RETTE PARALLELE

Capitolo Sesto

 

 

Oggi vado a lavoro da solo. Non so ancora come affronterò la caserma, Alain, il mondo, ma spero di non peggiorare la situazione.

Mi avvio alla porta quando mi sento tirare per la manica della giacca. Mi giro e ti vedo ancora in camicia da notte. Mi prendi la mano e mi guidi di nuovo in camera. Al diavolo, oggi arriverò in ritardo.

Quando arrivo in caserma mi accorgo subito che c’è un’atmosfera diversa. Tutti parlano e sembra di stare in un enorme alveare.

“Grandier, hai saputo di Alain?” il vocione di Gros Jean è il primo ad emergere dal brusio.

“Ho sentito qualcosa, ma nulla di preciso. Voi che sapete?”

“Una storia orrenda, André.” Questo è Lazare, con gli occhi lucidi. “Lo hanno trovato in uno stato pietoso, in casa sua, con… con il cadavere di Diane…” il povero Lazare non regge l’emozione.

Non devo fingere di essere sconvolto o dispiaciuto; sono veramente addolorato per quanto accaduto alla piccola Diane. No, non se lo meritava.

“Ed ora Alain è ricoverato nella nostra infermeria. Ma non vuole vedere nessuno. Poveraccio.” Il gracile François ha uno sguardo atterrito, come quasi tutti, oggi. Me compreso.

La giornata, in qualche modo, passa. Ed io non posso non approfittare della pausa pomeridiana per introdurmi in infermeria.

Mi avvicino al letto in cui riposa il mio amico Alain. Il primo amico che abbia mai avuto. Ed ora?

Lui dorme, ed io mi siedo.

I secondi scorrono, i pensieri pure.

“Hai intenzione di uccidermi mentre sono indifeso, André?” dici restando immobile, con gli occhi chiusi.

“Sto seriamente valutando la possibilità, Alain.”

“Ti capirei. Credimi.”

“Non cerco la tua comprensione.”

“Cosa cerchi? Vendetta? Sono qui, inerme; approfittane.”

“Moriresti senza rimpianti?”

“E cosa dovrei rimpiangere? Una vita di stenti, un lavoro massacrante ed ingiusto, un mondo privo di senso? Ho perso Diane e il mio migliore amico nel giro di pochi giorni. Posso anche andarmene.”

“Cerchi di impietosirmi?”

“Mmhpf! No davvero. Mi faccio già abbastanza pena da solo.”

“Hai tentato di violentare Oscar.” Mi rendo conto che la mia voce ha la consistenza di una pietra tombale, ma la situazione è questa.

“Lo ammetto.”

“Cosa dovrei fare, secondo te?”

“Se le parti fossero invertite, ti pianterei un pugnale nel cuore.”

“Dovrei farlo.”

“Se non fosse che io il pugnale nel cuore già ce l’ho.”

 “Devo essere onesto, Alain; non ti uccido perché purtroppo ti capisco. Non sai quanto.”

Resti in silenzio per qualche secondo, poi liberi un sospiro. “Come si sopravvive, André? Come hai fatto a sopportare… questo… per vent’anni?” dicendo questo finalmente apri gli occhi, ma non mi guardi, fissando ostinatamente il soffitto. E le vedo, le lacrime, danzare nei tuoi occhi. Uno spettacolo inaudito.

“Alain… io sono sopravvissuto grazie ad una ostinata speranza.”

“Speranza che io non ho, perché lei ha scelto te.”

“E’ così, Alain.”

“Ti fidi completamente di lei e dei suoi sentimenti?”

“Sì, Alain.”

“Allora la questione è chiusa per sempre.”

…….

“Ma io… adesso… come faccio..?”

“Non chiederle scusa. Non fare mai nemmeno un accenno a quanto accaduto. Comportati normalmente, come non fosse mai successo. E tutto tornerà come prima.”

“Mi sembra sbagliato. Dovrei chiederle scusa.”

