LE ROSE FIORISCONO AD ARRAS

Versione 2018 - 2019

Parte Terza

Quando scrissi questa mia prima ff avevo si e no 13 o 14 anni. All'epoca mi ero da poco addentrata nel "meraviglioso mondo di Lady Oscar" e, pur non avendo letto ancora il manga (secondo me indispensabile per una totale comprensione della storia), mi sono lanciata a scrivere questa storia per la quale, nel tempo, ho iniziato ad avere un certo imbarazzo. Sia chiaro, per l'epoca e per la mia giovane età di allora, non era poi così male ma, nel corso degli anni, potendo conoscere meglio la storia e, in aggiunta, arricchendo il mio bagaglio di esperienze personali, ho capito che questa FF, così com'era, andava assolutamente cambiata. Non soltanto per alcuni errori di forma del testo in sé o di contenuto, quanto piuttosto nella presenza di quelli che mi piace definire "cliché" tipici sulle FF dedicate a Lady Oscar, Oscar e André in particolare, che proprio non riesco a sopportare (per esempio quando vengono descritti come quando vengono loro associati dei comportamenti  o delle frasi da giovani adolescenti). Cancellarla completamente come se non fosse mai stata scritta mi sembrava onestamente brutto, visto che comunque era frutto di un lavoro testuale che mi aveva dato all'epoca grande impegno. Da qui la decisione di una nuova versione, che mantiene più o meno inalterato il plot ma che si sviluppa in modo diverso, più corretto e consono in riferimento soprattutto a quello che secondo me è il modo di agire di due persone adulte di trent'anni, in un certo contesto e attraverso il loro modo di essere che ho imparato a conoscere dopo aver letto il manga e visto l'anime innumerevoli volte. 
Vi anticipo inoltre che stessa sorte subiranno tutte le altre fanfictions da me scritte pubblicate su questo sito, ad eccezione di "Una Vita", realizzata in tempi più recenti.
Vi lascio pertanto alla lettura di questo primo capitolo, sperando che vi piaccia, nella consapevolezza di non consegnarvi certo un capolavoro di scrittura ma qualche momento per sognare un po'. Buona lettura.

Un ringraziamento particolare a Moonia ^_^

 

**

 

 

Il palazzo di Arras era stato costruito ai tempi del Re Sole su un terreno di diverse centinaia di ettari che la famiglia Jarjayes aveva ricevuto in dono da Luigi XIII. Oscar non ne ricordava il modo in cui ne era entrata in possesso la sua famiglia, nonostante il padre mostrasse sempre un certo orgoglio nel ricordare la vicenda che aveva a che fare con il nonno di suo nonno, o forse era il padre del nonno di suo nonno, non ne era certa. Era un generale pure lui e aveva partecipato alla Guerra dei Trent’anni.

Il corpo centrale era stato costruito all’interno di una piccola valle sormontata da tre colline dove, fino a quel momento, filari di vitigni ne ricoprivano l’intera superficie. La facciata di pietra chiara, i tetti di ardesia, vi era il portone principale dalle linee semplici e privi di orpelli. Al piano terra l’ingresso dava su un ampio soggiorno e gli ambienti successivi erano una sala da pranzo, la biblioteca, una sala della musica e alcune camere. Al piano di sopra le camere da letto. Sul lato nord vi erano gli alloggi dei domestici e le cucine che, Oscar ricordava, quando lei e André erano piccoli, era il loro posto preferito, poiché si affacciavano su un giardino che aveva mantenuto un aspetto più selvaggio, grazie ad un percorso coperto formato da una sorta di galleria di alberi che portava nei pressi di un ruscello di acqua limpida e cristallina dove da piccoli, in estate, nudi fino alle ginocchia, giocavano alla guerra gettandosi schizzi d’acqua addosso fino a quando uno dei due, di solito André, con l’acqua alla gola, alla fine si arrendeva.

