LE PAROLE E IL SILENZIO

Parte Quarta

 

André aveva passato il pomeriggio nella sua camera cercando di riposare, ma soprattutto riflettendo sugli ultimi due giorni. La visita del dottor Lassonne, con i dubbi sulla salute di Oscar, non avevano fatto altro che aggiungere tormento al suo animo. Aveva passato il pomeriggio a girarsi e rigirarsi sul letto, senza darsi pace, tanto che persino lo stare a riposo gli divenne insopportabile. Si alzò dal letto e si avvicinò alla finestra, nella speranza di vedere Oscar rientrare dalla Caserma e augurandosi che non tardasse oltre, visto che si stava avvicinando l’ora di cena. Restando in piedi a scrutare il vialetto che conduceva a palazzo, e strizzando gli occhi nel tentativo di mettere a fuoco anche le ombre più lontane, André cercò di sporgersi verso la vetrata e si appoggiò al suo scrittoio. Così facendo, percepì sotto la mano lo stropiccio dei fogli lasciati per lui dal medico. Incuriosito da tutto quel plico, li prese e si accomodò sulla sedia.

Lesse tutto quanto era stato scritto da Lassonne che, come suo solito, era stato preciso e puntuale nelle sue raccomandazioni. Arrivando all’ultimo foglio, André si irrigidì e, dopo un attimo di tentennamento, si affrettò a separarlo dagli altri per poi infilarlo nel cassetto dello scrittoio, che chiuse con un unico secco movimento. Alzò lo sguardo al soffitto, con un sospiro profondo.

- Grazie al cielo,  l’ho visto prima che lo trovasse Oscar … no, non l’avrebbe abbandonata. Mai! -

 

In sella a Cesar, Oscar partì al galoppo con l’unico desiderio di raggiungere il più rapidamente possibile Palazzo Jarjayes, spronandolo continuamente; sentiva in sé una incontrollabile agitazione e cavalcava quasi senza rendersi nemmeno conto di ciò che la circondava. Correva con una unica immagine davanti agli occhi: l’André visto in sogno, dolorante sul selciato, che si allontanava da lei inesorabilmente, mentre la sua voce che la chiamava si faceva via via inudibile. Doveva vederlo, ne sentiva il bisogno; doveva essere certa che lui stesse bene. Non pensava ad altro.

Poi un nuovo dubbio: di fronte a lui, dopo quello che era accaduto la notte precedente, come si sarebbe comportata? La mattina aveva avuto modo di osservarlo al suo risveglio, deliziarsi del suo bel volto e del suo profumo di uomo; addirittura aveva dovuto lottare contro la sua stessa volontà per liberarsi dal suo abbraccio e sollevarsi dal suo corpo sul quale aveva riposato durante la notte, ed era riuscita anche a dare sfogo al suo incontrollabile desiderio di posare le sue labbra su quelle di André prima di lasciare la sua stanza. Però tutto questo era accaduto mentre lui dormiva … Come avrebbe gestito le sue emozioni e il suo desiderio di sentire il contatto con il suo corpo, adesso che lo avrebbe avuto di fronte a sé i suoi occhi di smeraldo? Davvero era pronta per affrontarlo apertamente? Per tutto il tempo passato insieme la notte precedente, si rese conto che André non aveva detto una parola, se non tranquillizzarla quando lei aveva temuto di averlo infastidito scostandogli i capelli dal collo. Un brivido la colse al ricordo di quel momento così intimo: lui aveva avuto un fremito, lo aveva sentito distintamente mentre le sue dita lo sfioravano … Ma oggi con che coraggio lo avrebbe guardato negli occhi, dopo essersi lasciata trasportare dalle emozioni di fronte a lui, come era accaduto proprio sul suo letto? E lui? Cosa pensava di quella notte? Come poteva essere certa che anche André avesse vissuto con il suo stesso turbamento la loro vicinanza? Lui l’aveva accolta con il suo sguardo limpido e trasparente … come sempre. Ma cosa pensava realmente di quello che era accaduto, e di lei? Certo, tempo addietro le aveva confessato di amarla … ma il suo amore poteva aver resistito al tempo, alla durezza con cui lei lo aveva trattato, alla sua infatuazione per il conte di Fersen? E, in fondo, lei cosa provava davvero per André, adesso? L’unica conclusione che si concesse di accettare era questa: lei aveva bisogno di lui.

