NOTE
DELL'AUTRICE: Questa fanfiction era stata pubblicata sul sito "La Leggenda di
Versailles" della mia cara amica Alex. Purtroppo, per problemi personali, ha
deciso di chiudere il sito e mi ha consigliato di pubblicare le mie fanfictions
sul mio sito. Vorrei approfittarne di questa sede per ringraziarla di aver
pubblicato in passato i miei lavori, nonché di essermi amica.
Un ringraziamento particolare per questa ff va a Monica\Windeyes che mi ha anche
consigliato il titolo, e un altro va a Mik che mi ha tenuto su il morale con le
chattate. Un grazie di cuore!
PAURE, SPERANZE... IL RITORNO
Parte Prima
Parigi, 1
luglio 1789
Il caldo afoso di quell’inizio di luglio appiccicava le divise blu alla pelle
dei soldati della guardia francese. Erano stanchi e non solo dei pesanti turni
davanti al palazzo dell'Assemblea in cui, da circa un mese, si discuteva del
destino che avrebbe attraversato il popolo francese… erano combattuti tra la
loro volontà di combattere contro quella monarchia che li opprimeva, che
sacrificava la loro vita per i piaceri di una corte che viveva nel lusso più
sfrenato e l’eseguire gli ordini che i superiori impartivano. In quei giorni,
però, il loro Comandante era ‘assente’, aveva la testa altrove, lontana dai
dispacci e dalle carte da firmare.
Oscar, la sera precedente, era andata dal medico di famiglia, il Dottor Larsonne.
Le sue parole erano state chiare: la sua paziente era gravemente malata e doveva
al più presto mettersi al riposo. Lei l’aveva immaginato dal sangue che le
usciva dalla bocca pallida ogni volta che tossiva. Non sapeva che fare: voleva
parlarne con qualcuno che la potesse aiutare, se fosse stato possibile, ma
preferiva che la situazione restasse com’era; avevano bisogno di lei,
specialmente in quel periodo di forti tensioni, e lei non poteva, non voleva
tirarsi indietro anche se forse era necessario…
Attraversando il vialetto di ciottoli del Palazzo Jarjayes si rese conto di
tutte le cose, anche quelle più piccole, che la circondavano. Chissà come
sarebbe stato non rivedere più la sua casa, i suoi affetti.
Portò César nelle scuderie ed entrò a casa. Tutto era così nuovo e allo stesso
tempo così familiare… adesso che guardava tutto con gli occhi di una donna che
aveva a malapena sei, forse sette mesi di vita.
Nanny le andò incontro.
“Buonasera cara Oscar, com’è andata oggi?”
“Bene Nanny, grazie”
“Oh! Piccola! Ma voi siete così, così pallida…” disse squadrandola in volto come
per cercare qualche traccia di ciò che la sua bambina aveva.
“State tranquilla Nanny, sto bene…”
Ma appena terminò la frase, cadde a terra svenuta.
Nanny chiamò subito Madame De Jarjayes e alcuni servitori che, di peso, la
portarono in camera sua.
“Dicevo io che avevate qualcosa Madamigella!” diceva Nanny, singhiozzando, con
un fazzoletto in mano e con gli occhi pieni di lacrime.
Le due donne erano al capezzale di Oscar, che intanto si era ripresa ma si
sentiva stanca, spossata.
L’indomani Nanny si recò in caserma, cosa che ormai faceva da tempo, per
rivedere suo nipote e per informarlo della salute della sua amica.
“Oh André! Sapessi cosa è successo ieri! Madamigella Oscar si è sentita male!”
“Cosa?!?”
“Si, sicuramente sarà stato il caldo afoso di questo periodo!”
“Ecco perché stamattina non è venuta…”
“Si André”
“Ascolta nonna, cercherò di ottenere una licenza per qualche giorno. Tu avvisa
Oscar che presto la raggiungerò”.
Nanny rimase un po’ stupita dalle parole del nipote, ma preferì annuire e non
dire niente.
“C’è proprio l’urgenza di far venire il Dottor Larsonne? Guardate madre, adesso
sto bene, non c’è neanche la necessità che io rimanga a letto… e poi, i miei
uomini…”
“Oscar, è inutile insistere: il dottore verrà qui e ti visiterà”
“Ma io non…”
Madame De Jarjayes uscì dalla stanza chiudendo la porta alla proprie spalle.
“E adesso che cosa faccio? Come farò a nascondere a tutti che sono malata se il
dottore verrà qui a visitarmi?”
Dopo circa un’ora Isabel aprì il portone del Palazzo. Accompagnò subito il
medico nella camera della sua signora dove erano riuniti Mme De Jarjayes, il
Generale, Nanny e qualche cameriera, tutti preoccupati.
“Scusate, vi pregherei di lasciare la stanza mentre che io visito Madamigella”
“Prego, fate pure” dissero allontanandosi lentamente.
Il dottore, con immensa meraviglia di Oscar, prese una sedia e si accomodò
vicino al letto.
“Madamigella..”
“Si?”
“Madamigella, perché non volete rivelare il motivo del vostro svenimento?”
“Vi prego di non dire niente. Non voglio che si preoccupino per me”
“Ma cosa dite! Avete ormai pochi mesi di vita e fate questi discorsi? Io … io
non vi capisco proprio…”
“Avete ragione, ma io non posso… il mio reggimento ha bisogno di me”
“Scusate Madamigella, ma è più importante la vostra vita o il vostro
reggimento?”
