempi, aveva passato le sue
giornate prevalentemente in caserma in cui si sentiva in dovere di mantenere
sempre un certo contempo, essendo sotto gli occhi dei suoi sottoposti. Parlarono
e risero tanto e André, finito il pasto, si sentì talmente appagato che si
stiracchiò emettendo un mugolio di piacere che si trasformo in risata quando si
accorse che Oscar lo guardava di sottecchi dalla tazza di the che stava
sorseggiando. Oscar per un pelo non si rovesciò il liquido addosso quando non
riuscì più a contenere la risata che le era sgorgata come acqua fresca dalle
labbra.
«Sono felice di
constatare che il tuo braccio sta in ottima forma»
«Sento solo un leggero fastidio ma che
non mi impedisce di muoverlo come prima. Sono sicura che passerà tutto molto
presto. Piuttosto Oscar, che piani ci sono per oggi?»
«Niente di particolare. Stamani ho scritto a
mio padre e ho chiesto che venisse recapitato il messaggio a Parigi quanto
prima» rispose mentre raccoglieva il tovagliolo dalle ginocchia e lo appoggiava
sul piatto pieno solo di qualche briciola. Poi lo guardò. «Più tardi pensavo di
fare un giro, ti va di farmi
compagnia?» gli chiese appoggiandogli senza pensarci la mano sull’avambraccio.
Lui faticò per non mostrarle sorpresa e azzardò di avvicinarsi, coprendole la
mano con quella sua.
«Sì, certo. Prima però vorrei parlare con Monsieur Durand, può darsi gli serva
una mano per qualcosa». Con non poca fatica si alzò, scivolando via dalla mano
della donna, avvertendo quasi una sensazione di mancanza nel punto in cui
mancava la sua mano. Si sarebbero rivisti dopo. Oscar continuò a guardarlo fino
a quando non scomparve dalla sua vista e si chiese come avesse anche solo potuto
pensare di vivere una vita senza avere André accanto a lei.
Cetty (mail to: cetty_chan@libero.it )
[1] L’età
da marito nel Settecento era decisamente più bassa rispetto all’età in
cui ha Oscar in questa storia per cui Oscar poteva già considerarsi
“vecchia” da questo punto di vista.