Con questi pensieri nel cuore, Oscar raggiunse Palazzo Jarjayes, fermandosi alla scuderia e lasciando Cesar alle cure di Philippe, un ragazzo sempre sorridente, gentile e di poche parole che lavorava alle scuderie della famiglia Jarjayes. Si era diretta verso il palazzo, vi aveva rivolto uno sguardo speranzoso e dopo un respiro profondo, con passo incerto ne aveva varcato l’ingresso. Non si era certamente accorta della figura che, ancora di fronte alla finestra di una camera, si era sollevato dalla sedia del suo scrittoio per osservarla meglio, al suo arrivo a casa.

 

Quante volte, rincasando, aveva passato a rassegna lo sfarzoso atrio del palazzo sperando che lui fosse lì da qualche parte, subito davanti ai suoi occhi? Anche adesso, mentre lei restava immobile sull’ingresso come pietrificata, il suo sguardo aveva percorso rapidamente la sfarzosa scalinata e il parapetto della balconata dell’atrio superiore, per poi passare a rassegna tutte le porte che si aprivano sull’ambiente e infine scrutare la prospettiva del corridoio a destra, finché la sua vista poteva insinuarsi in esso; i suoi occhi avevano cercato la sua sagoma, aveva sperato di sentire subito la sua voce calda accoglierla … Non c’era nessuno; regnava il silenzio più assoluto. Dato l’orario, probabilmente erano già tutti impegnati con la preparazione della cena; “meglio così” pensò tra sé e sé, dirigendosi direttamente verso la camera di André, nella speranza di trovarlo ancora lì e di non essere vista mentre ci si recava.

Oscar si fermò un istante davanti alla porta della camera, titubante. Respirò profondamente; poi alzò una mano per bussare e in quel preciso istante vide la porta aprirsi.

“Oscar, sei tornata, finalmente! Dimmi, come ti senti?”

Oscar era rimasta impalata, il respiro interrotto, gli occhi spalancati per l’inatteso comparire davanti a sé dell’amico di sempre, che in quel momento le sembrava ancora più bello di quanto lo ricordasse; André era lì fermo ad aspettare una sua risposta, la porta aperta e la maniglia ancora in mano, il suo sorriso accogliente, lo sguardo limpido e un po’ sorpreso per averla trovata già lì di fronte, nonostante fosse appena arrivata a palazzo. Vedendola in difficoltà, arretrò un passo e con un gesto la invitò ad entrare nella stanza.

Il tumulto interiore che l’aveva turbata durante la corsa del rientro a palazzo non si era ancora placato e il trovarsi lì di fronte ad André, ora, non l’aiutava certo a riprendere il controllo di sé. Non sapeva nemmeno esattamente come giustificargli la sua presenza lì … Lui si accorse del disagio della donna e cercò di darle modo di riprendersi “Oscar, devo ringraziarti per aver mandato per me il dottor Lassonne. Comunque, mi ha detto che ero già stato medicato egregiamente …”

Lei sentendo la sua voce sembrò ridestarsi e osservandolo meglio portò una mano sul braccio fasciato “Oh, André…”.

“Non preoccuparti: il dottore l’ha immobilizzato per rendere più rapido il recupero, ma non è nulla di grave. Presto tornerò quello di prima, al tuo fianco – e poi aggiunse, piegando di lato il capo e inarcando le sopracciglia - come sempre.” Oscar non aveva risposto alle sue parole, ma aveva alzato lo sguardo verso quello di lui, che proseguì con voce pacata “… ti ringrazio infinitamente per tutto quello che hai fatto per me … e anche per essere rimasta qui questa notte …”  e il tono con cui aveva pronunciato queste parole diede un brivido ad Oscar, che ormai si sentiva incapace di compiere un qualunque gesto sensato. André in cuor suo avrebbe voluto accennare al timido bacio della mattina … Ma chissà! Magari Oscar se ne era già pentita … Forse aveva esagerato nel parlare della notte passata insieme?

