LE PAROLE E IL SILENZIO

Parte Nona

 

“Entra, Oscar!” la voce perentoria del Generale rispose al suo bussare alla porta. Oscar entrò nello studio silenziosamente, trovandovi, come le aveva detto la governante, il Generale insieme al conte Girodel, accomodati di fronte al camino, entrambi a reggere bicchieri di liquido ambrato, il cui profumo la raggiunse e investì in modo pungente. Si avvicinò a loro con passo tranquillo, si fermò presso il camino e si rivolse direttamente a suo padre, come ignorando la presenza del conte “Desiderate parlarmi, padre?”.

Il Generale la fissò imperscrutabile “Certo, Oscar e non solo io …. Insieme al conte Girodel abbiamo discusso a lungo: conveniamo che sia tempo di organizzare un ricevimento e ufficializzare il nostro accordo. Il conte si è mostrato veramente molto generoso nei tuoi confronti e ha ritenuto giusto che tu fossi presente … perché potessi esprimere eventuali tue preferenze, o esigenze in merito.”

Oscar non batté ciglio, cercando di contenere il proprio sgomento.

“Madamigella Oscar” intervenne Girodel “sapete bene quanto tenga a voi … Credo che sia giunto il momento di allontanarvi dalla caserma e dalle frequentazioni inopportune, definitivamente. Ad ogni modo, desidero che questo fidanzamento ufficiale sia di vostro gusto …” .

Dopo l’iniziale smarrimento di fronte alle parole del padre, Oscar aveva tentò di recuperare il controllo di sé, cercando mentalmente il modo di guadagnare tempo … Aveva ascoltato Girodel, colta da un sottile senso di nausea ripetendo mentalmente quelle parole. Frequentazioni inopportune … fidanzamento ufficiale … e il fastidio era aumentato quando aveva realizzato come il fatto che le venisse chiesto un parere apparisse come un gesto di estrema generosità, una concessione di cui essere grata …

“Potreste decidere il luogo … o magari indicarmi se volete un ricevimento a tema …” riprese Girodel “Sarei felice di esaudire ogni vostro desiderio …”

Oscar portò una mano alla mensola del camino, reggendosi per non vacillare di fronte a quelle parole che nel suo cuore risuonavano come inaccettabili. Un luogo … un tema … per un ricevimento ufficiale …

Il fastidio crebbe, chiudendole la gola e bloccandole il respiro, fino a provocarle un primo attacco di tosse. Cercò di controllarsi, ma sentì il petto spezzarsi; si chinò leggermente, voltandosi per dare le spalle a suo padre e al conte, coprendosi le labbra con una mano mentre la tosse sembrava farsi ancora più insistente.

Strinse i pugni … no! Non ora … non ora che doveva lottare e difendere la sua vita … Non di fronte a loro …

Nuovi singulti, ancora colpi secchi al petto, una morsa feroce, e poi respiri rapidi, brucianti. Gli occhi umidi, la gola riarsa. Un tempo che non seppe valutare. Attimi o forse minuti … fino ad un apparente momento di calma.

Quando si voltò, debole, ancora sorretta al marmo del camino, aprì gli occhi lentamente, cercando di mettere a fuoco le figure sedute nelle poltrone che le stavano dinnanzi. Suo padre immobile, le mani strette nervosamente ai braccioli rivestiti di velluto, il volto pallido, lo sguardo smarrito; Girodel fermo a fissarla con il viso cereo, le labbra serrate e i pugni chiusi puntati sulle ginocchia.

Oscar diede un nuovo colpo di tosse, e poi un altro, deglutì a forza il sapore metallico che le invadeva la bocca, e guardò d’istinto la mano che aveva portato alle labbra, scorgendovi macchie rossastre. Recuperò il fiato … colta da vergogna per l’accaduto … e tornò allo sguardo del conte che ora appariva sbarrato, quasi inespressivo.

