RETTE PARALLELE

Capitolo Secondo

 

 

Oggi è un mese che me ne sono andato da casa Jarjayes… da casa mia. Sì, casa mia, visto che ci ho vissuto la stragrande maggioranza della mia vita, visto che mia nonna vive e lavora ancora lì, visto che ci vivi tu.

Ho fatto bene ad andarmene. Ne sono convinto. Ci vediamo tutti i giorni a lavoro e per te è come se non fosse successo nulla. Anzi, ora quando mi parli sembri anche più allegra. Ti ha reso felice la mia partenza? Ti pesava la mia presenza? Bene, Oscar, almeno qualcosa di buono per te l’ho fatto, nella mia miserabile vita.

Ho trovato una mansarda (*) in un caseggiato sulla Rive Gauche, non lontano da casa di Alain e della maggior parte dei ragazzi della Guardia. È un quartiere povero, con un animato mercato rionale dove faccio la spesa per uno, dove ogni tanto si ammazza qualcuno e dove scoppiano risse tra ubriachi praticamente ogni sera.

Lo so perché ogni tanto in mezzo a quelle risse ci sono io.

Dopo un anno nella Guardia Metropolitana in cui di fatto ho continuato ad essere il tuo attendente, finalmente ho iniziato ad integrarmi tra i miei compagni.

Già da tempo avevano capito che non ero la tua spia, ma non mi avevano comunque accettato; dicevano che mi comportavo troppo da signorino. E come dar loro torto? Io sono cresciuto con te, studiando latino ed astronomia, imparando come si mangia senza far cadere nemmeno una briciola sulla tovaglia di fiandra immacolata… come facevo ad integrarmi con questi bruti? Questi sono uomini veri, mica come quegli effeminati di Versailles. Questi bevono, si picchiano e vanno a puttane.

E allora mi sono integrato.

Quando hanno saputo che mi ero trasferito da solo nel loro quartiere hanno iniziato a guardarmi in modo diverso. E qualche sera dopo mi hanno invitato a bere con loro nella loro locanda preferita.

Io ho accettato, ho bevuto, ho partecipato alla rissa e mi sono portato una ragazza a casa.

Bruna. La ragazza era bruna. E anche le altre che mi sono portato nella mia mansarda erano brune. E con gli occhi scuri. È la regola. Niente capelli biondi, niente occhi azzurri.

Una sera i ragazzi mi avevano fatto sedere sulle ginocchia una ragazzina gracile, avrà avuto sì e no vent’anni, con i capelli lunghi, biondi e liscissimi, e gli occhi grigi.

“Non offenderti piccola, sei molto carina, ma non sei il mio tipo” le ho detto con la mia voce alcolica mentre la facevo alzare dalle mie ginocchia.

Gros Jean ha urlato con la sua voce da baritono ubriaco: “Ma che dici, Grandier? Ma se te l’ho mandata proprio perché ero sicurissimo che fosse precisa il tuo tipo! Ahaghahah!!!”

Gli ho mollato un pugno in silenzio. E Alain l’ha fulminato col suo sguardo da maschio alpha.

Da allora i ragazzi son talmente gentili da rimediarmi solo brunette formose.

Le brunette scivolano fuori dal mio letto in silenzio, si rivestono, prendono i soldi sul comodino e se ne vanno.

Io faccio finta di dormire.

*

Oggi è un mese che te ne sei andato di casa. Ora hai una casa tua. Alain mi ha detto che abitate vicino. La cosa un po’ mi consola, visto che Alain sembra averti preso sotto la sua ala protettrice, ma un po’ mi spaventa.

Ho notato che ora mangi e parli con gli altri soldati.

Prima temevo per la tua incolumità perché ti consideravano un intruso. Ora temo per la tua incolumità perché sembra ti abbiano accettato nel loro circolo di gentiluomini.

Non so che fare. A casa non ci torno quasi più. Lo faccio solo per la nonna, poverina. Ma preferisco dormire nei miei alloggi alla caserma. Così, quando anche tu passi la notte qui, mi sembra che almeno dormiamo ancora sotto lo stesso tetto.