“Scusami, André, questa mattina me ne sono andata e non ti ho chiesto come ti sentissi … non ti ho nemmeno salutato … ma non volevo svegliarti …” Finalmente era riuscita a dirgli qualcosa, ma la sua voce era tremante, insicura, ben diversa dalla voce del militare …

“Beh, invece io sono certo che tu mi abbia salutato, a modo tuo…” non andò oltre, perché vide Oscar arrossire violentemente, incapace di togliere gli occhi dai suoi nonostante l’imbarazzo. Lei si chiedeva se lui si stesse riferendo al suo bacio e non sapeva se augurarsi che fosse così o meno … ma no! Era certa che lui dormisse … no, non poteva riferirsi a quello …

Restarono così, per un tempo che ad entrambi sembrò infinito, a specchiarsi l’uno nello sguardo dell’altra, sospesi tra il ricordo e il desiderio del contatto vissuto quella notte, e il timore di compiere un qualunque gesto di troppo, che potesse ferire o turbare l’altro.

Oscar, con la coda dell’occhio, vide André muovere quasi impercettibilmente il braccio libero, scostandolo dal fianco come ad allargarlo in un gesto accogliente … e allora non riuscì più a resistere. Sciogliendo il suo corpo dalla morsa dell’incertezza e del timore che fino ad allora l’avevano trattenuta, ma anche dal rigore che si era imposta, Oscar si lasciò andare in un abbraccio che inizialmente fu timido, ma che poi si fece energico e liberò entrambi da ogni timore. André la circondò con il suo braccio, la sentì stringersi al suo petto e percepì il suo viso nell’incavo del collo; istintivamente chinò il capo appoggiando la sua guancia sui capelli biondi di Oscar e inspirò profondamente, godendo del suo profumo. Entrambi tremavano, emozionati … e in quell’abbraccio ritrovarono le vibrazioni della notte e compresero di aver ricostituito la sintonia dell’infanzia e ricucito i numerosi strappi che negli anni aveva subìto il loro legame. I loro occhi erano divenuti lucidi, il respiro irregolare … Nella mente di Oscar passavano una dopo l’altra le immagini delle innumerevoli occasioni in cui lei era stata fredda con lui, di quando l’aveva ignorato alla presenza di Fersen, di quando l’aveva allontanato in malo modo da sé … le sue colpe erano infinite, mentre lui aveva avuto la forza di rimanere sempre al suo fianco, accettando i suoi capricci e adeguandosi al suo volere, nonostante tutto … e adesso era ancora così dolce, nei suoi confronti … comprensivo e accogliente.

“Oh André, ho avuto così tanta paura … per te … Io  ho temuto di perderti… di perdere il mio André …”

Quelle parole arrivarono al cuore dell’uomo come un balsamo, una cura inattesa per le ferite che il suo animo aveva sopportato  in tanti anni di amore silenzioso e soffocato … Oscar era lì, tremante tra le sue braccia e gli stava comunicando in poche, semplici e istintive parole quanto tenesse a lui … Forse, davvero, la sua Oscar poteva provare qualcosa per lui, ora? Forse il timido bacio della mattina… ? I suoi sentimenti avevano davvero potuto prendere forma? E lei forse si stava aprendo a questi sentimenti?