Fu in quell’istante che la stretta al petto, quella vergogna, quel timore che l’aveva colta per aver mostrato la propria debolezza, si tramutò in una nuova consapevolezza, un’idea, un barlume di speranza …

“Oscar … voi …” mormorò il conte in un fil di voce.

“Siete sorpreso, conte Girodel?” mormorò Oscar rivolta al conte, ancora immobile a fissarla “Non vi aspettavate questo, vero?” proseguì mostrando il palmo sporco di sangue nella direzione del conte.

Girodel scosse il capo con fastidio “La vostra vita è inadeguata … è chiaro che dovreste scegliere una esistenza differente, nell’agio, e compagnie adeguate come si compete a …”

“Compagnie come la vostra, Conte, mi eviterebbero questa malattia, forse?” insinuò Oscar, gli occhi stretti in due fessure.

“Voi non dovreste condividere le vostre giornate con gente del popolo … con disagi e privazioni. Io non avrei creduto che voi poteste giungere a …”

Oscar colse la provocazione e proseguì con rinnovato vigore “Non vi immaginavate una futura moglie malata di tisi, forse?”

“Oscar … ma cosa?...” dopo alcuni istanti di silenzio, nell’ascolto di quello scambio di battute, la voce incerta del Generale aveva interrotto le parole di Oscar “Tu sei malata?! Come è possibile? Perché non ne hai parlato? Perché nessuno sapeva …”

“Sono un soldato, padre … Volevo compiere il mio dovere, ad ogni costo … anche con una lettera di congedo per motivi di salute già firmata dal dottor Lassonne …” spiegò Oscar rivolta al Generale.

Il Generale colpito da quelle parole scosse piano il capo “Oscar … avresti dovuto parlarne … avremmo trovato una soluzione differente …”

Padre, la soluzione sarebbe allontanarmi da Parigi … vivere una vita tranquilla, lontano da quella che è la mia esistenza … lasciare tutto, il dovere … Questa è la soluzione proposta dal dottore. Ma non credo comunque che la vita della moglie potrebbe essermi di aiuto!”

“Oscar! Non esiste niente di più importante della tua vita!” il Generale si era sollevato dalla poltrona sovrastando Oscar e il conte Girodel, che era rimasto seduto, in ascolto silenzioso di quella conversazione tra padre e figlia, assorto nei propri pensieri; “Figlia mia … da quanto …”

“Padre … ne ho la certezza solo da pochi giorni … io non volevo che …”

“Pochi giorni …” ripeté il Generale, per poi rimanere un istante pensieroso e riprendere con impeto “Lascerai la Guardia domani stesso! E partirai al più presto per la tenuta in Normandia. Chiederò io stesso l’intervento del dottor Lassonne, perché ti possa seguire e provveda a te …”

Oscar rimase senza parole di fronte alla determinazione inaspettata del padre, che pareva davvero non aver più nessuna altra priorità che non fosse la sua salute e offrirle quella via di salvezza insperata. Arretrò un passo, sgranando gli occhi su quella figura austera e forte che ora appariva determinata solo a curarsi di lei, come mai prima aveva fatto. Accanto a sé scorse la figura di Girodel, ancora silenzioso, escluso da quello scambio privato.

“Generale Jarjayes io sono disposto comunque a …” insinuò il conte.

“Conte Girodel” gli rispose deciso il Generale “ non credo che sia il caso che voi interveniate ancora nella questione. Avete udito le parole di Oscar … Io ritengo che in questo momento lei debba avere ciò di cui sente il bisogno. Non intendo proseguire nel proposito di concedere mia figlia in sposa, viste le sue condizioni di salute!” proseguì con fare fermo “Oscar si ritirerà e avrà cura della sua salute. La questione è chiusa!”

