LO STATO DELLE COSE

Parte Prima

 

E adesso gli toccava pure brindare al suo ritorno… Non bastavano gli sguardi vellutati di lei al bel conte, a fargli crollare il mondo addosso; non bastava il mutamento della sua voce divenuta più cristallina e brillante, e nemmeno l'entusiasmo davvero mal celato con cui Oscar aveva accolto quell'uomo venuto da lontano… No ora dovevano anche alzare i calici e gridare "A Fersen" o meglio "Al conte di Fersen", già… al conte di Fersen.

André, dopo le ultime incombenze serali, se ne andò in camera a dormire o almeno a cercare di farlo. Tutta l'intimità, l'intesa e la complicità che sempre c'era stata fra lui e Oscar era andata in frantumi da quando Fersen, con un colpo di fucile, aveva fatto esplodere quella mela e lei gli era corsa incontro dimentica di tutto, di tutti.
Era persino patetica! Come gli ronzava attorno, come arrossiva ogni qualvolta le rivolgeva la parola e le sue insistenze affinché lui rimanesse a Palazzo Jarjayes "per tutto il tempo che voleva". Già, a non conoscerla! Lui la vedeva, vedeva tutto e ne soffriva; ma quello che lo faceva più arrabbiare, era il fatto che Fersen pareva invece non accorgersene. Se solo una di quelle attenzioni fosse stata riservata a lui, se solo uno di quei toni vibrati della voce fosse stato rivolto a lui… ma niente… si doveva accontentare di frasi spezzate, per lo più ordini e sguardi privi di espressione, occasionali, durante la conversazione.

Non che il conte di Fersen fosse scortese o esplicitamente interessato a Oscar. Andrè sapeva bene che chi ama veramente - come Fersen - difficilmente ha posto per qualcun altro nel proprio cuore; ma la sua stessa presenza in casa Jarjayes era bastata a rovinare i già precari equilibri esistenti, a spezzare quell'incantesimo che più o meno consapevolmente Oscar e André avevano comunque creato fra loro. Questa sensazione, trasformatasi presto in disappunto, impedivano ad André di prendere sonno quella sera, nonostante le cavalcate a fianco del conte di Fersen, gli allenamenti con la spada e la vita all'aria aperta che da giorni i tre stavano conducendo…

Il giorno dopo tuttavia accadde un episodio che avrebbe, al fine, cambiato le cose. Dopo un po' di attività fisica che sembrava ritemprare la provata salute del conte svedese, nonché metterlo di buon umore, Oscar, André e Fersen se ne stavano nel patio a sorseggiare una tazza di cioccolata. I due nobili amabilmente seduti uno di fronte all'altro, André, l'amico attendente, in piedi fra loro a riempire - se necessario - di bevanda calda le presto esangui tazzine di porcellana dei due amici. La conversazione verteva sullo stato della Francia, su come le cose fossero cambiate, in peggio, nel corso di quei lunghi quattro anni durante i quali Fersen era stato in America. Qualche battuta, qualche considerazione seria e sempre gli occhi di lei a cercare quelli del bel conte, con alterna fortuna. Da fuori un repentino rumore di cavalli gettati al galoppo, schiamazzi, grida, voci inconsulte, frasi aggressive del tipo "morte ai nobili" e poi qualche colpo di fucile, tutto nel breve arco di un attimo. Ebbene, uno di quei colpi andò proprio a colpire la vetrata del patio dove si trovavano i tre, mandandola in frantumi. Schegge di vetro scintillante e impazzito investirono André che dava le spalle alla vetrata, mandandolo a terra, in ginocchio…
"André cosa ti hanno fatto" Oscar si chinò verso l'amico sinceramente preoccupata; André avvertì, piacevolmente, il tono di lei, quasi angosciato, dunque in fondo contava ancora qualcosa… "No niente, sto bene Oscar" e subito a rialzarsi facendo scivolare via le schegge di vetro impigliate nella camicia e tra i folti capelli neri.
"Non sapevo che le cose fossero peggiorate a tal punto" intervenne Fersen colpito dall'accaduto.
Era il suo momento, che si svegliassero una buona volta dal loro idilliaco torpore e guardassero in faccia la realtà: "La Francia non è più un luogo sicuro e se vorrete venire a Parigi ve ne accorgerete voi stesso…".
" E sia André, stasera verrò con te a Parigi".
Oscar accettò la decisione non senza un pizzico di rammarico per la tranquilla serata in compagnia di Fersen cui doveva, suo malgrado, rinunciare.