“André! André! Vieni! La cena è quasi pronta!!” Le urla della nonna dal corridoio, fecero sobbalzare i due, che sciolsero d’istinto il loro abbraccio: non era proprio il caso che lei li trovasse così … Nanny comparve sulla porta della camera, che era rimasta aperta così come doveva restare sempre in presenza di entrambi, e li trovò in piedi, uno di fronte all’altro, in evidente stato di imbarazzo e con gli occhi lucidi. “Madamigella?! Cosa ci fate voi qui dentro, benedetta ragazza? Quando siete rientrata?” e poi, osservandola da capo a piedi continuò “E guardate in che condizioni siete ancora! Venite, prima di cena vi serve un bagno caldo … ve lo faccio preparare subito!” Assottigliando lo sguardo la nonna non poté fare a meno di notare che la camicia bianca di André sembrava ora un po’ impolverata, proprio come l’uniforme di Oscar … “E tu, André, non stare lì impalato. Scendi immediatamente in cucina per la cena!”

“Nonna, io vorrei cenare con voi. Magari il bagno posso farlo dopo …” iniziò timidamente Oscar.

“Non potete cenare in queste condizioni, cara …” la rimproverò con tono più dolce, ma comunque fermo.

“Ma io preferirei evitare di cenare in salone, visto che mio padre è lontano e cenerei sola …”

“Non se ne parla nemmeno! Salite in camera vostra, il bagno sarà pronto a breve. E la cena in cucina sarà servita tra poco.” la nonna sembrava irremovibile.

Allora intervenne André con il suo tono accomodante “Nonna, prepara il bagno a Oscar. Se non vuole cenare in salone, la aspetterò io; quando poi  sarà pronta, ceneremo insieme in cucina, come vuole lei …”

Nanny sapeva che le sarebbe stato impossibile averla vinta su André … conosceva quei due ragazzi da sempre e le era chiaro quanto piacesse ad entrambi condividere il più possibile il loro tempo, anche se lei non aveva mai visto di buon occhio il fatto che i loro rapporti fossero così stretti; anzi, in genere faceva di tutto perche non esagerassero. Tuttavia, ora poteva comprendere che dopo l’incidente della carrozza avessero desiderio di parlarsi. Con un sorriso e un sospiro, prese la mano di Oscar per condurla via dalla stanza del nipote e accompagnala nella sua …, mentre André le osservava soddisfatto, godendosi la sua vittoria.

 

Con le braccia strette attorno alle gambe e il mento appoggiato alle ginocchia, Oscar osservava la sua immagine riflessa sulla superficie dell’acqua nella vasca: i capelli bagnati ricadevano ai lati del suo viso con ricci disordinati, appoggiandosi sulle spalle; sul suo viso pallido e magro gli occhi sembravano enormi; la linea sottile delle labbra aveva un’ombra di perenne tristezza. “Eccoti, Oscar Françoise!”  Un nome maschile e uno femminile. Quella era la sua immagine e quello il suo nome; tutti la chiamavano Oscar e nessuno ricordava il suo nome di donna; tutti la trattavano da uomo e nessuno la vedeva come una donna. Nessuno, tranne lui; l’unico che l’aveva sempre accompagnata nell’affrontare imprese da uomo in cui era riuscita anche meglio di un uomo, pur continuando a vederla come una donna; lui, l’unico a saper andare oltre le apparenze. Tempo addietro, lui le aveva rivelato il suo amore e quale ardore lei accendesse nel suo animo e nel suo corpo, ma per lei era stato quasi impossibile da credere, da accettare. Allora, si era sorpresa nello scoprire che André la considerasse davvero una donna  e potesse desiderarla come un uomo desidera una donna, mentre lei stessa faticava a riconoscersi tale. Inspirando venne invasa dal profumo dei sali alla lavanda, l’unica nota davvero femminile che le sembrava di riconoscere in quel momento su di sé. Eppure, tra le sue braccia Oscar si era sentita stranamente al posto giusto, la notte così come poco prima, nella sua camera; per non parlare dell’attrazione irresistibile che aveva provato per le sue labbra. E ora sentiva già imperioso il desiderio di rivederlo … il suo André. Definirlo così spontaneamente suo la disorientava non poco; eppure percepiva chiaramente nel proprio animo il bisogno di sentirlo proprio così, suo e non condivisibile con nessun altro. Anzi, con nessun altra. Il gelo che la colse al pensiero che André potesse comportarsi con qualcun'altra, così come faceva con lei, la colse impreparata, ma non ebbe difficoltà ad ammettere che quella era gelosia … Ma quella sgradevole sensazione ora era anche dovuta all’acqua fredda, constatò. Il bagno caldo preparato per lei da Nanny, ormai aveva perso il suo iniziale tepore: era decisamente ora di scendere, anche perché qualcuno l’aspettava per la cena.