Non aveva atteso oltre nello studio del Generale. Dopo quelle affermazioni perentorie, che la sollevavano da qualunque impegno suo padre avesse già preso con il Conte Girodel, Oscar si era sentita libera, sollevata, leggera, incredula. Era riuscita a esprimere con poche parole colme di emozione la sua gratitudine, e aveva trovato persino il modo di congedarsi frettolosamente da un Girodel sorpreso e incapace di qualunque reazione sensata … ma poi si era precipitata in camera sua, si era messa addosso una giacca in tutta fretta ed era corsa alla scuderia per preparare Cesar e partire a passo spedito alla volta della città, giungendo alla Caserma nel tardo pomeriggio.

Non si curò degli sguardi sorpresi del soldato di guardia al varco di accesso alla caserma che, vedendola giungere in tutta fretta nel suo giorno di riposo vestita in abiti civili, stentò a credere ai propri occhi e a riconosce il Comandante; si diresse sicura verso la scuderia smontando dalla sella solo ad un passo dal portone della stalla, e poi vi entrò decisa accompagnando Cesar al suo ricovero. Infine, giunta all’interno, nella penombra calda della scuderia, si fermò, arrestando la sua corsa e rimanendo immobile con lo sguardo puntato sulla figura che, china a pochi passi da lei, pareva indaffarata nella cura di Alexander.

“André …” mormorò piano, mentre lui si sollevava, sorpreso del suo arrivo in Caserma.

“Oscar ma …” mormorò preoccupato.

“André …” lo chiamò ancora lei con un filo di voce, e lui la fissava accogliendola con un sorriso delicato “Oh, André!” ripeté ancora Oscar, avvicinandosi a lui e giungendo fino a fermarsi proprio davanti al soldato, fino a sentir morire le parole in gola.

“Oscar … cosa ci fai qui? Cosa è accaduto? Tu dovresti essere …”

Non lo lasciò continuare, ma lo sorprese invece, muovendosi forse senza nemmeno pensarci, e affondando il suo viso nel petto di André, cingendo le braccia attorno alla sua vita, chiudendole sua sulla schiena “Sono libera … André …” mormorò sul suo petto, lei stessa incredula per quello che aveva fatto e per le parole pronunciate “Sono libera …” ripeté ancora, senza aggiungere altro.

André la sentì sussultare un poco, mosse le braccia fino alle spalle di Oscar trattenendola a sé, sorpreso quanto emozionato per quel gesto spontaneo e inconsueto, ma anche spiazzato da quelle parole “Oscar, cosa …?”

Oscar sollevò piano il capo, volgendo il viso a quello di André “La mia malattia … la mia maledetta malattia, la morsa che mi stringe il petto … mi ha reso libera da ogni accordo fatto da mio padre con Girodel …” si affrettò a spiegare, e lo sguardo di André si fece incredulo, ma evidentemente lucido. “Volevo dirtelo subito … non potevo aspettare! E’ tutto così assurdo … Mi avevano convocato per discutere i dettagli del fidanzamento … ma un attacco di tosse … Beh, mio padre ha capito … ed è stato perentorio! Vuole che io presenti il congedo domani stesso … che io parta per la Normandia al più presto … che venga curata …”

Una morsa strinse il cuore di André, e la presa sulla spalle di Oscar scivolò piano sulla sua schiena, in un abbraccio rinnovato, caldo e ricco di emozione “Oh Oscar io sono certo che starai bene … che vincerai anche la malattia … La Normandia è un luogo ideale, starai a riposo … e mi scriverai, vero? M scriverai spesso …”

Oscar tornò a osservare André, forzando piano il suo abbraccio e scuotendo un poco il capo “No, André … non ti scriverò per niente …” e poi rise un poco, di fronte allo sguardo perso e ferito di André. “Non ti scriverò, perché tu verrai con me …” riprese, e sorrise all’espressione quasi incredula che velò lo sguardo verde, “Tu … vorresti accompagnarmi? Tu forse …?”

“Oscar, davvero tu vorresti che io … ti … ti seguissi in Normandia?” chiese André titubante, staccandosi da lei e posandole il palmo sulla guancia in una carezza leggera.

