LE ROSE FIORISCONO AD ARRAS
Versione 2018
Parte Prima
Quando scrissi
questa mia prima ff avevo si e no 13 o 14 anni. All'epoca mi ero da poco
addentrata nel "meraviglioso mondo di Lady Oscar" e, pur non avendo letto ancora
il manga (secondo me indispensabile per una totale comprensione della storia),
mi sono lanciata a scrivere questa storia per la quale, nel tempo, ho iniziato
ad avere un certo imbarazzo. Sia chiaro, per l'epoca e per la mia giovane età di
allora, non era poi così male ma, nel corso degli anni, potendo conoscere meglio
la storia e, in aggiunta, arricchendo il mio bagaglio di esperienze personali,
ho capito che questa FF, così com'era, andava assolutamente cambiata. Non
soltanto per alcuni errori di forma del testo in sé o di contenuto, quanto
piuttosto nella presenza di quelli che mi piace definire "cliché" tipici sulle
FF dedicate a Lady Oscar, Oscar e André in particolare, che proprio non riesco a
sopportare (per esempio quando vengono descritti come quando vengono loro
associati dei comportamenti o delle frasi da giovani adolescenti).
Cancellarla completamente come se non fosse mai stata scritta mi sembrava
onestamente brutto, visto che comunque era frutto di un lavoro testuale che mi
aveva dato all'epoca grande impegno. Da qui la decisione di una nuova versione,
che mantiene più o meno inalterato il plot ma che si sviluppa in modo diverso,
più corretto e consono in riferimento soprattutto a quello che secondo me è il
modo di agire di due persone adulte di trent'anni, in un certo contesto e
attraverso il loro modo di essere che ho imparato a conoscere dopo aver letto il
manga e visto l'anime innumerevoli volte.
Vi anticipo inoltre che stessa
sorte subiranno tutte le altre fanfictions da me scritte pubblicate su questo
sito, ad eccezione di "Una Vita", realizzata in tempi più recenti.
Vi lascio
pertanto alla lettura di questo primo capitolo, sperando che vi piaccia, nella
consapevolezza di non consegnarvi certo un capolavoro di scrittura ma qualche
momento per sognare un po'. Buona lettura.
***
La pioggia batteva sui vetri lenta, costante. Le goccioline di pioggia toccavano il vetro e scivolavano piano su sentieri invisibili fino ad unirsi, le une con le altre, prima che altra acqua arrivasse a confonderle. A tratti, aumentava d’intensità, il rumore del suo incedere sul tetto, sulle grandi finestre del salottino, creava una specie di nido, un posto caldo, protetto, ovattato, dove sentirsi al sicuro. Sorseggiava la sua cioccolata calda Oscar, in silenzio.
Col senno di poi avrebbe dovuto rendersi conto che la
cosa non avrebbe dovuto sembrarle poi così scioccante. Tutto sommato doveva
aspettarselo. Ne aveva avuto diverse avvisaglie già da qualche tempo.
La rabbia che, nei giorni a seguire il suo nuovo
incarico, si era trasformata in sollievo.
L’istinto di cercarlo in mezzo agli altri durante le
ore di lavoro , la sua scelta di metterlo sempre nei turni uguali ai suoi,
quando il tipo di servizio lo permetteva.
Aveva accantonato la cosa provando a convincere se
stessa che era semplicemente per abitudine, perché sapeva che di lui poteva
fidarsi, diversamente dagli altri soldati sotto il suo comando. E cullata da
questa convinzione aveva messo il suo io al sicuro, dai dubbi e dalle
elucubrazioni.
Quella
sera, però, il suo cuore le aveva portato il conto, mettendola davanti alla
consapevolezza di non poter più ignorare quello che lei, fino a quel momento,
aveva fatto finta di non capire.
Anche lei lo amava.
E di un amore immenso e incontenibile, assolutamente imparagonabile a quello che credeva di aver provato nei confronti di Fersen. Le era adesso ben chiaro.