 

Finalmente rigenerata dal bagno e dall’aver indossato vestiti puliti, Oscar si sentiva rinata ed era scesa per consumare la cena con André; entrando in cucina aveva immediatamente notato che la tavola era apparecchiata per tre persone e questo particolare, dovette ammettere, l’aveva un po’ delusa. Avevano, quindi, consumato la cena al tavolo della cucina, che poteva ospitare non più di sei commensali, e loro si erano accomodati uno di fronte all’altra sui lati lunghi, come facevano sempre quando cenavano lì, lasciando la nonna a capo tavola; in quella posizione, entrambi si erano costantemente sentiti osservati dall’occhio attento e intransigente di Nanny e quindi si erano trattenuti dall’indugiare troppo con lo sguardo sull’altro, come invece avrebbero voluto potersi permettere di fare. Inoltre, considerata la presenza della nonna, Oscar e André avevano accuratamente evitato di discutere dell’aggressione della notte precedente, limitandosi a toccare argomenti in cui anche la nonna potesse sentirsi a suo agio.

Ad ogni modo, Oscar aveva trovato un po’ di pace nella compagnia di André e della nonna, e si era sentita libera e felice di godersi l’atmosfera calda e distesa che caratterizzava le cene che le riusciva di consumare insieme a loro, lontano dall’etichetta e dalla freddezza della tavola del salone di palazzo Jarjayes, perché lì, in quella cucina, lei poteva essere se stessa.

André l’aveva vista rilassata, ma nonostante tutto, il pensiero di quanto il dottore gli aveva comunicato durante la sua visita non lo lasciava in pace: in effetti Oscar appariva comunque molto pallida e in realtà, aveva controllato, lei mangiava pochissimo …

 

Quando Oscar, dopo cena, si ritirò di nuovo in camera sua, André sapendo di non potersi stappare da solo una bottiglia, perché gli era impossibile fare forza con il braccio destro e anche riuscirci con il solo sinistro, si versò del vino da una bottiglia aperta lasciata in cucina e si diresse, con il solo calice in mano, al salotto del piano terra, per rilassarsi di fronte al camino. Benché fosse già la fine di aprile, la serata era fresca e le fiamme che danzavano sui ciocchi gli risultavano davvero piacevoli. Posò il calice sul tavolino, osservò per un istante le due poltrone dove sedevano di solito lui e Oscar, e poi decise di optare per il divanetto, abbandonandosi ad esso con un profondo respiro e gli occhi chiusi, appoggiando il gomito del braccio sano sullo schienale e quello fasciato sul bracciolo alla sua destra. Distese le gambe davanti a sé; l’atmosfera era così rilassante e distesa che poteva ancora percepire il contatto con il corpo di Oscar appoggiato al suo petto e il profumo dei suoi capelli; rivedeva il suo sguardo fisso nel proprio e riudiva le sue parole dolci e preoccupate e il suo imbarazzo quando aveva accennato al bacio; non riusciva a pensare ad altro. Dopo la notte con lei, la visita al suo ritorno … Oscar era davvero cambiata così tanto? Ma fino a che punto? Prese il calice per concedersi un primo sorso di vino.

“Immaginavo che ti avrei trovato qui, André.” la sua voce armoniosa lo richiamò alla realtà e quasi gli fece andare di traverso il vino che aveva appena assaggiato. André rimise il calice al suo posto, cercando di riprendere fiato, poi le rispose tossicchiando “E io … speravo che saresti passata di qui, Oscar”.