Oscar rispose con un sorriso che diede un brivido ad André, mentre le mani affusolate raggiungevano le sue guance e i pollici gli accarezzavano gli zigomi “Oh André! Io non potrei desiderare nessun altro al mio fianco! Partiremo presto, lo ha deciso mio padre. Magari dopodomani, attenderemo giusto il tempo di prepararci … e così saremo noi, noi due soli, come da ragazzi … e ora, ora che io so che … che … che io ecco …” Oscar fermò quel fiume di parole che in un’onda confusa avevano espresso più di quanto avrebbe mai creduto di poter rivelare. Osservò ancora André, che era stato investito dal suo impeto e con gli occhi lucidi tratteneva e soffocava in sé emozioni troppo forti; lo vide mordersi le labbra, accennare un sorriso e socchiudere gli occhi … lo trovò di una dolcezza infinita e riconobbe in lui quella figura insostituibile e piena di attenzioni alla quale non avrebbe più potuto rinunciare. Si rese conto di aver ormai detto molto … e abbandonandosi alle proprie emozioni osò ciò che già una volta, aveva avuto il coraggio di fare. Rese più fermo il contatto delle sue mani sul volto di André, fissò lo sguardo sulle sue labbra e si sollevò un poco sulle punte dei piedi … facendosi più vicina a lui, fino a poggiare le labbra su quelle di André in un bacio morbido, quanto assolutamente deciso.

Fu un istante, un soffio appena, e la stretta delle braccia di André si fece decisa, forte e salda, mentre le labbra si separavano di poco, in uno scambio di sguardi, muta richiesta di conferma e sorriso condiviso in un sigillo di promesse; poi le labbra tornarono a cercarsi, a trovarsi, esigenti nell’esplosione silenziosa del desiderio di una vita. Le mani di Oscar scivolarono alla nuca di André, i polsi si incrociarono nel serrarlo ancora di più a sé, impedendogli di allontanarsi, se mai l’avesse voluto fare.

“ERA ORA!” la voce possente di Alain li strappò dal loro momento di estasi, riportandoli rapidamente alla scuderia della Caserma.

“Alain! Cosa ci fai tu qui?” chiese Oscar cercando di soffocare l’imbarazzo e voltandosi verso il soldato, alle spalle del quale un altro gruppetto di commilitoni faceva capolino, oltre l’ingresso della scuderia.

“Comandante … con tutto il rispetto, noi siamo in Caserma, al nostro posto, in servizio … Voi, invece, dovreste essere a riposo …” le ricordò Alain.

“Beh ecco …” balbettò Oscar cercando una risposta plausibile.

“Ma evidentemente avevate dimenticato qualcosa di importante qui in Caserma …” ironizzò Alain “Non vi preoccupate … ora leviamo il disturbo!” e così dicendo lo videro allontanarsi verso il cortile dispensando spintoni ai suoi compagni e sollevando commenti e risate che si spensero lontano.

Insieme rimasero per qualche istante in silenzio, in un inusuale imbarazzo; poi le braccia di André tornarono a cingere Oscar da dietro e lei si abbandonò rilassandosi sul petto del soldato, assaporando il gusto tutto nuovo di quel delicato e piacevole contatto.

Non avevano potuto restare in Caserma, per la notte. Oscar aveva fatto in modo di rientrare a Palazzo con André, rimediandogli un ultimo permesso e convocando Alain per anticipargli la ragione di quell’improvviso rientro in caserma: la malattia, la necessità di cure, l’imminente partenza. Spiegazioni che avevano reso buio lo sguardo del soldato, ma che poi avevano regalato anche spazio a qualche sorriso malizioso … e a energiche pacche sulle spalle di André.

Infine, Oscar e André avevano percorso la via di casa scambiandosi sguardi brillanti, che alla luce rossastra del tramonto assumevano una intensità ancora maggiore. Pur evitando nuove occasioni di contatto, entrambi avevano vivo sulle labbra il sapore e la consapevolezza di quanto fosse accaduto nella scuderia della Caserma … Oscar era parsa quasi intimidita, forse rendendosi conto di aver desiderato fortemente quel bacio, quella serie di baci e di abbracci che l’avevano stretta con passione crescente. Comprese quanto a lungo André avesse soffocato quell’istinto … si chiese per quanto lei stessa avesse giocato con i suoi sentimenti, ignorando volutamente i propri, allontanando da sé, più o meno consapevolmente, la possibilità di vivere davvero il loro legame.

