L'ULTIMA DANZA

Parte Prima

ERRORI

Che stupida che era stata! Andare ad un ballo di corte vestita da donna, solo per lui. Per quell’uomo meraviglioso che aveva conosciuto dieci anni prima. Eppure quando quel giorno aveva saputo che ci sarebbe stato un ballo al quale avrebbe partecipato i personaggi e i rappresentanti delle famiglie più prestigiose di Parigi, non aveva esitato a chiedere alla sua governante se avesse conservato qualche abito lungo di una delle sue sorelle. Era stato insolito, quasi emozionante, poter indossare un abito come quello e andare a Versailles in incognito, temendo che potessero riconoscerla. Invece nessuno si era accorto di chi fosse in realtà e in mezzo alla folla, lui. Proprio quello che voleva, per il quale aveva deciso di fare quello che stava facendo. Le aveva chiesto di ballare. Oh! Com’era stato bello poter danzare tra le sue braccia, avvolta dal suo sguardo, mentre la musica accompagnava l’andamento dei loro corpi. Ma poi lui parlò e tutto finì. E adesso era lì fuori, appoggiata al bordo della fontana che sembrava piangere insieme a lei. Si asciugò in fretta le lacrime e, alzandosi il vestito per poter camminare, si mosse a raggiungere la carrozza che l’aspettava di fronte al cancello del palazzo.

“Philippe, per favore, riportami a casa”.

André non si era offerto di accompagnarla, come faceva sempre. Aveva dettocce era impegnato, che aveva delle faccende da sbrigare e che avrebbe chiesto a Philippe, uno dei lacchè, di accompagnarla al suo posto. La carrozza si muoveva al trotto, distraendola ogni tanto dai suoi pensieri. Alzò lo sguardo e vide uno spicchio di luna che illuminava una parte del cielo, mentre le stelle facevano a gara a chi sapesse brillar di più.

Frattanto la carrozza aveva raggiunto Palazzo Jarjayes; Philippe si fermò e aiutò la donna a scendere, tendendole il palmo della mano foderata di pelle scura. Oscar ringraziò e camminò nel vialetto ciottolato del cortile. L’acqua della fontana continuava a scorrere e le statue di marmo sembravano diverse: tutta l’atmosfera di quella notte aveva qualcosa di magico e di irreale.

“Peccato che sia finita in questo modo”.

Nella facciata del palazzo si scorgeva una stanza illuminata e un’ombra vicino alla finestra. Oscar non se ne accorse ed entrò in casa. La figura si allontanò dalla finestra e la candela che illuminava la camera si spense.



AMICIZIA

Oscar si alzò di buon mattino per andare a fare un giro a cavallo - quella mattina non doveva andare a Versailles. Non doveva più pensare a quello che era successo la sera prima: Fersen era un capitolo chiuso ormai. Doveva essere così.

Quando era scesa di sotto, in cucina, a fare colazione, la nonna le aveva chiesto com’era stata la serata, se aveva conosciuto qualcuno di interessante. La donna era stata restia a parlare: aveva evitato la discussione dicendole che la colazione era squisita e poi era uscita a passi veloci fuori dalla stanza, mentre l’anziana donna la chiamava stupita da quella reazione così inaspettata.

In realtà non le era ancora passata: non riusciva a dimenticare quello che era successo la sera prima; sentiva ancora la musica, anche lì, vicino alla Senna. Un raggio pallido illuminava una parte del suo volto e la donna dovette socchiudere gli occhi per guardare l’orizzonte. Tra le colline si scorgevano le pale dei mulini a vento, mentre si sentivano, quasi impercettibili, le voci della gente, proveniente dalla strada maestra vicina.

Sentì il rumore degli zoccoli di un cavallo al trotto che si avvicinava sempre di più. Si volse e scorse André. L’uomo sorrise e, una volta sceso da cavallo, si avvicinò ad Oscar che accennò un sorriso prima di voltarsi di nuovo e guardare il fiume scorrere lentamente. Lui le si sedette accanto.

“Che bella giornata, eh?”

“Hai ragione” disse senza convinzione Oscar

“Che cosa c’è? Perché sei triste?”

Oscar si voltò a guardarlo e le lacrime cominciarono a scendere. André le sorrise tristemente e lei, tra le lacrime, lo abbracciò.

“Avanti, cosa ti prende…? Perché stai piangendo?” diceva mentre la teneva stretta e le accarezzava i capelli.

E Oscar gli raccontò tutto. Il motivo per il quale aveva deciso di partecipare al ballo vestita da donna - come se lui non lo sapesse già - e tutto quello che era successo in seguito.

“Io non riesco a dimenticarlo, André. Ci ho provato, ma mi è impossibile”

Le sue parole lo torturavano ma doveva comportarsi da amico e consolarla. E così fece.

La giornata trascorse più o meno bene. Oscar e André erano rimasti fino all’ora di pranzo giù al fiume, e poi erano tornati a palazzo. La nonna aveva borbottato un po’ sullo strano comportamento di Oscar, ma André con un gran sorriso le aveva assicurato che era tutto a posto. In seguito i due amici avevano fatto un po’ di scherma giù al cortile, e Oscar sembrava non pensare più alla sua tristezza. Rientrarono e dopo cena, rimasero in salotto, accanto al fuoco a commentare l’autore di un libro. André versò un altro po’ di Porto nel calice di Oscar: la donna lo bevve avidamente, come se non potesse farne a meno. Lui si impose di rimanere sobrio. Finché la donna non decise di andare a dormire.

 

 

Fine Parte Prima

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