RETTE PARALLELE

Capitolo Quinto

 

 

Bentornati ragazzi!”

“Buonasera a voi, belle fanciulle!”

“Ehi, ma dov’è il vostro amico tenebroso?”

“Il signorino Grandier ci ha dato buca! Deluse? Ahahghaahah!”

“Beh, un po’ sì. E Adele, che gli moriva dietro, non ci dice nulla! È diventata timida!”

“Ooh, ma allora aleggia proprio un mistero! Raccontaci tutto, dolce Adele.” E così dicendo Gros Jean fa accomodare Adele sulle sue ginocchia.

“Ma quale mistero! Sono stata a casa di André e all’alba sono rientrata nella mia stanza.”

“E che avete fatto di bello, piccolina?” Questo è Alain, che in un secondo si è scolato il primo boccale di birra e lo sta facendo seguire da un secondo.

Adele non risponde subito perché si è giurata di non raccontare gli affari di Andrè e soprattutto non la convince l’espressione cattiva del suo amico Alain. “Ma cosa vuoi che abbiamo fatto? Le solite cose!”

Risata fragorosa di soldati e puttane alla battuta di Adele. Ridono tutti. Tranne Alain.

“Stasera voglio te.” La serata è quasi finita e Adele si sente reclamare da un Alain particolarmente ubriaco. Di solito è uno dalla sbronza allegra, ma stasera sembra vittima di una sbronza cattiva. Alain non l’aveva mai più richiesta da quando si era accorto che lei aveva una cotta per Andrè. Avverte un pericolo nell’aria, ma il suo protettore ha già allungato la mano verso Alain che versa l’obolo richiesto, così Adele è costretta a salire con lui nella stanzetta sudicia. Si sa che Alain non si porta le puttane a casa perché ha una sorella a cui tiene molto. Non appena entrano nella stanza, Alain chiude la porta e le si butta addosso di peso. Lei si divincola, ma lui le blocca i polsi. “Tranquilla carina, stasera ti richiedo solo un particolare lavoro di bocca; mi devi raccontare per filo e per segno che è successo ieri col mio grande amico Andrè.” Adele sgrana gli occhi. Ora ha veramente paura. Prova ad alzarsi, ma è semplicemente impossibile. Alain stringe più forte i polsi. Ora le fa veramente male.

“Ti prego. Sei ubriaco. Domani te ne pentirai. E poi Andrè è tuo amico.”

“Oh, non fare la lacrimosa, adesso! Non le sopporto le puttane che piagnucolano. Non voglio niente, solo che parli. Mi sembra che ti sia pure andata di lusso, stanotte.” E stringe. Ancora un grammo di pressione e le spezzerà i polsi.

“Ti prego Alain. Andrè è stato carino con me. Mi ha solo detto che è innamorato di una donna, nient’altro..”

Alain si alza di scatto, ma non molla la presa. “Ahah! Lo sapevo! Avete fatto gli amiconi! E dimmi, tesorina, hai notato niente mentre andavi via?”

“Mi fai male…”

“Te lo chiedo per l’ultima volta: hai notato qualcosa di strano ieri notte?” Ecco, ora i polsi sono completamente insensibili a causa della mancanza di circolazione.

“Ti prego Alain… ho solo visto un soldato come voi, con i capelli biondi, che saliva le scale…”

Alain si alza di scatto, mollando i polsi ormai viola di Adele.

Lo sapevo. Che indossi vestiti di seta, stracci o uniformi, una puttana resta una puttana. Ed Alain se ne va barcollando.

*

Sto finendo di indossare la mia uniforme. Tu sei già uscito. Queste precauzioni sono necessarie, ma mi feriscono nel profondo. Come se dovessimo vergognarci di qualcosa. Non siamo noi ad essere sbagliati, è il mondo. Ricaccio questi pensieri in fondo alla mente e scendo le scale. Il mondo fuori dal portone mi regala una sorpresa mattutina.

La piccola Adele, la riconosco subito, sta in piedi, a torcersi le mani.

Ci vediamo.

Lei ha un leggero moto di sorpresa, ma poi mi si avvicina con uno sguardo deciso che non posso non ammirare.

“Perdonatemi, ma vi debbo parlare.” Me lo dice in faccia, arrossendo leggermente. Mille pensieri mi attraversano la mente: rivuole André, è incinta, vuole ricattarmi…

“Io non vi conosco, ma André mi ha parlato di voi. Non conosco il vostro nome, ma so che vi amate.” E arrossisce.