*
Grande era stato il sollievo quando era riuscita, non senza fatica, a riaprire gli occhi e vedere finalmente un volto familiare che era accorso in suo aiuto. Non le importava che fosse il conte, era in salvo. Ma il conforto era durato un attimo, giusto il tempo di capire che André non era con lei. E allora era tornata ad essere una leonessa, una furia. Il conte ce l’aveva messa tutta per tenerla a bada, per impedirle di tornare in mezzo alla folla inferocita. Ma appena aveva pronunciato quelle parole, era stata lei stessa a bloccarsi, incredula, e avere la sensazione che qualcosa dentro di lei si rompesse; ma non era dolore quello che sentiva, piuttosto una sensazione di libertà, come quando si spalancano i battenti di una finestra o si scala una montagna e, arrivata in cima, si respira a pieni polmoni l’aria limpida e rarefatta e ci si sente appagati, soddisfatti, completi.
Il conte si era bloccato esterrefatto per una frazione di secondo soltanto e poi, riavutosi dallo stupore e sorridendo in un modo strano, che ad Oscar era sembrato quasi consapevole[1] - possibile che solo lei ci aveva messo così tanto per comprenderlo infine? – aveva detto, semplicemente, che sarebbe andato lui ad aiutare André. Così lei aveva smesso di affannarsi, se non altro perché lo sbigottimento era stato tale che era rimasta impietrita e, appoggiatasi al muro, vi era scivolata lentamente, arrivando a terra e sussurrando a piccoli pezzi quelle parole che, se all’inizio erano uscite di getto, in modo incontrollabile, stavolta uscivano in sillabe lente[2] e acquisivano sempre più un concreto significato nella mente della donna, con tutte le implicazioni che questo comportava.
A fatica il conte aveva allontanato la calca di popolani che si era riversata nelle strade e, appena la via era stata libera, aveva lasciato quel nascondiglio ed era andata a cercarlo, chiamandolo e sperando in cuor suo di riuscire ad ottenere risposta. Parigi era semibuia quella notte. La luna era nascosta da spessi e minacciosi banchi di nuvole. Soltanto qualche lampione qua e là aiutava Oscar ad orientarsi per le strade. Finalmente l’aveva trovato, sulle ginocchia, le mani legate dietro la schiena. Sopra di lui, una corda attaccata ad un lampione. Se solo fossero passati solo altri pochi minuti, André sarebbe stato impiccato. Un brivido l’aveva percorsa.
«Sono qui!» Disse la donna correndo verso di lui
«Oscar..»
Cercò a tentoni qualcosa con cui strappare le corde che lo legavano ai polsi, gli si mise dietro le spalle e lo liberò. L’uomo iniziò a massaggiarsi i polsi doloranti con le mani. Oscar lo aiutò a rimettersi in piedi e si accorse, guardandolo più da vicino, che aveva il volto parzialmente tumefatto all’altezza dello zigomo destro. Per un naturale impulso ne sfiorò la superficie e, d’istinto, l’aveva guardando negli occhi come per leggerne qualcosa, comprendere se veramente, nonostante tutto, lui stesse bene.
«Stai bene..» Disse lui sollevato e fissandola con altrettanta intensità le prese la testa fra le mani e le scostò i capelli dal volto come a farsi consapevole che anche lei era lì e stava bene, era con lui, tutta intera.
«S… si.. sto bene..» aveva confermato lei, stupita da quel gesto così insolito. André lesse quello stupore e riconobbe che forse si era spinto troppo oltre, dopo tutto quello che era accaduto tra loro,così aveva allontanato di scatto le mani, come se il volto della donna fosse fatto di ferro rovente, e aveva distolto lo sguardo. Poi, con aria volutamente distratta concluse:
«Andiamo Oscar, dobbiamo andare via da qui»
E così avevano camminato ad ovest e, nei pressi di
Place des Vosges, avevano trovato una carrozza a nolo che li aveva riportati a
casa. Durante il tragitto si erano seduti l’uno accanto all’altra. André si
lamentava ad ogni scossone della carrozza.
«Cosa ti hanno fatto..?»