“Assolutamente no. Non era arrabbiata con te. Ovviamente… ha avuto paura… ma capisce che quanto successo a Diane ti aveva sconvolto. Credimi se ti dico che è veramente addolorata per Diane. E per te.”

“Allora… farò come dici.”

*

André è andato in caserma. Io resto un po’ a letto. Non ho mai passato una mattinata a letto, tranne quando mi è capitato di stare male, e mi da una strana sensazione. Strana, ma non sgradevole. Per niente sgradevole.

Nuda sotto le coperte mi guardo intorno. Questa stanza è completamente diversa da quella in cui sono cresciuta; è più semplice, ovviamente, ma è l’atmosfera che è diversa. In questa stanza non ho mai pianto. In questa stanza non ho mai dormito da sola. In questa stanza non ho mai avuto incubi. In questa stanza sono felice.

Ripenso a quello che è successo ieri. Ora posso farlo; sono serena e posso affrontare  la situazione con razionalità.

Alain è veramente una brava persona. Una brava persona che ha subito una terribile sciagura. L’immagine di Diane, diafana, nel suo abito da sposa vergine, mi tormenta. Perché le è capitata una cosa così orribile? Lei non lo meritava di certo. Lascio scorrere le lacrime, per Diane. Come deve aver sofferto Alain, scoprendo la sua sorellina… no, non voglio visualizzare. Poi, tre giorni da soli, lui e Diane. È più che comprensibile che sia andato fuori di testa. Posso giustificarlo, e soprattutto posso perdonarlo.

Quando tra due giorni tornerò in caserma farò in modo che tutto torni alla normalità.

Ho fame.

Mi alzo e mi vesto; pantaloni e camicia morbida. Niente fasce.

In cucina trovo la colazione pronta. Mi strappa un sorriso. Ma devo imparare a cucinare anch’io.

Il pomeriggio passa pigro e mi vede stesa sul divano con un romanzo tra le mani.

Bussano.

Apro la porta e mi trovo davanti Adele. Sorride ed ha una borsa con se.

“Ciao! Accomodati.” E ti faccio entrare.

“Grazie, non volevo disturbarti, ma solo salutarti.”

“Nessun disturbo. L’ozio mi ha già stancata.”

Sedute entrambe al tavolo della cucina beviamo una tazza di tè. Quello almeno lo so preparare.

“Ieri sera, appena sei andata via, ho buttato per terra il foglietto che mi avevi dato. Poi ho sentito la voce di Julien che da sotto mi diceva di andare a comprare alcune cose. Allora mi sono messa lo scialle, ho raccattato il foglietto e sono uscita. Finite le commissioni sono rimasta per un po’ ferma in mezzo alla strada, poi mi sono mossa verso l’indirizzo che mi avevi scritto. Mi ha aperto una donna bionda che sembrava una bambina. Le ho detto che cercavo Bernard e che mi mandava Oscar. Ha spalancato degli occhi enormi, mi ha sorriso e mi ha fatto entrare. Ha chiamato suo marito e gli ha detto che venivo da parte tua. Lui si è seduto di fronte a me e mi ha chiesto di dirgli tutto. Io ho esitato un attimo, ma avevano entrambi un’espressione davvero gentile, così gli ho raccontato tutto di me.”

“Sono felice che tu abbia accettato il mio consiglio, Adele.”

“Oh, lo sono anch’io! Bernard mi ha subito accompagnato in un palazzo lì vicino, in cui tutti gli appartamenti sono di una vedova. Questa donna affitta solo a ragazze in difficoltà. Io ho detto che non potevo pagare, non ho nulla, ma hanno sorriso entrambi. Questa donna ha una rete di conoscenze impressionante e sa sempre dove serve una ragazza. Ha detto che all’orfanotrofio gestito dalle suore serve una ragazza che cucini i pasti. Lo sa perché lei è nel comitato di dame della carità che si occupa di vari istituti del genere.”