“Cosa dovete dirmi?” non riesco a trattenere la fuoriuscita del mio vecchio tono acido. Lo vedo che ti intimidisco, e un po’ mi fai pena, ma non posso farci niente: ho appena scoperto di essere una donna terribilmente gelosa.

“Voi conoscete Alain?”

Questa non me l’aspettavo.

“Sì certo, è un mio sottoposto. Perché me lo domandate?”

“Perché pensavo fosse amico di André, ma da ieri notte ho dei dubbi.”

“Che intendete?”

“Ecco, ieri notte Alain mi ha richiesta. E… mi ha fatto male…” Così dicendo mi mostri dei polsi martoriati, che nascondi subito sotto un povero scialle.

“No, non è da Alain una cosa simile.”

“Lo credevo anch’io. Ma ieri era diverso. Aveva uno sguardo cattivo. E… mi ha chiesto di voi…” abbassi gli occhi, piena di vergogna. Per cosa?

“In che senso Alain vi ha chiesto di me?”

Sorridi. “Scusate, non sono abituata a sentirmi dare del voi. Ma questo mi chiarisce alcune cose. Comunque, Alain sembrava impazzito; mi ha chiesto cosa era successo con André e se avevo visto qualcuno. Io non volevo dirgli niente, ma mi faceva male e soprattutto mi faceva paura e allora gli ho detto di aver visto un soldato biondo salire da lui. Allora Alain mi ha lasciato con un sorriso cattivo in faccia. Ho pensato che dovevo dirvelo.”

Non so che dire. Mi parli di un Alain che non conosco e non capisco. Sento un brivido, ma non so dargli un nome. Poi ti guardo; tieni ancora gli occhi bassi, come un cagnolino che aspetta la punizione per aver macchiato il tappeto.

“Adele… vi ringrazio per aver avuto la premura di informarmi. Io… cercherò di capire cosa succede…”

Tu fai una sorta di riverenza e ti giri.

Non dovrei, ma non posso trattenermi.

“E… riguardo a ciò che è accaduto tra voi ed André…” mi rendo conto di essere arrossita, ma non posso fare nulla nemmeno contro questo.

Tu ti giri e mi sorridi: “Mademoiselle… André ha passato la nottata a parlarmi di voi. E so di per certo che lui questo deve avervelo detto, altrimenti voi come potreste conoscere il mio nome?”

Touchè. Una ragazza dolce ed intelligente, che ti vuole sinceramente bene, André. Questa volta ho rischiato davvero grosso.

“Adele, ti ringrazio. Di tutto.” E sono felice di averlo detto con il mio nuovo tono privo di veleno.

“Fate attenzione. Vi auguro di essere felici.” Ti giri e parti di corsa, lasciando volare dietro di te una lacrima come una perla.

*

La giornata in caserma passa come al solito. Tranne un particolare. Durante la visita di oggi, Diane ha annunciato il suo prossimo matrimonio. E questa bella notizia ha reso Alain ancora più cupo. Lo vedo fissare il tramonto color sangue da una delle finestre del corridoio che porta agli alloggi. Ha un’espressione indecifrabile.

“Ho saputo la bella notizia. Porgi le mie felicitazioni alla piccola Diane.”

Porgi le mie felicitazioni! André, parli proprio come quei frocetti nobili!”

Se avesse pronunciato questa frase come uno dei suoi soliti sfottò ci avrei riso su, ma la vena di cattiveria era troppo evidente.

“Ehi Alain, se ti rode il culo… grattatelo!”

“Bwahahah! Quando provi a fare il volgare sei ancora più comico!”

“Mi dici che problemi hai ultimamente?”

Ti giri per un attimo verso di me, ma poi torni a fissare ostinatamente il tramonto.

“Vuoi veramente conoscere i miei problemi, Grandier?”

“Certo. Ti considero un amico, anche se negli ultimi giorni fai un po’ troppo lo stronzo. E sì, le dico pure io le parolacce, quando serve.”

Uno sbuffo che è tra la risata trattenuta e… non so che.

“Allora Grandier, fai l’amico e ascoltami. Mio padre è sparito poco dopo la nascita di Diane. La mamma ha lavorato per un po’, ma poi si è ammalata ed è morta. Io mi spacco il culo da quando avevo ancora la voce da femmina, ma lo facevo per Diane e allora andava bene. Ora Diane si sposa ed io non debbo più occuparmi di lei.”

“Capisco, ma…”

“No. Non capisci.”