«Ho un male cane alla spalla» disse l’uomo mentre
cercava di tenersi fermo il braccio sinistro. «Spero non sia niente di serio..
Tu piuttosto..»
«Niente
di grave, poteva andare peggio.. A TE.. poteva andare peggio.. se solo non..»
Si interruppe all’improvviso. André, stremato, era scivolato di lato, poggiandole la testa sulla spalla. Inizialmente la donna si irrigidì, sorpresa. Poi il suo sguardo si addolcì e rimase così, ferma, cercando una posizione più comoda per accoglierlo e lo cinse infine con un abbraccio.
La pioggia aveva iniziato a cadere e Oscar era ancora attonita per tutto quello che era accaduto quella sera.
*
Arrivati a casa, la nonna aveva fatto chiamare
immediatamente il buon dottore Lassonne che aveva meticolosamente visitato i due
soldati dichiarando infine che non avevano subito lesioni gravi, a parte
escoriazioni, contusioni e una leggera distorsione alla spalla sinistra per
André che, in un paio di giorni, sarebbe rientrata tranquillamente a patto che
l’uomo mantenesse l’arto nel più assoluto riposo.
Dopo aver accompagnato il
dottore verso la sua carrozza ed avergli nuovamente chiesto, con grande
apprensione, se poteva stare veramente tranquilla per la salute dei suoi
ragazzi, la nonna era tornata in camera del nipote e gli chiese se aveva bisogno
di qualcosa.
«No nonna,
grazie»
«Preparo un po’
di cioccolata per madamigella Oscar. Scendi se ti va di prenderne un po’»
«Si, certo nonna, scendo tra un po’»
Finalmente solo, André poté finalmente tirare un
sospiro, cercando di liberarsi di dosso quella sensazione sgradevole. Che notte
maledetta. Non c’era stato nemmeno il tempo di capire come mai ci fosse quella
grande confusione al Fabourg Saint Antoine che erano stati presi e portati via
dalla gente impazzita.
Era un miracolo che l’avessero passata liscia.
Lassonne aveva detto che c’erano stati diversi morti
quella sera: girava voce che la colpa fosse tutta dei titolari degli
stabilimenti Reveillon e Henriot, del Fauborg Saint Antoine, che volevano
ridurre la paga dei loro operai[3].
Se solo non fosse arrivato il conte di Fersen in loro
aiuto. La sua presenza non era servita a nulla, a nulla! Oscar avrebbe rischiato
molto più di lui. Ogni tipo di addestramento militare si era dimostrata del
tutto inutile in mezzo a quel cataclisma. E se solo si fossero accorti che era
una donna, avrebbero potuto..
Allontanò immediatamente quel pensiero angoscioso e
decise di scendere giù, al piano di sotto. Aveva bisogno di vederla.
Lei ebbe un tuffo al cuore quando lo vide entrare nel salotto. Aveva una fasciatura alla testa, la stessa che aveva lei, e una al braccio, più diverse escoriazioni qua e là, come le aveva lei. Si guardarono ed entrambi, sollevati e spuntò loro un mezzo sorriso complice di chi aveva vissuto un’esperienza terribile e, nonostante tutto, era sopravvissuto.
La paura era stata immensa ma, adesso, chiusi in quel piccolo mondo reso ancora più accogliente, morbido, dalla pioggia che cadeva, si sentivano al sicuro, liberi di tornare per un momento ad essere come prima, anche se André camminava sempre sui carboni ardenti con lei. Distolsero per un istante lo sguardo l’uno dall’altra, impreparati e a tratti imbarazzati da quella nuova ed inaspettata vicinanza che li riportava indietro di qualche anno. Poi André prese posto nella poltrona di fronte a quella di lei, cercando una posizione che non gli facesse dolere la spalla e prese a spiarla mentre lei sorseggiava la sua cioccolata mentre aspettava che la nonna gli portasse la sua.
Non si preoccupava più di nascondere i suoi sentimenti
o meglio, non fingeva più come aveva fatto per anni. Lei ormai sapeva come
stavano le cose e non aveva senso far finta di niente, ma non per questo si
sentiva libero di parlarle o guardarla apertamente come avrebbe voluto.