“Quindi quella borsa...?”

“Inizio subito! Il primo mese d’affitto lo pagherò insieme al secondo, quando avrò il mio primo, vero stipendio!”

“Sono davvero felice per te, Adele.”

“Io ti devo ringraziare, Oscar.”

“No, non devi. Te la sei guadagnata questa vittoria.”

“Grazie. E tu? Come stai?”

“Meglio. La tua medicazione tempestiva ha evitato il peggio.”

“E come vi comporterete con Alain?”

“Come se nulla fosse accaduto.”

“Davvero? Ma ha fatto una cosa gravissima.”

“Sì, ma l’ha fatta in un momento terribile per lui. Era sconvolto. Si sarebbe comportato così con chiunque. Avrebbe picchiato anche i suoi amici. Era fuori di se.”

“Forse…”

“Non ne sei convinta, Adele?”

“Sì, cioè, no. Intendo che sì, capisco che era sconvolto, poverino, ma che era strano già da molti, molti giorni. Ricordi?”

“Già. Con tutto quello che è successo ieri avevo dimenticato la tua storia. Si vede che stava già passando un brutto periodo per altri motivi.”

“Ma sembrava che ce l’avesse proprio con André. E… con te.”

“Ma lui e André sono amici. E poi ormai mi avevano accettata come comandante. Non capisco proprio quale potesse essere il suo problema.” Mordo un biscotto mentre provo a riflettere su questo mistero. E ti vedo che mi fissi di sottecchi. “Che c’è?” dico con la bocca piena.

“Scusami, io non conosco la tua storia, ma qualcosa ho capito. E ho capito che sei una donna molto ingenua.”

“Beh, sì, questo può anche essere vero, ma che c’entra?”

Sorridi, sospiri e, con un’espressione preoccupata dici “La dovranno risolvere tra di loro. André e Alain.”

Io ti fisso con aria interrogativa, continuando a masticare il biscotto.

“André come l’ha presa?”

Deglutisco. “Male. Ma gli ho chiesto di non fare sciocchezze. Credo che mi ascolterà. Lo spero.”

“Lo spero anch’io.”

Ti alzi, prendi la tua borsa e mi ringrazi per il tè.

“Vai via? Non resti per sentire il resoconto della giornata di André? Dovrebbe tornare a minuti.”

Abbassi lo sguardo, ferita. “No, grazie Oscar. Devo andare nel mio nuovo appartamento.”

Mi rendo conto della mia indelicatezza. “Hai ragione; come donna sono ingenua, ma è perché sono alle prime armi. Perdonami.” E mi dispiace davvero, perché immagino come ti senti. Se quella mattina non fossi piombata qui, se fossi rimasta prigioniera delle mie paure, ora magari al fianco di André ci saresti tu. Ed io non avrei nemmeno la tua forza di andare avanti nonostante tutto.

“Non devi scusarti di nulla. Mi hai salvato la vita. Grazie di cuore.”

E resto sola ad aspettarti, per sapere cosa è successo tra te e Alain.

*

“Ora leggerò i nomi di quelli di voi che oggi verranno con me a Parigi per il servizio d’ordine straordinario.”

Siete tutti schierati di fronte a me, con un’espressione concentrata sul viso.

Lo sappiamo ormai che vuol dire servizio d’ordine straordinario.

Parigi è un alveare pieno di api furiose, e la famiglia reale si comporta come un bambino sciocco che si diverte a stuzzicare l’alveare con un bastoncino. Ognuno di noi fa la propria parte, ma la sensazione di essere come delle biglie su un piano inclinato è troppo potente per ignorarla.

Leggo i nomi, ma tanto siamo sempre i soliti. I miei fedelissimi.