“Perché? Perché sono un signorino? Mio padre era davvero un falegname, solo che me lo ricordo a malapena, perché è morto che avevo 7 anni. Pochi mesi dopo ho perso mia madre. E allora sono stato adottato dalla mia unica parente, mia nonna, che fa la governante in casa Jarjayes dai tempi del re Sole. E sì, pure io lavoro da quando avevo ancora la voce da femmina. Certo, a differenza tua, avevo un letto comodo e non ho mai più sofferto la fame, ma se pensi che la mia vita sia stata facile… cazzo, quanto ti sbagli!”

“La tua vita è stata difficile solo perché hai deciso di complicartela, innamorandoti di quella matta. Potevi innamorarti di Diane e adesso tutto sarebbe più semplice.”

Resto a bocca aperta. Stai veramente sragionando.

“Alain, ma che hai le tue cose, che parli come un’isterica?”

“Oh sì, sono una cazzo di femminuccia isterica solo perché, per una volta, mi permetto di lamentarmi di questa vita di merda, dove esistono già i problemi ed in più le persone che ne creano di nuovi!”

Ora stai urlando e mi guardi con rabbia.

Non posso trattenermi più. Ho provato a parlare con te da amico, ma non hai accettato la mia mano tesa.

“Io non ho scelto di innamorarmi di Oscar. Esattamente come non lo hai scelto tu. È semplicemente successo.” Mi rendo conto che la voce mi è uscita come il sibilo di un serpente. E tu sembri proprio uno che è stato morso da una vipera. Sgrani gli occhi e spalanchi la bocca, ma più che sorpreso sembri incazzato.

“Ma come cazzo te ne esci… io… ma che c’entra con me..?”

“Alain, negare la realtà porta solo danni. Accetta i tuoi sentimenti. E poi mettiti l’anima in pace.”

“Perché ormai te la scopi tu?”

È il mio momento di assumere l’espressione di uno morso da una vipera. Sento il braccio formicolare dalla voglia di darti un pugno. Ma mi trattengo. Che senso avrebbe fare a botte con te? Per dimostrare cosa? Non siamo due maschi di cervo che si scornano per la femmina. Lei non andrà al vincitore. Lei è già mia. E allora, invece di stenderti con un pugno, ti anniento con una frase.

“Esatto.” E sorrido.

Me ne vado lasciandoti solo in corridoio. Il sole è ormai tramontato ed è calato il buio. Io vado a casa dalla mia donna. Tu fattene una ragione.

*

Io sono già sdraiato a letto, ripensando a quello che è appena successo con Alain, mentre tu sistemi le cose che ti sei portata da casa nei cassetti del mio comò. Non posso non sorridere.

Indossi la camicia da notte e vieni a sdraiarti accanto a me. Poggi la testa sul mio petto. Aspiro il profumo dei tuoi capelli, che mi fanno un leggero solletico.

“Stamattina ho visto Adele.”

Io ti sento, ma non realizzo per qualche secondo.

“Oscar, io…”

“Ssshht, non devi giustificarti di nulla. Lei è veramente una brava ragazza. È venuta per dirmi qualcosa su Alain.”

Ti stringo di scatto un po’ troppo forte.

“Cosa è venuta a dirti Adele a proposito di Alain?”

“Dice che l’altra notte lui… l’ha richiesta, ma che le ha fatto domande su come avevate passato voi due la notte.”

“Oscar, io e Adele non…”

“Lo so, André, lo so. Il punto è che Alain le ha fatto male stringendole i polsi mentre le faceva queste domande. Me li ha fatti vedere; erano violacei. Ma non capisco, Alain non è così. E poi che gli importa di sapere di te e Adele?”

Deglutisco a fatica. “E Alain… voleva sapere solo di Adele?”

“Veramente no. Adele mi ha detto che le ha chiesto se aveva visto qualcuno salire qui da te.”

Dio, no. Non a questo livello. “E Adele..?”

“Poverina, dice che ha avuto paura perché le faceva male ed era ubriaco, e così gli ha detto di avermi vista, ma…”

Scatto a sedere, tenendoti sempre stretta a me.

Tu alzi il tuo viso preoccupato ma inconsapevole su di me.

“André, che cosa succede ad Alain? Sono preoccupata per lui.”

Ed io sono preoccupato per te, amore.

*

Diane canticchiava mentre si cuciva il vestito da sposa, così sono dovuto uscire di casa, anche se piove.

Dio, dillo che ti sto proprio sul cazzo.