Giunti a palazzo, avevano poi discusso a lungo sulla modalità migliore per organizzare la loro partenza: bagagli, carrozza, cavalli, provviste per il viaggio, che sarebbe stato affrontato con la dovuta calma, programmando più soste per non affaticare Oscar più del dovuto. Persino il Generale, chiamando Oscar nel suo studio dopo cena, aveva voluto partecipare in prima persona alla programmazione di quel viaggio e André si sorprese di come per il padre di Oscar risultasse tutto sommato ovvio che lui l’avrebbe seguita anche in questa occasione. Non aveva infatti mostrato nessuna sorpresa quando Oscar si era presentata nel suo studio privato accompagnata dal fedele amico … e anzi, lui stesso si era rivolto direttamente ad André perché durante il viaggio verificasse che tutto andasse per il meglio, perché Oscar non si affaticasse, perché decidesse per le dovute varianti al programma, qualora ve ne fosse necessità.

Solo ad un tratto, il Generale, fermo in piedi davanti a loro, mentre scrutavano una mappa decidendo dove fermarsi per la notte, aveva sollevato lo sguardo su Oscar e rivolto alla figlia una domanda inattesa.

“Oscar … tu hai provveduto per il congedo di André? Perché lui è un soldato … è arruolato e non può certo lasciare la Guardia senza una autorizzazione. Io posso rivolgermi al Generale Bouillé … ma questo comporterebbe certamente un ritardo per la partenza …”

Oscar, sorpresa a sua volta dall’intervento del Generale, aveva esitato, e allora André si era reso conto del fatto che fosse giunto il momento di intervenire. Pensò a quel foglio scritto fittamente, quello che il dottore aveva lasciato insieme agli altri, il giorno in cui lo aveva visitato al braccio, dopo i fatti di Saint Antoine, per poi preoccuparsi anche delle condizioni del suo occhio. Ricordò il sollievo provato nell’averlo trovato prima di chiunque altro, e l’istinto che aveva preso il sopravvento, portandolo a nascondere il congedo nel cassetto del suo scrittoio. Trasse un profondo respiro. “Generale … in realtà, non vi è alcuna necessità che voi intercediate per un mio congedo …” iniziò cauto, mentre padre e figlia gli rivolgevano sguardi sorpresi.

“André! Cosa intendi dire?” si intromise Oscar, preoccupata che forse lui non volesse davvero partire con lei, quasi incredula di fronte alle sue parole esitanti “Tu non intendi forse lasciare che io …”

“Oscar no …” la fermò André controllando l’istinto di prenderle la mano tra le sue “Il fatto è che io ho già una lettera di … di congedo …” chiarì poi.

“Cosa?!” si stupì lei, mentre il Generale drizzava la schiena sorpreso “E come può essere che io non ne sappia nulla?”

“Io … io non volevo lasciare il servizio, finché fossi rimasta a capo dei Soldati della Guardia … Si tratta del mio occhio, Oscar … Il dottor Lassonne mi aveva sconsigliato di rimanere in servizio e firmato un congedo … ma …”

Oscar rimase impietrita, realizzando il significato delle parole di André: lei non si era mai preoccupata del suo problema di vista che, evidentemente, non si era risolto in modo definitivo e, anzi, poteva renderlo inadatto alla vita di Caserma. Invece lui aveva scelto di restare, per non abbandonarla, per non separarsi da lei …

Fissò lo sguardo blu su di lui, avvertendo un disagio crescente, ma lo vide abbassare il suo, fuggire da ulteriori domande, forse addirittura cercando di celare quel moto dell’animo che avrebbe reso chiaro e lei, ma soprattutto al Generale lì presente, la portata di quella scelta e la sua motivazione profonda.