Lei ignorò le loro consuete poltrone e si accomodò sul divanetto accanto ad André, fissando lo sguardo sulla fiamma e accavallando le gambe. Rimasero entrambi fermi, rapiti dal piacere della presenza dell’altro, il silenzio interrotto solo dallo scoppiettio proveniente dal camino. Lei reclinando indietro leggermente il capo, si appoggiò al gomito di André, quasi cercando un nuovo, timido contatto. Lui non si mosse, compiaciuto di quel gesto.

“Com’è stato, oggi, alla Caserma?”

Oscar sorrise “Al mio arrivo Alain non ha resistito all’istinto di precipitarsi a raccogliere informazioni … Sai, l’ho visto sinceramente preoccupato per te …”

“Non eri sfinita, dopo la notte che hai passato?” Non era certo di Alain che André voleva avere notizie …

“Ti garantisco che sono riuscita riposare, questa notte – gli rispose fissando gli occhi nel suo sguardo e riconoscendovi un lampo di soddisfazione;  poi, abbassando la voce aggiunse – ma la verità è che mi sono appisolata anche nel mio ufficio …”

“Comandante!!” la redarguì André con tono canzonatorio e anche lei non poté fare a meno di ridere al pensiero di quello che aveva fatto. Lui era visibilmente sorpreso: da Oscar non si sarebbe mai aspettato una leggerezza simile … ma evidentemente quella per lei era stata una giornata davvero fuori dal normale.

Ripensando al pomeriggio nel suo ufficio, Oscar si fece seria: l’immagine del sogno la disturbava profondamente e il suo comportamento in presenza di Alain, il mostrarsi così fragile e fuori controllo l’aveva messa a disagio. Ad André non sfuggì il suo cambiamento.

“Oscar, c’è qualcosa che non va, vero?”

“No, niente …” gli rispose titubante.

“Oscar …” la riprese lui restando in attesa con un sopracciglio alzato, sapendo che non si sbagliava.

Oscar rimase in silenzio.

“Oscar …” la incalzò di nuovo, sollevando ulteriormente il sopracciglio.

Lei sapeva di non riuscire a nascondergli nulla e si arrese di fronte al suo sguardo indagatore. “Un sogno, André, un sogno ha disturbato il mio sonno. – lo vide socchiudere gli occhi restando in ascolto – Uno di quei sogni che sembrano voler insinuare un dubbio, o farti capire qualcosa … Mi ha inquietato. Ma … ”

“Ma? …”

Silenzio.

“Ma preferisci non parlarne adesso, vero?” . Ecco, lui era arrivato al punto, come sempre. Le sorrise, comprensivo e vedendola in difficoltà le chiese “Vuoi un po’ di vino?”

Lei annuì e senza attendere nemmeno un istante si mosse a prendere il calice che lui aveva lasciato sul tavolino; Oscar aveva ancora il calice a mezz’aria quando lui la fermò “Veramente quello era il mio … aspetta, vado in cucina a prendere un altro calice …” e si mosse per sollevarsi da seduto.

La mano di Oscar si alzò per posarsi sul suo petto impedendogli di alzarsi e lui restò al suo posto, sorpreso; con un’alzata di spalle Oscar si portò il calice alle labbra per assaporare il vino. “Lo so. Non ti preoccupare, non te lo finisco. – poi, stringendo le labbra mentre deglutiva, mise a posto il calice  e continuò – Davvero niente male!”