Ovviamente sto sotto il tuo palazzo. Il vostro. La luce della mansarda si spegne. Ora starete scopando, mentre io sto qui a prendere la pioggia. Ah, no, giusto! Quelli come voi fanno l’amore. Scopare è per i poveracci, come me. E allora me ne vado alla taverna a cercarmi un po’ di compagnia anch’io. Stasera voglio proprio quella biondina che tu, signorino André, avevi rifiutato. Alain Soisson costretto a raccattare gli scarti di André Grandier. Bene.

*

“Comandante, perdonate se vi disturbo, ma sono preoccupato per Alain Soisson.”

Alzo gli occhi dalle carte che stavo firmando mentre ascolto le vostre parole, D’Agout. Il vostro sguardo è sinceramente preoccupato. Per un soldato semplice. Ecco perché non avete fatto carriera, mio buon colonnello. Ed ecco perché qui mi trovo tanto bene.

“Alain non è ancora rientrato? Ma la licenza di una settimana per il matrimonio di Diane è scaduta.”

“Già, tre giorni fa. Io ho atteso perché, nonostante quello che può sembrare, è un bravo ragazzo, e non voglio rovinargli lo stato di servizio con un richiamo ufficiale.”

Oh, colonnello D’Agout. Sapere che tra le crepe della nobiltà spuntano fiori come voi mi permette di sperare ancora.

“Avete perfettamente ragione, colonnello. Io qui ho finito; lascio il comando a voi e vado a vedere se Alain è in casa e che combina.”

“Volete che vi accompagni qualcuno, comandante?”

Premuroso D’Agout. “La ringrazio colonnello, ma vado da sola.”

Può essere l’occasione che aspettavo per parlare a quattr’occhi con Alain e capire che gli succede in questo periodo.

*

Il palazzo in cui abita Alain non è lontano da quello in cui viviamo io e André. Oddio, questo pensiero mi fa ancora arrossire e sorridere come la ragazzina che non ho mai potuto essere. Mi ci abituerò mai? Spero di no. Spero di conservare per sempre questo senso di stupore.

Salgo le scale con questi pensieri in testa, ma vengo distratta da qualcosa. Questo quartiere non si può certo definire profumato, ma qui dentro l’aria ha qualcosa di particolarmente sgradevole.

Una porta si apre e si affaccia una donna con un fazzoletto premuto sul viso.

“State salendo dai Soisson?”

“Sì, perché?”

“Beh, vedete di dirgli di fare qualcosa per questa puzza orrenda!” e mi sbatte la porta in faccia.

Salgo l’ultima rampa di scale.

Busso alla porta.

Nessuna risposta, nessun rumore dall’interno.

Provo a ruotare la maniglia.

Si apre.

Entro.

*

La puzza mi investe come un qualcosa di solido. Mi brucia gli occhi e sento quasi cedermi le gambe.

C’è un silenzio innaturale.

Vedo una tenda.

Mi avvicino.

La scosto.

Ora so di che colore è la disperazione.

La disperazione non è nera. È bianca.

Bianca come il vestito di Diane. Bianca come la sua pelle.

Vedo lei, bellissima, adagiata nel suo lettino, come una bambina, come una sposa. E vedo il cappio. Non so come, tutta la storia mi attraversa la mente e la comprensione fa male come un pugno sul plesso solare. Mi toglie il fiato pensare a quanto tu possa aver sofferto, piccola dolce Diane.

Poi vedo tuo fratello, accucciato al tuo fianco, con i vestiti lerci, la barba lunga, lo sguardo perso.

Mi ispira una pena infinita.

Mi siedo per terra al suo fianco.

“Alain, non so cosa dire a parte che sono addolorata.”

Mi sfugge qualche lacrima, che non trattengo.

Tu sembri non avermi sentito.

Allora ti poggio una mano sulla spalla. Non sono mai stata una da contatto emotivo, ma André mi ha cambiata, ed ora sento di poter essere d’aiuto, di voler essere d’aiuto. Almeno a te, Alain.

Tu hai un brivido. Giri lentamente la testa verso di me. I tuoi occhi, con lentezza, mi mettono a fuoco.

“Comandante. Voi qui. Che onore.”

Ti esce una voce morta ed un fiato terribile.

“Alain, eravamo preoccupati per te. Da quanto tempo sei qui? Da quanto tempo Diane…”

“Non nominare Diane.” Parli senza praticamente muovere un muscolo, né del corpo, né della faccia.

“Perdonami Alain. Sai che anch’io ero affezionata a Diane. Ti aiuterò in ogni modo. Penserò io al funerale, se me lo permetti.”