Il fascino della tenuta in Normandia era dato dal fatto che si trovava a poche centinaia di metri dal mare ma il palazzo di Arras, piccolo e a tratti rustico – Maria Antonietta l’avrebbe certamente apprezzato visto la sua recente predilezione per le atmosfere bucoliche – con tutta quella campagna intorno, era sempre stato il preferito di Oscar poiché aveva sempre avuto l’impressione che, una volta giunta là, avrebbe potuto confondersi con l’ambiente, mescolarsi con la natura, spogliarsi di tutti gli ornamenti inutili che era costretta ad indossare a Versailles per poter essere finalmente se stessa. Da piccola amava esplorare posti nuovi, preferibilmente con André, e anfratti dove poter giocare a nascondino; in seguito, soprattutto quando André era impegnato in qualche commissione per la nonna o suo padre, prendeva un libro e andava a leggere sotto il grande olmo fino a quando non si appisolava. Solo l’ultima volta che era stata lì la sua permanenza non era stata felice come in passato. Erano passati circa quindici anni, Maria Antonietta era da poco diventata regina e la sua disapprovazione nel  sapere che non tutti erano felici della nuova sovrana, si era tramutata in rabbia e amarezza e senso di ingiustizia nell’apprendere che la realtà era ben diversa da quella che lei credeva di conoscere a Versailles. All’epoca si era detta che avrebbe dovuto parlare con la regina, fare qualcosa affinché tutti potessero comprendere quanto buona e dolce e gentile fosse Maria Antonietta, salvo poi comprendere che non era così facile come pensava e che scardinare quei meccanismi in cui la regina era inserita era un’impresa per nulla facile da portare a termine.

Stavolta si trovava lì per qualcosa che era successo alla tenuta. La poche righe dicevano soltanto che era richiesta la presenza di un membro della famiglia poiché era successa una imprecisata sciagura al possedimento. Se il tono del messaggio non fosse stato così urgente, Oscar avrebbe opportunamente chiesto spiegazioni ma avrebbe fatto prima a verificare di presenza.

Apparentemente sembrava che tutto fosse in ordine, considerava Oscar mentre iniziava ad intravvedere la tenuta dal sentiero in terra battuta che partiva ad un certo punto dalla strada principale che portava al paese di Arras.

«Cosa c’era scritto nel biglietto che hai ricevuto?»

«Il biglietto era molto vago, non so proprio a cosa Monsieur Durand si riferisse»

«Sembra tutto in ordine. Almeno l’edificio principale»
Completamente assorti nella visione dell’edificio, nessuno dei due si accorse della donna che raccoglieva fiori selvatici nella radura che costeggiava la strada, che spalancò gli enormi occhi nocciola quando si accorse chi erano i due cavalieri e il cuore mancò di un colpo quando fu sicura di chi fosse quello coi capelli scuri.

 

**

 

Arrivati in prossimità dell’aiuola posta al centro del cortile anteriore dell’edificio, un uomo, un contadino della tenuta, con un cane al guinzaglio, si avvicinò ai nuovi arrivati. Non li aveva mai visti e nemmeno loro l’avevano mai conosciuto.

«Sono Oscar François De Jarjayes. Dovrei parlare con Monsieur Durand. Mi ha fatto recapitare un messaggio a Parigi»
«Certo Monsieur Le Comte» si tolse frettolosamente il cappello e si inchinò a quello che doveva essere il padrone della tenuta «subito Monsieur Le Comte. Seguitemi»

I due presero a seguire l’uomo col cane

« Monsieur Durand è sul retro, vicino ai magazzini o, almeno a quello che ne resta..»

«Cosa volete dire con..?»