Quando ti incontro trovo sempre una scusa per fermarti e parlarti, non so nemmeno di cosa; è così, solo per scambiare quattro chiacchiere con te. Però mi rendo conto che sorrido sempre. Tu non ti accorgi di niente, Andrè? Oppure te ne accorgi e semplicemente non te ne importa più. Ti ho dato per scontato per troppo tempo, ho tirato la corda e ora la corda si è spezzata. È così? Dimmi che mi sbaglio.

*

“Allora Grandier, stanotte sei dei nostri, vero?”

“Certo ragazzi, contatemi.”

“Bravo ragazzo, bravissimo!” Gros Jean mi da delle manate amichevoli sulla schiena che, se non fossero amichevoli, potrebbero essere classificate come tentato omicidio. Ma mi fa bene questa rozzezza, dopo una vita passata in mezzo ai merletti e ai profumi che servivano solo a mascherare la puzza di merda. E non ci riuscivano nemmeno tanto bene. Questa gente almeno si presenta per quello che è, senza maschere. Devo dire che è rilassante.

Ci avviamo verso il cancello della caserma immersi nel rosso del tramonto ed il mio sguardo viene attratto da un lampo. Giro la testa e ti vedo affacciata alla finestra del tuo alloggio, seminascosta dietro la tenda. Mi vedi e tiri la tenda.

Che vuoi, Oscar?

Torna a casa tua, invece di passare tutte le notti in caserma.

Vivi la tua vita, come sto facendo io.

Non vedi come sono felice..?

Sono talmente felice che stasera faccio cilecca. Non mi era ancora mai successo, nonostante l’alcol, nonostante il pensiero di te che ogni tanto fa capolino… La brunetta mi fissa incuriosita e con una punta di delusione dipinta in viso. “Che ti prende, bello? Le mie amiche mi avevano detto che ero fortunata ad essere stata scelta da te, stasera.”

Seconda regola: mai andare con la stessa ragazza due volte. Non devono avere né un nome, né una storia.

“Scusami, ma stasera ho davvero esagerato con la bottiglia.”

“Nooo, non è quello! Credimi, sono esperta. La storia dell’alcol è quasi sempre una scusa. Se gli ubriachi non ce la facessero, saremmo tutte vergini!”

Mi scappa una risata, sincera. Hai una faccia simpatica, non volgare.

“Sai, secondo la mia esperienza, qual è il tuo problema? Pensi ad un’altra donna.”

Io sono ancora nella stessa posizione di prima, sdraiato sulla schiena con le mani dietro la nuca. Non esprimo né un pensiero né un sentimento.

Lei è girata verso di me, con la guancia appoggiata ad una mano, puntellata su un gomito.

“Ci ho preso, eh?”

“…forse…”

“Cosa ti impedisce di stare in questo letto con lei invece che con me?”

Mi scappa una risata che è uno sbuffo. “Lo impedisce l’universo! Ma fondamentalmente il fatto che lei non mi ama.” Perché poi sto raccontando i fatti miei ad una prostituta? Forse perché è la prima persona che mi chiede davvero cosa penso, cosa provo. Mi fa bene parlarne con qualcuno, qualcuno che non mi conosce, che non ti conosce…

“Ne sei sicuro?”

“Di cosa?”

“Del fatto che lei non ti ama?”

“Certo che ne sono sicuro!”

“Come fai?”

“Come faccio cosa?”

“Ad esserne sicuro?”

“Lo so, cazzo!”

“Non fare il volgare, non è da te.”

“Posso essere volgare, se voglio.”

“Certo, puoi fare quello che vuoi. Ma sembri un attore che recita una parte. E, scusami se te lo dico, ma come attore fai schifo.”

“… in che senso..?”

“Tu non c’entri niente in mezzo a quegli uomini. E quando ti porti una ragazza via dalla locanda non lo fai con lo sguardo acceso di lussuria come gli altri, ma come se dovessi affrontare e superare una prova, come se dovessi dimostrare qualcosa a qualcuno.”

“… tu hai notato tutte queste cose?”

Lei arrossisce e abbassa lo sguardo. “Io ti osservo dalla prima sera che sei entrato nella locanda.”