André senza parole, deglutì a vuoto di fronte al gesto di Oscar, così semplice, ma anche intimo e, ai suoi occhi, inconsapevolmente sensuale. Sentiva di essere in difficoltà di fronte a lei, che sembrava così diversa dal solito … E ora desiderava bere di nuovo da quel calice, posare le labbra dove Oscar aveva appoggiato le sue … non riuscì ad impedirselo. Tolse il gomito dallo schienale del divanetto, prese il bicchiere e finì il vino che Oscar gli aveva lasciato, gustandolo e trovandolo buono e dolce come nettare; poi posò di nuovo il bicchiere e riportò il braccio sullo schienale, distendendolo dietro le spalle di Oscar. Lei aveva seguito i suoi movimenti con lo sguardo e ora, con un timido sorriso, gli si era avvicinata, restando in quell’abbraccio accennato e appoggiando il capo sulla spalla di André; lei chiuse gli occhi e si abbandonò alla sensazione di piacevole calore che le offriva il suo sostegno, il suo timido abbraccio. Lui reclinò il capo all’indietro, godendo del suo contatto. Avrebbe voluto restare lì, immobile, tutta la notte.

Fu in quel momento di piacevole vicinanza che la sentì irrigidirsi; André si mosse per guardarla e capire cosa le stesse accadendo: la vide trattenere il respiro e poi sbarrare gli occhi. La sentì iniziare a tossire, prima in modo soffocato e poi con violenza, quasi il suo petto venisse spezzato dai colpi; la vide portarsi una mano alla bocca, mentre i colpi di tosse continuavano a lacerarla, finché non si calmò un poco, in un ultimo rantolo. Lei alzò gli occhi a guardarlo e lui lesse nel suo sguardo dolore e disperazione, paura e vergogna … André le guardò la mano che si era portata alla bocca, vi scorse una macchia vermiglia e si sentì gelare il sangue nelle vene. Oscar si allontanò da lui con uno scatto, spostandosi fino all’estremità opposta del divano e restando immobile, con gli occhi sbarrati, dandogli le spalle e tenendo la mano sporca di sangue nascosta, chiusa a pugno.

André la guardò con amore infinito e d’istinto le si avvicinò, strinse a sé Oscar in un abbraccio protettivo, sentendo che lei iniziava a singhiozzare con la schiena contro il suo petto. Nella mente di André tornarono vive le parole pronunciate nel pomeriggio dal dottore, i dubbi sulla salute di Oscar … il medico aveva ragione dunque! Oscar non stava bene … ma quella tosse improvvisa, e poi il sangue …  André si guardava attorno, come cercando una risposta ai suoi dubbi, anche se un’unica idea si imponeva nella sua mente; un’idea odiosa, che non gli risultava accettabile … ne aveva sentito parlare, ne sapeva qualcosa … quel sangue era inequivocabile … ma non osava formulare quella parola terribile nemmeno mentalmente.  Probabilmente anche Oscar aveva intuito cosa le stesse accadendo e lui cercò di tranquillizzarla mormorandole “Oscar, non aver paura …”. I singhiozzi continuavano contro il suo petto. “Domani ti accompagnerò dal dottore … lui stesso mi aveva chiesto di tornare da lui per un controllo al mio braccio, e così ti farai visitare anche tu …”

“Farmi visitare, André? Per cosa, poi?”

“Tu … la tosse … da quanto tempo …?”

“La tosse, … e anche la stanchezza, la febbre … ormai è un po’ di tempo …” André sentì il cuore fermarsi, sentendo che lei accusava vari sintomi già da qualche tempo e intuendo che le distanze che li separavano da quando erano nella Guardia Permanente le avevano permesso di nascondersi a lui. Trovò il coraggio di confortarla, sebbene sentisse lui stesso un dolore lacerante al petto.

“Sentiremo il dottor Lassonne, prima di arrivare a conclusioni affrettate. E faremo quello che ci dirà”.

“André, sappiamo entrambi che questa tosse …”

“Oscar, qualunque cosa sia, non temere … non sarai sola … mai … Faremo il possibile. Tutto, insieme.” a quelle parole, Oscar non ebbe il coraggio di opporre resistenza … lui, lui sarebbe stato con lei, al suo fianco, sempre e comunque … “Tu, permettimelo, Oscar … ti prego … e io sarò con te.” Lei alzò il capo e si voltò verso Andrè rimanendo nel suo abbraccio. Lui continuò “Ti ricordi come facevamo con i temporali?” e lei sorrise, perché ricordava quei momenti con grande emozione “Ecco, resteremo insieme, finché non sarà passato …” . Le sue parole e il suo tono caldo avevano il potere di cullarla …

Rimasero così, stretti in un abbraccio infinito, senza il coraggio di guardarsi negli occhi, forse per non dover scorgere nello sguardo dell’altro il terrore per quello che avrebbero dovuto affrontare, con l’unico tenue sollievo del fatto che lo avrebbero fatto insieme.