Ma le parole le morirono in gola quando si accorse di quello che si presentava sulla parte nord est della tenuta, dove sorgevano i magazzini che contenevano l’intera produzione agricola della tenuta. Erano stati distrutti da un incendio. Non sarebbe stato un problema ricostruirli e non era certo per questo che si era richiesta con urgenza la presenza di un membro della famiglia. Il vero problema era il loro contenuto. Tutta la merce era andata distrutta. Il generale aveva disposto che una parte dei prodotti, quelli che potevano sopportare i giorni di viaggio, venissero recapitati a Parigi, in particolar modo le primizie di stagione. La parte restante che non serviva al sostentamento della tenuta stessa e dei contadini che ne lavoravano la terra, veniva poi venduta. Il problema non era quest’ultima, dal momento che non erano certamente indispensabili i ricavi di tali vendite – la famiglia Jarjayes aveva una posizione solida a corte che garantiva loro un tenore di vita elevatissimo – bensì la componente necessaria alla sopravvivenza dei lavoranti. Dopo la vicenda dei Sugane avvenuta anni prima, Oscar aveva sostituito il vecchio amministratore, che tutto faceva tranne amministrare correttamente e soprattutto lecitamente la proprietà, con Marcel Durand, un ragazzo che allora aveva circa venticinque anni. Figlio di una famiglia di artigiani che aveva lavorato per la famiglia Jarjayes dacché lei ne avesse memoria, Marcel aveva avuto la fortuna di poter studiare più dei suoi coetanei ma non aveva rinunciato ad aiutare la famiglia. Amava la vita di campagna e, finiti i brevissimi studi - che comunque gli permettevano di poter vantare un livello culturale superiore a quello di tanti altri della sua stessa estrazione – lo si vedeva spesso aggirarsi nelle campagne della tenuta a chiedere, informarsi, e dare una mano ai lavoranti, dimostrando così una certa predilezione per la vita agricola, le colture, l’allevamento. Quando si era posto il problema riguardo a chi dovesse essere affidata la gestione della proprietà, per il generale era stato quasi naturale pensare al ragazzo e per fortuna si era rivelata una scelta più che valida: la produzione agricola, al netto di eventuali periodi in cui il clima aveva danneggiato le colture, era migliorata rispetto alla precedente gestione, e anche la vita dei contadini – su cui Oscar aveva fatto in modo di tenersi informata per qualche tempo – sembrava anch’essa essere migliorata. Non avrebbe mai accettato che nella sua tenuta, sotto la sua responsabilità morale, potessero esserci altre famiglie Sugane.   

 

«Monsieur le Comte, sono Marcel Durand, l’amministratore. Voi siete André Grandier, giusto? Mi dispiace avere l’onore di fare la vostra conoscenza in questa triste circostanza» disse l’uomo togliendosi il cappello e accennando un inchino con il capo. André gli tese la mano per farsela stringere.

«Monsieur Durand, è un piacere conoscervi. Il generale mio padre mi ha parlato molto bene di voi e del vostro lavoro qui»

«Dovere signore, sono io che sono molto grato al signor generale per avermi fatto il grande onore di amministrare una così bella proprietà».

«So che da quando siete qui avete fatto un ottimo lavoro, anche con i contadini> aggiunse André»

«Si, beh, in realtà noi contad… si, scusate, dimentico a volte di essere un amministratore, mi viene naturale considerarmi uno di loro»

Oscar sorrise. Era un uomo di bell’aspetto Marcel, carnagione chiara, capelli rossicci e qualche lentiggine sparsa sul viso. Aveva grandi occhi verdi con lunghe ciglia, non particolarmente scure e un fisico asciutto e muscoloso, tipico di un uomo che non ha dimenticato il lavoro manuale. Era in maniche di camicia, intento a sistemare qualcosa insieme ad altri due uomini nei pressi degli edifici incendiati, quando Oscar e André erano arrivati.

«Dicevo, i contadini svolgono bene il loro lavoro perché sono molto grati alla famiglia Jarjayes per quello che hanno. Di questi tempi, sono pochi i braccianti che possono godere di una corvée dimezzata da parte del loro signore»

Oscar abbassò lo sguardo, cercando di nascondere un sorriso. Evidentemente il generale, nonostante al suo ritorno da Arras anni prima, le avesse fatto una sfuriata e le avesse vietato di preoccuparsi della vita della gente del popolo, si era premurato di aiutare coloro che lavoravano per lui.

«Ditemi signor Durand..»

«Marcel signor conte, chiamatemi Marcel»

«Marcel, dimmi allora, cos’è successo?»
L’uomo tornò immediatamente serio e fece loro strada verso i resti incendiati dei magazzini, mentre continuava a girarsi indietro verso di loro e parlare.

«Non c’è molto da dire signor conte. Una notte una domestica è stata svegliata all’alba dall’abbaiare insistente dei cani e ha notato, dalla finestra della sua camera, uno strano chiarore rossastro. Si è affacciata e ha visto cosa stava succedendo. Ha subito dato l’allarme ma era ormai troppo tardi. Abbiamo dato priorità alle stalle, abbiamo messo al sicuro gli animali».

Oscar percepì il senso di colpa dal tono dell’uomo ma era ben consapevole che aveva fatto tutto quello che era in suo potere per salvare il salvabile.