Sono passati diversi mesi e la vita in caserma è ripresa come nulla fosse. Alain è tornato ad essere Alain, ridanciano, sbruffone ed affidabile. André non fa più nottate con il gruppo, ma ogni tanto si ferma con loro a bere una birra, rientrando a casa. E perché non dovrebbe? Lui non ne era convinto, ma gli ho detto che non ci trovavo proprio nulla di male, anzi. Ogni tanto mi fermo anch’io. All’inizio i ragazzi erano come bloccati dalla mia presenza, ma poi ci si sono abituati, anzi, hanno iniziato a trovare la cosa divertente.

Io e André abbiamo iniziato a prendere sempre meno precauzioni per nascondere la nostra condizione di conviventi.

Perché? Perché era umiliante.

So che la maggior parte dei ragazzi ha capito, ma ciononostante non ha mai fatto battutine o allusioni. E so che nessuno di loro ci tradirà mai. Credo l’abbia capito persino il buon D’Agout. E di lui di certo mi posso fidare.

A casa ci torno ogni tanto, quando so che c’è mio padre, ma per fortuna questo capita talmente di rado che non è poi un gran sacrificio.

Avanziamo a cavallo per le vie di una Parigi infuocata da un tramonto estivo struggente. Parlate poco. Le facce che ci osservano sono sempre più ostili. Le uniformi non sono mai state molto amate, ma ormai…

André ed Alain cavalcano vicini.

Sono davvero felice che quell’incidente non abbia avuto conseguenze, per nessuno di noi.

Abbiamo bisogno di restare uniti.

Sento che si avvicina una tempesta.

*

Chiami i nostri nomi, di quelli di noi che ti accompagneranno in una Parigi sempre più simile ad un campo di battaglia in preparazione. Sei nel tuo ruolo, sei il comandante, ma la durezza di un tempo è sparita. Parli sì a dei sottoposti, ma quei sottoposti sono persone di cui conosci nome, cognome, storia. E soprattutto, sono persone di cui ti fidi. Il tono è più morbido, meno ruvido. Anche se negli ultimi mesi una nuova nota si è aggiunta; hai paura. Forse gli altri non lo percepiscono, ma io sì.

Passiamo per le vie di Parigi, sfilando con i nostri cavalli e le nostri uniformi, come bersagli mobili. Ogni giorno è un po’ peggio.

Per fortuna noi siamo uniti. Da quando Alain si è ripreso, la vita in caserma è tornata alla normalità.

Lui ha mantenuto la promessa di non chiederti scusa e di fare come se si fosse trattato di un incubo, qualcosa di irreale, e tu hai evidentemente apprezzato il gesto. Io ti conosco.

I ragazzi ti sono sempre più devoti. E gli piace averti come compagna di bevute, una volta ogni tanto.

So di per certo che hanno capito la nostra situazione e si sono comportati in una maniera che speravo, ma non credevo possibile. Ci lasciano vivere la nostra vita. Perché loro sì e gli altri no? So di per certo che tuo padre non la prenderebbe con filosofia come il colonnello D’Agout.

L’unico che ne soffre è Alain.

No, non ha mai detto o fatto nulla per dimostrarlo, ed infatti i ragazzi sono completamente all’oscuro dei suoi sentimenti per te. Ma io so. Non che da allora abbia mai più fatto anche il più piccolo accenno alla cosa, ma io non ne ho certo bisogno. Ci sono momenti in cui dimentica chi è e dove si trova, e ti fissa. Come in questa soffocante serata estiva. Mi cavalca al fianco, in silenzio, e osserva rapito i tuoi capelli che ondeggiano lievi e mandano bagliori di fuoco riflettendo i raggi del sole che tramonta. Ed in questi frammenti di tempo vedo tutto; vedo il suo amore per te, amore, e soprattutto vedo la sua sofferenza. Non sono così infame da goderne; sono sinceramente dispiaciuto per lui. E lo ammiro per come ha saputo mantenere la calma in tutti questi mesi. Spero che la sua costanza non abbia cedimenti.

Lo spero per tutti noi.

Avremo bisogno di tutte le nostre forze nel prossimo, terribilmente prossimo futuro.