Rispettava il fatto che la donna non provasse ciò che provava lui e, d’altro
canto, doveva già ritenersi fortunato per il fatto che lei sembrava aver
accettato che lui continuasse ad essere una presenza nella sua vita: avrebbe
potuto trasferirlo in un’altra compagnia della Guardia Francese, sarebbe stato
in suo potere farlo e senza dover dare spiegazioni a nessuno; eppure l’aveva
tenuto nella stessa compagnia e, di sovente, si era accorto, quando divideva le
truppe in più schieramenti per pattugliare le strade di Parigi o per qualunque
altro incarico e lei non era costretta ad occuparsi della parte burocratica del
suo ufficio, si univa sempre a quella dove si trovava lui e questo voleva dire
che, quasi certamente, essere nella sua vita non doveva pesarle poi tanto.
In seguito c’erano state tante cose.
Una su tutte, la questione Girodel, per fortuna
conclusasi nel migliore dei modi. Pur in stato di semi incoscienza, aveva
sentito chiaramente Alain dire:
«Credo che vi ami comandante»
E questo significava che lei era lì, che aveva capito che lui, distrutto più nell’anima che nel corpo, completamente sfatto e volendosi annullare per la disperazione, la pregava di non sposarsi. Si faceva schifo da solo, in quel momento. Non voleva assolutamente che lei lo vedesse in quello stato, non voleva suscitarle pietà. Sarebbe stata meglio l’indifferenza. Poi Alain se n’era andato e li aveva lasciati soli. Lei si era avvicinata e, senza dire una parola, l’aveva aiutato come meglio poteva e l’aveva accompagnato in infermeria.
L’unica volta che aveva toccato l’argomento era stato prima di andare alla festa organizzata dal generale Bouillé, quando l’aveva rassicurato che non si sarebbe sposata tanto facilmente. E ricordava ancora l’enorme sollievo di ascoltare quelle parole, non sapendo che tipo di sentimenti provare, se gratitudine o amarezza per il timore che lei avesse voluto rassicurarlo per via della scena pietosa a cui aveva assistito qualche giorno prima.
Beh, molto coraggioso da parte sua far credere che le
piacessero le donne. Questo sì che era stata una mossa vincente, a tratti
azzardata, ma sicuramente efficace nel risultato. Anche il Generale non aveva
più toccato l’argomento.
Il giorno successivo, Oscar aveva completamente ignorato la notizia che Fersen, dopo averli aiutati, era tornato sano e salvo nel suo palazzo e aveva simulato altrettanta indifferenza alla notizia, che era stato lo stesso André a dirle, che le aveva fatto recapitare una lettera. Il conte era stato sempre un argomento delicato, per entrambi e, proprio in quei frangenti, voleva assolutamente evitare che André potesse pensare che lei provasse ancora un sentimento nei suoi confronti.
«Come va il braccio?» chiese sviando volutamente la conversazione.
«Meglio, come vedi sono riuscito a togliere la fasciatura. Se ci provo riesco quasi a muoverlo del tutto ma preferisco evitare di farlo, dal momento che, quanto prima, dobbiamo ritornare a Parigi».
«Si… no… beh, in realtà c’è un cambiamento di
programma» disse Oscar sfregandosi la tempia con la punta delle dita della mano
mentre guardava una lettera che teneva nell’altra.
«C’è stato un piccolo
incidente ad Arras, nelle proprietà di famiglia. La lettera è arrivata poco fa,
nemmeno mio padre ha avuto ancora modo di leggerla. Credo si tratti di un
incendio ma non ne viene specificata l’entità. Pare che non sia morto nessuno,
grazie al cielo, ma c’è scritto che sarebbe il caso che venisse qualcuno da
Parigi. Io, pensavo che potremmo andare noi, se non è un problema»
«Beh, se il comandante mi concede qualche giorno di
riposo, sarò ben felice di venire ad Arras con te» rispose André sorridendo.