«Avete fatto bene. Ma, dimmi, nessuno sa chi possa essere stato? Nessun altro ha visto o sentito qualcosa?»
«Purtroppo no signor conte. È da escludere che possa essere stato qualcuno di noi. Gli uomini e le donne che lavorano per voi sono molto soddisfatti e non avrebbero avuto motivo di fare una cosa del genere, anche perché sono ben consapevoli che parte di quelle riserve alimentari erano destinate al loro consumo e non avrebbe avuto senso distruggerle».

«Qualche vendetta da parte di qualcuno di fuori nei confronti di qualcuno di voi?» suggerì André.
Marcel sospirò, si voltò verso i magazzini distrutti come per farsi coraggio e tornò poi a guardare prima André, poi Oscar.
«Purtroppo negli ultimi tempi le cose stanno volgendo al peggio. Ripeto, i nostri contadini non avrebbero avuto nessun motivo dare fuoco ai magazzini, tuttavia il clima politico ha messo in agitazione tanta gente, negli ultimi tempi. In linea teorica potrebbe essere stato anche un incidente, anche se tutti hanno giurato di non aver fatto niente che potesse averlo causato, ma io sono più propenso a credere che qualcuno abbia deliberatamente dato fuoco ai magazzini sperando che l’incendio avesse causato più danni possibili per danneggiare una proprietà nobiliare e alimentare il malcontento della gente che lavora per voi. Non voglio dire che ce l’abbiano specificamente con la vostra famiglia, anche perché non risiedete di frequente ad Arras, non da quando ci sono io almeno».

«Quindi tu dici che volevano semplicemente danneggiare una proprietà nobiliare per fare un dispetto ai proprietari, dico bene?» concluse André.

«Si, io credo che sia andata proprio così» concluse mestamente l’uomo. «Abbiamo già iniziato i lavori per ricostruire le stalle in modo da ricoverare gli animali. Ma abbiamo bisogno del denaro per ricostruire i magazzini e, soprattutto, per acquistare i prodotti andati distrutti. Forse non avrei dovuto chiedere che venisse qualcuno da Parigi ma ho preferito che qualcuno della famiglia Jarjayes venisse di persona per accertarsi che non ci fosse nessun imbroglio dietro la necessità di avere del denaro da Parigi. So cosa faceva l’amministratore di questa tenuta prima di me, so perché vostro padre l’ha mandato via e non volevo che potesse anche solo pensare che mi stavo approfittando della mia posizione per derubarvi del vostro denaro».   

In effetti il tono di urgenza della lettera era stato un po’ esagerato, pensò Oscar: nessuno si era fatto male e nessun danno era stato così grave da non poter essere risolto con del denaro; denaro che comunque lei non aveva con sé.

«Non preoccuparti Marcel, hai fatto bene.> Liquidò la questione rassicurando l’amministratore. <Non ho molto denaro con me ma ve lo darò per poter acquistare altra legna per continuare i lavori. Nel frattempo, vedrò di recuperare il resto in qualche modo. Adesso scusami ma sono esausta».

«Certo, certo madamigella». Marcel si ricordò improvvisamente che Oscar de Jarjayes era una donna. «Vi faccio accompagnare subito nelle vostre stanze. Ah sì, ecco Marianne»

«Marianne?! Marianne vieni!» disse l’uomo il cui sguardo, notò con curiosità Oscar, si allietò immediatamente nel vedere una giovane donna, forse di qualche anno più piccola di lei, con un cesto di vimini lungo e stretto pieno di fiori. Aveva una carnagione olivastra, gli occhi nocciola, grandi e dal taglio leggermente inclinato all’insù, i capelli castani striati di biondo, raccolti in uno chignon basso, qualche ciuffo che spuntava qua e là sotto il capellino di paglia e una bocca piccola e carnosa che sorrise in modo dolce quando si tolse il cappello e si inchinò in segno di saluto.

«Marianne è la governante della casa», disse con un sorriso presentandola ad Oscar e André. Poi si rivolse alla donna: «Marianne, il giovane signor conte e il suo attendente sono appena arrivati da Parigi. Per favore, potresti occuparti di sistemarli nelle loro camere e di dire a Lucien di portare su i loro bagagli?»
«Certo signor Durand, subito. Seguitemi prego».

Fu in quel momento che André riconobbe la donna che aveva davanti e non si accorse che Oscar aveva notato lo sguardo fugace ed intenso che la governante aveva schioccato ad André prima di invitarli a seguirla.

 

Fine Parte Terza

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