*

Ogni volta che pronunci il mio nome, anche in un semplice ordine del giorno come quello che stai leggendo, mi colpisci al cuore.

Anche oggi a Parigi, ai tuoi ordini, al tuo seguito.

Qui tutti pendono dalle tue labbra; prima ti rifiuti di punirci nonostante tutte le nostre iniziali insubordinazioni, poi salvi Lazare, poi ci fai quel discorso sulla libertà del cuore… Come potevamo resisterti? Lazare e i ragazzini non fanno più nemmeno lo sforzo di negare la loro cotta e comunque persino quel bestione di Gros Jean ha smesso di prenderli in giro.

Quando sei entrata nella locanda come fosse la cosa più normale del mondo ci hai davvero sconvolti. Ti sei tolta il mantello, ti sei seduta, hai ordinato un boccale di birra e, sorridendo (maledetta), ci hai chiesto: “Che si dice?” Ci hai proprio lasciati di merda. Poi, a quella prima sera, ne sono seguite altre. Ormai l’atmosfera è talmente rilassata che persino le puttane ti parlano, ridono e scherzano con te.

Che ti credi? Lo sanno tutti che tu e André vivete insieme. Certo, avete pure smesso di far finta di arrivare e andarvene separatamente! Siete proprio due pazzi incoscienti. Ti fidi così tanto di noi, di questo branco di poveracci male assortiti? Cosa ti da la certezza che non ti tradiremo? Che non venderemo il tuo prezioso segreto al tuo signor padre? Sei così sicura del potere che hai su di noi? No, sono ingiusto. Tu non sei minimamente consapevole del potere che hai su di noi. Diavolo, non sembri ancora nemmeno completamente cosciente del potere che hai su André! Si è mai vista una donna contemporaneamente più intelligente e più ingenua?

Non ti sei mai accorta del mio amore per te.

Certo, io faccio di tutto per nasconderlo, infatti i ragazzi non sospettano nulla.

Ma André sa.

Mai, mai più, ne ho fatto parola con lui.

Ma tanto non serve.

Lo so, lo sento il tuo sguardo addosso. Hai un solo occhio e riesci a vedere tutto ciò che ti circonda come nessun altro.

Guardi lei, che cavalca alla nostra testa. Guardi i volti poco rassicuranti dei parigini che ci osservano senza più un grammo di benevolenza. E guardi me. Che guardo lei.

La schiena dritta, nonostante il peso che deve sopportare, la vita sottile, così sottile che potrei racchiuderla tra le mie mani senza stringere, e quei capelli… quei capelli che Diane adorava e che mi ipnotizzano ogni volta, contro la mia volontà. Dentro ci sono tutte le sfumature dell’oro, del grano, del sole, del sangue…

Ma no, non dirò mai nulla.

Che ci guadagnerei?

Tu ami André.

Io sarei l’uomo non richiesto e l’amico traditore.

Perderei anche la stima che nutri per me, e che non ho perso nemmeno dopo quel mio gesto mostruoso. Mi vergogno ogni volta che mi torna in mente, ma ho seguito il consiglio di André: mi sono comportato con te come nulla fosse accaduto, e tu ne sei stata sollevata. Hai attribuito il mio errore al dolore per la morte di Diane e mi hai perdonato, con semplicità. Certo, ero sconvolto, ma tu non hai mai nemmeno sospettato che sotto il dolore folle per Diane ci fosse la follia del mio amore per te. E questo, questo, non me lo perdoneresti. Che donna assurdamente complicata sei. Solo uno come André, solo André, può realmente starti accanto.

E allora io mantengo il mio posto, leggermente defilato, ma non mi muovo più di un millimetro. E nemmeno i miei compagni, lo so.

Sta arrivando qualcosa di terribile, e lo affronteremo tutti insieme.

 

 

Fine Sesta Parte

Moonia (mail to: monia.guredda@gmail.com)