“Ma il funerale di chi? Eh, rispondi! Il funerale di chi? Diane è una ragazzina, che ne vuole capire una puttana come te!”

Alzi la voce e mi spaventi. Ma devo riportarti alla ragione. E soprattutto devo portarti fuori di qui. Ti faccio visitare del medico di stanza in caserma.

“Alain, capisco che tu sia sconvolto. Ora andiamo…”

Mi arriva un manrovescio dritto sulla bocca.

Cado di schiena sul pavimento lercio.

In un attimo mi sei addosso.

*

“Alain, cosa credi di fare?” Non posso impedirmi di urlare, così come non posso impedirmi di far trasparire la paura nella mia voce.

“Oh, mio bel comandante dai lunghi capelli biondi! Diane adorava i vostri capelli. Li avrebbe voluti come i vostri. Chissà, se avesse avuto i capelli biondi, André si sarebbe innamorato di lei, ed ora lei sarebbe viva.”

Parli di cose senza senso, mentre mi stringi i polsi, alti sulla mia testa. Provo a divincolarmi, ma non ti smuovo.

“Alain , ma di che diavolo parli? Lasciami andare!”

“Se è un ordine, io sono fuori servizio.” E ridi. Una risata che mi gela il sangue.

“Lasciami!”

“Non penso proprio. Dunque, segui il mio ragionamento. Diane è sempre Diane, ma ha i tuoi bei capelli. André si innamora di lei. Le chiede di sposarla. Lei accetta. Lui non la abbandona il giorno prima delle nozze, perché il mio amico André è un signore, e si sposano. Diane e André vivono felici e contenti nella mansarda a quattro passi da qui, così io posso vederli tutti i giorni.”

Il tuo fiato mi stordisce, i tuoi sproloqui mi terrorizzano.

“Alain, non ho parole per dirti quanto mi dispiace per Diane” lacrime solcano il mio viso “ma ora devi tornare in te, ti prego.”

“Oh che bello! Mi preghi! Sei sotto di me, in casa mia, e mi preghi con le lacrime agli occhi. Un sogno che si avvera. Almeno questo.”

“Alain, ma di che diavolo parli?”

“Parlo del fatto che nella mansarda con André ci vivi tu, e Diane è morta!” Prima ghignavi, ora urli. Non so più a quale grado di paura mi hai portata.

“Alain, sei sconvolto. Le due cose non sono collegate. Ora lasciami e…”

“Certo che sono collegate! Tu scopi con André e Diane si impicca! Ed io? Resto solo come lo stronzo che sono!”

Il tuo bacio mi toglie il fiato. Sembra tu voglia divorarmi. Ora mi tieni entrambi i polsi con una mano, mentre con l’altra mi strattoni i pantaloni verso il basso. Sul fianco mi preme la tua erezione. Oddio no.

Mi divincolo, ma tu ridi.

Mi lasci respirare ed alzi il tuo viso su di me, per fissarmi negli occhi.

“Finalmente arrivano i vantaggi nell’avere un comandante donna, ahahah!”

Senza un pensiero cosciente dietro, guidata solo dall’istinto, ti do una testata sul setto nasale.

Mi lasci i polsi per portarti entrambe le mani al viso. Ululi come un lupo, mentre vedo il sangue colarti tra le dita.

La posizione mi permette di assestarti una ginocchiata nelle parti basse mentre mi rialzo.

Ti vedo piegarti su te stesso.

Mi tiro su i pantaloni e scappo.

*

Entro nella locanda, con il mantello a coprirmi il viso. Individuo subito il protettore; ha una faccia inconfondibile.

“Voglio Adele.” Parlo con voce profonda, tenendo gli occhi bassi e porgendogli subito i soldi.

Lui mi squadra per un secondo, arraffa i soldi e mi fa: “Primo piano, terza porta.”

Non ritengo necessario ringraziare. Mi incammino sulle scale e busso alla terza porta. “Avanti.” È la voce di Adele. Entro.

Lei, seduta sul letto, senza guardarmi, mi elenca le prestazioni.

“Ho bisogno del tuo aiuto.” Mi tiro giù il cappuccio del mantello e ti guardo.

Tu spalanchi gli occhi, prima sorpresa, poi inorridita.

“Mademoiselle! Chi vi ha ridotto così? Cosa vi è successo?” e mi corri incontro.

Io scoppio a piangere.