Anche Oscar sorrise, un po’ imbarazzata, da quell’inattesa e, al contempo,
familiare atmosfera che si stava formando tra di loro.
«Si, beh, sempre se il braccio non sia un problema.. » disse provocandolo ironicamente.
«Nessun problema. Per quando partiremo sarà come
nuovo!» Rispose lui complice e alla donna sembrò, con una punta di gioia che
faceva quasi male dentro, che fosse tornato ad essere il ragazzo spensierato di
tanti anni prima.
«Allora ti conviene andare a letto presto questa sera. Domani partiamo
all’alba», disse lei, stando al gioco, simulando uno sguardo minaccioso.
«Sempre ai vostri ordini, mio comandante». Concluse con finta serietà André mentre le faceva tutto impettito il saluto militare.
Fine Prima Parte
Cetty (mail to: cetty_chan@libero.it )
[1] Nell’episodio 8, quando Oscar viene ferita dopo aver salvato Maria Antonietta dal cavallo imbizzarrito, Fersen assiste alla disperazione di André che si sente in colpa per aver indirettamente causato il grave ferimento dell’amica. Quando fugge via dicendo qualcosa del tipo “Oscar è un uomo. E’ stata educata dal padre per essere un uomo, se vivrà” lo svedese dice tra sé e sé “Si, adesso ho capito”. E, anche se può sembrare strano, credo che abbia intuito già la vera natura dei sentimenti di André, forse prima che lui stesso se ne renda effettivamente conto.
[2] Nella versione originale giapponese, Oscar non ripete ossessivamente “Il mio André! Il mio André!” ma dice “Il.. mio.. André?” con l’aria stupita di chi realizza una cosa per la prima volta.
[3] “Incendio
degli stabilimenti REVEILLON ed HENRIOT al faubourg Saint-Antoine.
Da qualche
giorno correva voce che i titolari di questi stabilimenti (produzione di carte
da parati) avessero intenzione di ridurre i salari dei loro operai da 20 soldi
al giorno a 15. Si dice che la notizia, risultata poi falsa, fosse stata diffusa
da agitatori al soldo di politicanti mai individuati, ma in realta' la sommossa
fu una manifestazione di protesta (una delle tante) nata spontaneamente e dovuta
alla fame, alla carestia ed alla disoccupazione operaia particolarmente sentita
nei popolari quartieri Saint-Antoine e Saint-Marcel.
Le truppe inviate a
sedare il tumulto spararono, senza esitazione, sulla folla provocando 25 morti e
22 feriti, mentre altre 46 persone furono arrestate.
Ristabilita
provvisoriamente la calma fu possibile constatare che nessuno degli operai dei
due stabilimenti devastati aveva partecipato alla rivolta. La folla degli
insorti comprendeva invece operai dell'artigianato in crisi (mobilieri),
muratori, lavoratori del porto di Parigi, nonche' numerosi giovani affluiti
dalla provincia alla disperata ricerca di un lavoro, dopo la disastrosa crisi
agricola dell'estate 1788.
Alcuni di essi, introdottisi nelle cantine dello
stabilimento Reveillon, hanno scambiato per vino alcune bottiglie di acido e ne
hanno bevuto il contenuto, morendo tra atroci tormenti.
All'inizio
dell'agitazione una folla di circa 3000 dimostranti si era radunata sullo
spiazzo antistante l'ingresso della Bastiglia ed impediva il transito delle
carrozze di alcuni nobili, ma quando apparve la carrozza con le insegne del Duca
d'Orléans, sulla quale viaggiava la moglie del duca stesso, la folla proruppe in
acclamazioni e quando le milizie che presidiavano il faubourg si fecero da parte
per lasciar passare il veicolo, una folla di dimostranti si accodo' alla
carrozza e riusci' a violare il blocco delle milizie dilagando nel faubourg
Saint-Antoine. Da questo episodio nacque il sospetto che la responsabilita'
della sommossa fosse da attribuirsi al Duca d'Orléans, notoriamente in forte
contrasto con la Corte.” Fonte: http://www.alateus.it/rf1789.htm