Cielo, le piaccio. Questa non me l’aspettavo. Cioè, no che non abbia mai notato certi sguardi delle cameriere in casa Jarjayes, e se avessi voluto… Ma questa ragazza si trova nuda nel mio letto, nel letto di casa mia.

La guardo.

“Perdonami, ma sono innamorato di un’altra. La amo da una vita. Sto provando a dimenticarla, ma, se è vero quello che mi hai detto, il mio esperimento non sta funzionando come speravo.”

Lei alza lo sguardo e sorride. È un sorriso un po’ triste, ma pieno di gentilezza e comprensione.

“Allora devi cercare di capire cosa prova lei per te.”

“Lo so cosa prova per me: nulla.”

“Glielo hai domandato?”

“Le ho detto che l’amavo. E lei ha ignorato i miei sentimenti. Direi che è una risposta.”

“Non necessariamente.”

“Sì invece.”

“No, no, devi pensare che magari lei ha un modo diverso da te di esprimersi!” e intanto agiti l’indice come una maestrina.

Ed io sono un allievo stupido e testardo ed insisto: “Sì, lei ha decisamente un modo diverso di esprimere i suoi sentimenti! Non li esprime proprio!” e mi scappa una risata che di divertente non ha proprio niente.

“Ecco, lo vedi! Avevo ragione io!” esulti mettendoti seduta e coprendoti col lenzuolo. Una prostituta pudica, e ovviamente l’ho trovata io! “Se mi dici che sai che lei è una tipa poco espansiva allora come fai a sapere che prova per te?”

La domanda è legittima e un po’ mi spiazza. Ma io conosco Oscar da 25 anni e mi sarei accorto se…

Sorride e mi chiede se voglio la cioccolata.

La trovo con la mano alzata dietro la porta di camera mia.

Mi ferma nei corridoi per non dirmi nulla e sorride.

Non torna a dormire a casa.

Mi spia da dietro le tende.

“… effettivamente negli ultimi tempi mi sembra di aver notato degli atteggiamenti anomali nei miei confronti, ma… mi sembra impossibile…”

“Ma perché impossibile?” urli “Perché tu puoi essere innamorato di lei e non lei di te? Che fai, ti sottovaluti?”

La tua faccia così sinceramente arrabbiata mi fa tenerezza.

“No, non mi sottovaluto, ma lei è realmente irraggiungibile per me, credimi.” E mi sfugge un sorriso triste, non posso proprio trattenerlo.

E a quanto pare tu non puoi trattenere uno scapaccione che mi arriva in testa.

“Non devi dire così! Se lei non ti ama è un conto, ma se inizi a pensare a tutti i problemi intorno lo scemo sei tu! Ora tu vai da lei e le domandi chiaro e tondo <Tu mi ami?> Se ti risponde no ti metti l’anima in pace, se ti risponde sì te la porti subito a letto.”

Non ce la faccio, più; scoppio a ridere. Dio da quanto non ridevo così di gusto.

“Ti ringrazio per i tuoi consigli spassionati. Proverò a smuovere la situazione per vedere che succede; non posso seguire i tuoi consigli alla lettera perché lei è veramente una persona particolare e credimi se ti dico che la nostra situazione non ha eguali. Ma ti prometto che farò qualcosa.” E così dicendo le sorrido.

Lei mi sorride a sua volta, ma un’ombra di tristezza attraversa veloce i suoi occhi.

Si gira, si alza e inizia a vestirsi.

Si avvia verso la porta senza prendere i soldi sul comodino.

Io mi alzo legandomi al volo un asciugamano intorno alla vita e la seguo.

“Aspetta, i tuoi soldi!”

Tu ti giri e mi sorridi. “E per cosa?” e non c’è malizia nella tua domanda.

“Nessuna se li è mai guadagnati quanto te. Ti prego, accettali.”

“… non posso, Andrè.” E apri la porta.

Ti raggiungo. “Come ti chiami?”

Mi guardi con i tuoi grandi occhi color nocciola. “Adele. Grazie per avermelo chiesto.”

“Grazie a te, Adele.” Ti prendo la testa tra le mani e ti bacio la fronte.

Ti giri subito per andartene.

Sulle scale, quasi al mio piano, Oscar ci fissa.

 

Fine Seconda Parte

Moonia (mail to: monia.guredda@gmail.com)