*

Sono sdraiata sul tuo letto, in camicia, mentre tu mi medichi il viso. E, soprattutto, mi ascolti.

Ti parlo della licenza, del matrimonio, di Alain, della sua assenza, della mia decisione di andare a trovarlo, di cogliere l’occasione per parlargli. E di come sia invece andato il pomeriggio. Parlo regolando il respiro, ma ogni tanto mi scappa un singhiozzo. Tu mi tamponi la ferita sul viso facendo Ssshht, come a calmarmi.

Finisco il mio racconto.

Silenzio.

“Non avrei comunque mai creduto che sarebbe arrivato a tanto.”

“Nemmeno io, Adele.”

“Ora cosa pensate di fare, mademoiselle?”

“Mi chiamo Oscar. Lo so, è strano.”

“Il mondo è pieno di cose strane, Oscar.” E mi sorridi.

Ti sorrido a mia volta.

“Perdonami se ti sono piombata in casa, ma non sapevo dove andare. Il mio unico amico è sempre stato André, e non potevo andare da lui conciata così.” E scoppio di nuovo a piangere.

“A questo servono le amiche.”

Resto un istante in silenzio.

“Quando ti ho visto quella mattina ti ho odiata con tutte le mie forze. Ora, nel momento del bisogno, ho pensato a te. Sono veramente una creatura egoista.”

“Non credo, Oscar. Siete umana. Dovete imparare ad accettarvi con i vostri difetti.”

“Sei veramente una ragazza saggia.”

“Eh già! Talmente saggia che…”

E abbassi lo sguardo, piena di vergogna.

Io mi rimetto giacca e mantello. Su un pezzo di carta scrivo un nome ed un indirizzo. Te lo porgo e ti dico: “Vai da lui e digli che ti serve aiuto e che ti mando io. Quest’uomo mi deve favori fino alla fine dei suoi giorni e anche oltre.”

Tu prendi il pezzetto di carta con un’espressione confusa.

“Fallo. Meriti di meglio. Decisamente.”

E ora, devo tornare a casa.

*

“Oscar, dove sei stata fino ad ora?”

Mi tolgo il mantello. Alzo il viso e ti guardo. Adele mi ha medicata, ma la ferita sulla mia bocca ci metterà qualche giorno a rimarginarsi. Vedo l’orrore sul tuo viso. Devo prevenire.

“André, sto bene. Siediti e ti racconto tutto. Ma devi promettermi di farmi parlare senza interrompermi, anche se sarà difficile.”

Deglutisci e mi fai cenno di sì con la testa.

Ed io ti racconto tutto, dalla chiacchierata con D’Agout in poi. Non trovo le parole per dirti ciò che Alain ha tentato di fare, ma le mie esitazioni sono più che eloquenti. Salti in piedi rovesciando la sedia, con uno sguardo che mai, mai ti avevo visto prima. Faccio l’unica cosa che posso fare: ti abbraccio e ti dico che non è successo nulla, che sono scappata lasciandolo ferito per terra. Ho la testa sul tuo petto e sento il battito accelerato del cuore ed il respiro affannoso. Calmati amore, calmati.

“E poi… cosa hai fatto?”

“Non potevo tornare subito qui da te. Dovevo calmarmi e farmi medicare la ferita sulla bocca. Così sono andata da Adele.”

“Da Adele?!?”

“Sì. Ho fatto finta di essere un cliente e mi sono fatta ricevere nella sua stanza.”

Questa ti fa scappare una risata. Meno male.

“E’ proprio una ragazza speciale. Forse saresti stato più felice con lei.”

“Oscar, ma che dici?” e mi accarezzi la schiena.

“Le ho dato l’indirizzo di Bernard. Le ho detto di parlare con lui e chiedergli aiuto. Potrebbe trovarle un lavoro onesto.”

Mi baci la testa. “Grazie. Avrei dovuto pensarci io. Ma sono felice che l’abbia fatto tu.”

Qualche secondo di silenzio. Ce lo meritiamo.

“Ed ora? Alain?” dici con rabbia trattenuta nella voce.

“Ho già pensato anche a questo. Ho mandato un messaggio a D’Agout; gli ho spiegato cosa è successo a Diane e a Alain, in modo che mandino qualcuno ad occuparsi di entrambi. Alain ha bisogno di cure. Ed io mi sono assegnata tre giorni di riposo; non posso presentarmi con questa ferita sulle labbra.”

“Bene. A tutto il resto penseremo domani.”

 

Fine Quinta Parte

Moonia (mail to: monia.guredda@gmail.com)