 

“Oscar, è meglio che ora tu vada a dormire. Sei provata, forse hai anche un po’ di febbre … e domani devi tornare in Caserma …” le aveva parlato portando la mano sulla sua fronte e contemporaneamente  aveva rivolto lo sguardo verso l’orologio a pendolo del salottino: era quasi mezzanotte …

Lei si staccò leggermente da lui annuendo “Mi accompagni di sopra?” . Oscar era turbata, perché ora André sapeva del suo stato di salute, ma non riusciva ad avere vergogna di fronte a lui; forse, anzi, si sentiva addirittura sollevata dal fatto di non dovergli più nascondere nulla. E sapeva anche che non sarebbe più stato possibile ignorare quello che le stava accadendo, perché sapeva che lui non glielo avrebbe permesso. E poi c’era quel legame tra di loro, così naturale e, per lei, così diverso …

“Certo. Come vuoi tu, Oscar  …”

Lasciarono il salottino, salirono la sontuosa scalinata dell’atrio e raggiunsero la camera di Oscar; nessuno dei due osò parlare; Oscar teneva lo sguardo basso e avanzava lentamente, mentre André le si muoveva accanto, rispettoso del suo silenzio, protettivo nei confronti suoi e della sua timida chiusura.

Giunta alla porta della sua camera, Oscar si voltò appoggiandocisi con le spalle, mentre André si era fermato ad un passo da lei. “André …” la voce le tremava.

“Sì?” lui le si avvicinò e si fermò proprio di fronte a lei, che alzò lo sguardo fino ai suoi occhi. Lui, con la sua statura, la sovrastava e Oscar non si era mai sentita così piccola e debole di fronte ad André, come si sentiva in quel momento, quasi schiacciata dal peso del suo segreto ora condiviso con l’amico. Lui aspettava paziente che lei continuasse.

Lei portò le mani sul suo petto e ci appoggiò la fronte; lui la sentiva tremante … e a sua volta faticava a trattenere l’emozione che stava accelerando i battiti del suo cuore, si mosse lentamente e portò la sua mano sinistra sul braccio di Oscar, con un gesto rassicurante.

“André, … promettimi … promettimi che non mi lascerai sola … Io, … io non so ancora se voglio affrontare tutto questo … ma sicuramente non voglio affrontarlo da sola. Non potrei farlo, da sola. Non sarei in grado di farlo, non senza di te …”

Lui piegò il capo appoggiando una guancia sui suoi capelli biondi, non osando farlo con le labbra, e la tranquillizzò dolcemente “Certo. Te lo prometto, Oscar. Te lo prometto: io ci sarò sempre, accanto a te. Fidati di me, ti prego.” Poi sentì che Oscar si muoveva dal suo petto e così anche lui arretrò leggermente. La vide aprire silenziosa la porta e scomparire dietro di essa, a capo chino; André comprese che se lei avesse alzato gli occhi, li avrebbe visti lucidi e gonfi di lacrime …

Lasciò che lei chiudesse la porta alle sue spalle. Poi si appoggiò ad essa con le spalle, come poco prima aveva fatto Oscar e lasciò che anche le sue lacrime, fino ad allora trattenute, potessero scorrere liberamente.

“Te lo prometto, Oscar: io ci sarò sempre, accanto a te” ripeteva ora lui con un sussurro “non sarei in grado di fare altrimenti, amore mio …, nemmeno se tu me lo chiedessi”.

 

 

 

Continua...

 

Fine Quarta Parte

Maddy (mail to emmevi_1976@libero.it)