Non era il caso di presentarsi a Parigi, in ore serali azzimati di tutto punto e in abiti nobiliari. I tre si vestirono in modo da passare il più possibile inosservati recuperando cappellacci e mantelli malandati; cavalcarono verso la capitale in assoluto silenzio. André e Oscar sapevano a chi stesse pensando il conte di Fersen e se per André non poteva, e doveva, che essere così Oscar si rinchiuse in un silenzio dolente, pieno di interrogativi ai quali in fondo aveva già dato un'ineluttabile risposta…
Parigi dalle luci fioche e rare, poche le fiaccole, solo nelle vie e piazze principali, tanto buio nelle vie minori così come dentro gli animi dei suoi abitanti, stanchi esasperati, rabbiosi… feroci.
I tre si fermarono in una piazzetta; fu Fersen a bloccare il suo cavallo quando vide alcuni manifesti mal disegnati, che ritraevano la bella regina di Francia, Maria Antonietta; erano affissi su di una sudicia parete di legno di un edificio, trafitti da alcuni pugnali. Fersen discese da cavallo e con ieratici gesti tolse a uno a uno quei piccoli pugnali conficcati prima nel suo cuore che in quell'immagine tanto amata. Senza profferir parola il conte svedese chinò la fronte sul volto della regina quasi a cercarne il calore, la consolazione e la passione che sempre gli avevano suscitato quegli occhi, quei dolci lineamenti che avevano riservato i più luminosi sorrisi solo a lui…
Ancora a cavallo, in silenzio André e Oscar lo osservavano nella sua resa; Fersen si arrendeva a quell'amore che né lontananza, né la guerra, né le molte preoccupazioni avevano minimamente scalfito.
André si voltò a guardare Oscar e gli si strinse il cuore nel vedere lo sguardo desolato di lei, sapeva quanto stava soffrendo e avrebbe fatto qualsiasi cosa per poterla aiutare, per poter mantenere viva quell'illusione d'amore cui tanto anelava. Persi in quei pensieri i tre non si erano accorti che cinque malviventi, cinque disperati, armati però di spada li avevano raggiunti, pronti ad attaccare quei tre 'uomini' malvestiti ma che stranamente avevano i cavalli.


Fu Oscar ad essere strattonata per prima, un'azione improvvisa, inattesa che colse impreparato il comandante delle guardie reali che si ritrovò presto a terra con due malviventi addosso; André ci mise un attimo a scendere da cavallo e cercare di liberare Oscar ma presto fu attaccato a sua volta così come il conte di Fersen che, sguainata la spada, si gettò nella mischia: cinque contro tre, lo scontro non era equo ma l'inesperienza dei banditi e l'abilità, per contro, di Oscar, André e Fersen riuscirono per un po' a mantenere la situazione sotto controllo fino a quando gli scalpitii dei cavalli della guardia metropolitana non allontanarono i cinque presto inseguiti dai soldati in divisa blu.
"Madamigella Oscar come state, siete ferita?" Il conte di Fersen prevenne André e aiutò Oscar, che era scivolata a terra a rialzarsi... Trovarsi fra le sue braccia, potergli parlare da vicino, sentire il dolce profumo della sua bocca accanto al suo viso le fecero battere il cuore forte, ancora più forte. Solo un filo di voce per rispondere "Sì, va tutto bene, grazie Fersen, e voi, come state, vi hanno colpito?"
"No Oscar no, sto bene"…
I due si guardarono per un istante troppo breve per Oscar, ma presto Fersen si sistemò i vestiti e iniziò a guardarsi attorno. Oscar allora si rivolse distrattamente ad André poco dietro loro, girato di spalle, nell'oscurità: "André tu torna a casa con i cavalli, io e il conte di Fersen prenderemo una vettura di piazza". Oscar e Fersen si allontanarono senza aspettare risposta, senza quasi guardare André, senza nemmeno accorgersi del sangue che gli usciva dall'addome.



Fine Parte Prima

Mara (mail to: mara.zanotti@ilnuovotorrazzo.it )