“…”
“Madamigella” disse facendosi più serio “le cose sono due: o dite a tutti che
avete la tisi oppure sarò costretto a parlare con loro…”
Oscar lo fulminò con gli occhi.
“Vedete, io vi conosco dalla vostra più tenera età e mi dispiace tutto ciò; ma
vedete, secondo me questa è la cosa migliore”.
Lo sguardo di Oscar, di fronte alle lacrime mal celate del medico, si addolcì.
“Va bene, farò come mi si chiede. Per favore, parlatene voi con gli altri…”
“Come volete voi”
La salutò e uscì dalla stanza.
“Allora dottore… come sta?” disse Nanny piangendo.
“Ehm… Madamigella Oscar non sta molto bene…”
“Che cosa vuole dire con questo?” aggiunse il Generale Jarjayes che intanto era
tornato da Versailles il più presto possibile quando aveva saputo la notizia
della figlia.
“Vedete, vostra figlia sta molto male… per il suo male purtroppo non possiamo
fare niente… sua figlia ha la tisi, Signor Generale, una malattia per la quale
fino ad ora non si è trovato nessun rimedio. Mi dispiace, ma ormai le rimane
molto poco da vivere, solamente sei o sette mesi al massimo”.
“Che… cosa…? Mia figlia… la tisi? No, non è possibile…”
“Purtroppo è così”
Nella stanza calò un silenzio funereo. In quel momento qualcuno bussò.
“André…” disse Nanny abbracciandolo e piangendo.
“Che c’è nonna? Dov’è Oscar?”
“Oscar… è… è in camera sua…”
André salì lo scalone, attraversò il corridoio finché non bussò alla porta della
camera di Oscar.
“Avanti!”
“Oscar… cosa… cosa ti è successo…? Stamattina la nonna mi ha detto che ieri ti
sei sentita male, e allora…”
“André…”
“Si?”
“Non ti ha detto niente il dottore?”
“No. Appena sono entrato sono subito venuto qui”
“Bene, allora dovrò dirtelo io”.
“Dirmi cosa?”
“André… ho… ho la tubercolosi”
“Cosa!?”
“Si André, sono malata, mi rimane poco tempo da vivere”
André, rimasto paralizzato per la sorpresa, non sapeva ne' cosa dire, ne' cosa
fare: sapeva solo che Oscar, il suo amore, stava morendo e che lui non avrebbe
potuto far niente per aiutarla, per cambiare quella situazione. No, non era
giusto! Non era affatto giusto! Eppure… eppure doveva fare qualcosa: ma cosa?
Si avvicinò al letto sul quale la donna era seduta e prese posto su una sedia lì
vicino, la prese per mano, dolcemente:
“Oscar…”
disse mentre lei guardava dall’altro lato: forse per celare qualche lacrima,
forse per l’emozione provata.
“Oscar, ricordati che io ti starò sempre vicino; ci sarò sempre se vorrai. Io…
starò con te, se me lo permetterai… mi prenderò cura di te”.
“Grazie André” disse lei dolce, sincera.
Si guardarono negli occhi.
“André! Oscar! E’ ora di cena” disse Nanny entrando in camera di Oscar.
“Va bene. Stiamo arrivando” disse Oscar.
“No Oscar, tu rimani qui”
“Ma…”
“Non preoccuparti Oscar, più tardi, se sarai ancora sveglia, ti farò un po’ di
compagnia”
“Va… bene…” disse lei arrossendo.
André uscì dalla stanza.
Oscar rimase seduta sul letto, rossa in volto. Ma che le stava succedendo da un
paio di mesi a questa parte? Si, aveva capito di essere innamorata del suo
migliore amico già da qualche tempo, ma non immaginava mai di potersi trovare in
imbarazzo in semplici situazioni come queste. E poi… passare la notte con un
uomo… ci rifletteva spesso ultimamente, più spesso di quando era innamorata di
Fersen, quando si chiedeva, un po’ curiosa e un po’ spaventata allo stesso
tempo, come sarebbe stato. Ma adesso si rendeva conto che era una cosa normale…
per un uomo e una donna che si amano; ma si agitava quando per caso ci pensava.
Però… però adesso stava morendo… e ormai non poteva, non doveva più chiudersi in
se stessa, proteggersi con la sua corazza di orgoglio come aveva fatto sempre.
Adesso doveva approfittare di tutto ciò che, in un modo o nell’altro, il destino
gli donava.
“André… chissà se tu…”
Chissà se tu mi ami ancora ? Ma certo Oscar… certo che ti ama… con tuo padre…
l’altro giorno… non ricordi cosa ha detto… “la donna che io amo”… e allora
Oscar, cosa aspetti? Cosa aspetti a prendere la palla in balzo?
Questi soliloqui erano ormai diventati frequenti, e non per una probabile
mancanza di sanità mentale - anche se Oscar ultimamente si sentiva molto diversa
da quella che comandava i Soldati della Guardia Reale - ma perché aveva bisogno
di consigli, di un qualche aiuto che la potesse guidare all’interno del suo
cuore, della sua femminilità repressa da anni.
Si distese sul letto. Le mani incrociate dietro la nuca.
“E adesso… che cosa succederà?”
Fine Parte Prima
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