“Ragazzo, se le cose stanno in questo modo … non c’è nulla che ostacoli la vostra partenza” osservò pragmatico il Generale “Credo che possiate occuparvi senza altro indugio ai preparativi per il viaggio.”

Il cortile di Palazzo Jarjayes li accolse nella penombra della notte ormai scesa a coprire alberi e viali con il suo abbraccio silenzioso. Passeggiarono per alcun minuti in silenzio, ascoltando attenti il rumore stridente del ghiaietto mosso ad ogni passo, il frusciare leggero delle fronde che ondeggiavano alla brezza notturna, e lo scrosciare dell’acqua della fontana: assaporarono insieme il piacere di quei suoni famigliari, quella musica che li aveva accompagnati per anni nella loro vita a palazzo. Entrambi certi della necessità di allontanarsi da quel luogo e consapevoli dell’incertezza del viaggio che stavano per intraprendere.

Avanzavano uno accanto all’altra, le braccia lasciate morbide lungo il fianco, le maniche delle giacche a sfiorarsi in modo volutamente casuale, le dita a cercarsi in un muto e continuo dialogo nascosto.

Percorsero lentamente tutto il viale che conduceva alla scuderia, guadagnando il buio e riparandosi volutamente dalla vista di chiunque fosse a Palazzo.

“Non mi avevi detto nulla …” sussurrò piano Oscar “mi avevi tenuto nascosto che la tua vista …”

“Anche tu non mi hai confidato dei tuoi problemi di salute …” rispose di rimando, il tono pacato, libero da ogni intento accusatorio.

Oscar sorrise a labbra strette, annuendo “Hai ragione. In fondo nessuno di noi voleva ammettere che fosse necessario allontanarsi dalla nostra vita di sempre …. Sono stata una stupida. Guarda cosa ho combinato …, cosa ti ho fatto …” aggiunse sollevando una mano per accarezzare delicatamente il viso di André, andando a cercare la linea sottile della cicatrice celata sotto i capelli corvini.

Lui fermò la sua mano, stringendo il suo polso “Oscar, è la tua vita … da sempre. Non ha senso che tu ti senta in colpa: io ti avrei seguito comunque, lo sai. In cerca del cavaliere Nero, come in Caserma, o in Normandia … non ti avrei mai lasciato … e mai ti lascerò sola, se tu me lo permetterai …”.

Oscar gli di fece vicina, lo sguardo basso a risalire lento fino al suo viso “Ce la faremo, André? Tu credi che io …”

“Ce la farai, Oscar. Se lo vorrai, potrai farcela … se hai ancora motivi per cui lottare, ideali in cui credere, battaglie da combattere o … sogni da realizzare, ce la farai …”

Gli sorrise, ad un soffio dal suo viso, poggiando le mani sulle sue spalle e sorreggendosi a lui, poggiandosi un poco al suo corpo “Ce la farò, André … perché ho un motivo per cui lottare, un ideale in cui credere, una battaglia da combattere e un sogno da realizzare …” gli rispose sorridendo sulle sue labbra, e poi baciandolo delicatamente, cercandolo lieve e poi staccandosi un attimo da lui continuò sul suo bacio “Ce la farò, perché il mio motivo, il mio ideale, la mia battaglia e il mio sogno … tutto questo sei tu …” per poi sigillare le sue parole in un nuovo, denso e profondo cercarsi di labbra.

“Ti amo …”.

 

L’ultima sera a palazzo prima di lasciare i soldati della guardia, gli obblighi, i ritmi e i gesti di una vita; l’ultima sera a palazzo, prima di allontanarsi da tutto per cercare una vita nuova, vera, desiderata e colma di speranza; una vita da condividere davvero, in cui scrutare nella propria anima e dare spazio al proprio cuore, dove colmare i silenzi e trovare parole nuove, veramente insieme.

 

 

Fine 

Maddy (mail to
emmevi_1976@libero.it)