LA PROMESSA

 

 

Il crepuscolo stava avvolgendo la città.

Le urla, i colpi d’arma da fuoco, le esplosioni… ora tutto quel chiasso si stava trasformando in silenzio. Un silenzio quasi irreale. Le strade, i vicoli e le piazze erano ancora pieni di gente; c’era chi si faceva medicare, chi raccoglieva oggetti utili, chi caricava i cadaveri su dei carretti.

E poi c’era chi sedeva all’interno delle barricate. Alcuni di loro guardavano per terra, altri volgevano lo sguardo al cielo nel quale iniziavano a vedersi le prime stelle. Sedevano in silenzio, i soldati della guardia ribelli. I traditori. I sognatori. Il loro comandante sedeva in silenzio guardando la stella della sera. E loro attendevano. Non c’era nessuna fretta, ora.

“Abbiamo perso Gerard. E Jean. E Pierre. E altri 22 compagni.”

Silenzio.

“Perdonatemi.” Gli occhi color fiordaliso del comandante pieni di lacrime  riflettevano le costellazioni che sta osservando.

“Non avete nulla da farvi perdonare, Comandante Oscar. Nulla.” Alain pronunciò con eguale dolcezza e fermezza queste parole. Gli altri soldati annuirono.

Oscar distolse lo sguardo dal cielo e osservò uno ad uno i suoi compagni. “Grazie ragazzi.”

“Noi vi ringraziamo, comandante Oscar. Ci speravamo, ma non avremmo mai creduto che avreste davvero rinunciato a tutto per la nostra causa.”

“Non ringraziatemi. Era la cosa giusta da fare. Ed ho anche dei motivi egoistici.” Così dicendo sorrise al soldato seduto alla sua sinistra. Rosalie era al suo fianco e gli stava medicando la spalla. Un soldato dei Royal Allemande lo aveva colpito di striscio quando erano emersi dal loro nascondiglio, al tramonto.

Altre cittadine, oltre Rosalie, stavano medicando i feriti.

I proprietari di un’osteria affacciata sulla piazza della barricata stavano dando il loro contributo alla causa preparando la cena per tutti.

Nell’aria di quella sera di luglio si stava diffondendo un buon profumino di carne e l’umore di tutti i sopravvissuti si stava sollevando.

Alcuni cittadini stavano allestendo delle panche all’interno della barricata, dove poter mangiare tutti insieme.

Le voci si stavano alzando, allegre, per scacciare il dolore e la malinconia.

Le campane di una piccola chiesa di quartiere risonarono chiare e argentine, trasportate dal leggero vento estivo.

André stava indossando la giacca dell’uniforme, visto che Rosalie aveva finito di medicargli la spalla ferita. “Oscar..?”

Oscar stava fissando serena i preparativi per la cena. “Mh?”

“Mi vuoi sposare?”

I soldati fissavano alternativamente André e il Comandante.

Lei con molta calma distolse lo sguardo dalla piazza per fissarlo in quello intenso ma sereno di André. “Sì.” E sorrise con semplicità.

André si alzo e le porse la mano. Lei accettò l’offerta.

“Possiamo andare nella piccola chiesa del quartiere.” suggerì André.

Oscar si limitò a fare un gesto affermativo con la testa, ma gli occhi le splendevano. E da quando l’aveva aiutata ad alzarsi non aveva lasciato la mano di André.

“Noo! Questo poi no!” L’urlo di Rosalie spiazzò tutti.

“Rosalie… perché sei contraria?” chiese Oscar sgomenta.

“Ho aspettato una vita questo momento e voi volete andare in chiesa così, con le uniformi sporche di polvere e di sangue?” Ora ovviamente piangeva.

“Perché, che problema c’è?” Oscar davvero non capiva.

Rosalie, esasperata, la prese per un braccio ed iniziò a trascinarla via. “Bernard, tu pensa ad André! Ci vediamo in chiesa tra un’ora!” I due uomini si guardarono increduli. Ma obbedirono. Evidentemente ora il comando era passato a Rosalie.

Rosalie portò Oscar a casa sua. Le preparò un bagno e intanto tirò fuori da un baule una serie di vestiti. “Ho lavorato come sarta presso un piccolo atelier.” spiegò mentre osservava con occhio critico alcuni abiti. Poi le si illuminò lo sguardo. “Eccolo!”

Oscar si era asciugata e si stava rivestendo. “Eccolo..?”

Rosalie le tolse di mano la camicia che stava per indossare. “Ecco il vostro vestito da sposa!” e così dicendo stese sul letto l’abito. Oscar lo osservò con occhio critico per qualche istante. Poi sorrise.

*

La piccola chiesa era in attesa. I soldati non riuscivano a star seduti sulle panche e camminavano e chiacchieravano e si guardavano senza capire cosa fare, cosa dire e cosa pensare. André, con una giacca scura, elegante ma semplice, parlava insieme a Bernard con il parroco, un uomo non molto alto ma di una certa imponenza, con barba e capelli bianchi come la neve ed un sorriso sincero. Credeva nella causa della rivoluzione e dopo il matrimonio avrebbe officiato un funerale collettivo per i cittadini caduti durante quella prima giornata di lotta. Ora si godeva il momento, al pensiero che avrebbe unito due persone che il vecchio stato delle cose aveva tenuto separate per tanti anni. La considerava quasi una vittoria personale.

Ma intanto era passata molto più di un’ora e la sposa ancora non si vedeva.

André non era preoccupato, ma certamente pensieroso.

Bernard credeva di aver capito il motivo del ritardo, ma taceva.

I soldati attendevano incuriositi.

E all’improvviso ecco Rosalie. Entrò trafelata e raggiante e raggiunse subito l’altare dal lato della sposa, facendo segno a tutti di prendere posto, e tutti le ubbidirono all’istante. Un generale mancato.

L’organista, sempre ad un cenno di Rosalie, attaccò a suonare la marcia nuziale.

E dalla porta comparve Oscar. Indossava un abito bianco avorio, semplice come la tunica di una dea greca, che le lasciava le braccia scoperte e che le scendeva morbido sul corpo. I capelli erano stati raccolti in una morbida treccia laterale che le poggiava sulla spalla sinistra e che era fermata da un nastro di raso color avorio. Sull’orecchio destro era stata sistemata una rosa bianca.

Sulle note della marcia nuziale Oscar attraversò la piccola navata, sino a raggiungere l’altare. Aveva affrontato il percorso a testa alta, con lo sguardo fisso in quello di André, ed ora erano uno di fronte all’altra.

Oscar gli porse la mano destra. André la prese e la racchiuse tra le sue mani.

“Perdonami se ti ho fatto attendere così tanto.”

“Ti avrei aspettato sino alla fine dei tempi.”

Monia Guredda

Sì, ho tralasciato tutto; la cecità di André, la malattia di Oscar, l’imminente Terrore e tutte le problematiche politiche e sociali. Però ogni tanto è bello pure sognare <3

 

 

Fine

Moonia (mail to: monia.guredda@gmail.com)