ORIZZONTI

 

A Simona, amica, sorella, prima lettrice ed implacabile critica.

 

CAPITOLO 1 : Rivelazioni

Non l’aveva sentita entrare.

Nonostante il suo udito negli ultimi tempi fosse diventato davvero notevole non era riuscito a captare i passi di lei fuori dalla sua porta, né aveva avvertito il ruotare della maniglia.

Aveva però sentito lo scatto della chiave nella serratura e, contemporaneamente il suono di qualcosa che vi si appoggiava, con un leggero strofinio di stoffa su legno.

Andrè era seduto nella cornice della finestra e fissava intensamente il tramonto senza vederlo, non per colpa dell’occhio, ma perché in quel cielo color sangue vedeva un volto. Sempre lo stesso. Da 27 anni. Un altro uomo si sarebbe semplicemente arreso, stanco di un’attesa infinita, senza speranza, stanco delle umiliazioni a cui lei lo sottoponeva, consciamente o inconsciamente, ormai da anni. Un altro uomo l’avrebbe odiata quella donna così simile ad una statua, sia per la bellezza che per l’emotività. Ma un altro uomo non avrebbe saputo chi si nascondeva veramente dietro quella maschera di ghiaccio. Lui sì. Lo sapeva. E attendeva. Attendeva che il ghiaccio si sciogliesse. Ci sperava, ma c’erano giorni, come quello, in cui non ci credeva più, perché per credere serve forza, tanta forza, e lui era così stanco…

Perso in questi pensieri, non avvertì la presenza di lei fin quando non la vide appoggiata di schiena contro la porta della sua stanza, con il capo chino, i capelli come i rami di un salice, a nasconderle il volto.

Silenzio.

Respiri.

Oscar.. cosa...?”

André.. perdonami.. debbo parlarti.”

Un qualche sortilegio non permette al corpo di Andrè di muoversi e staccarsi da quella finestra. Può solo stare lì a fissarla. In attesa. “Oscar, siediti. Io ti ascolto.”

“No grazie Andrè, resto qui.” le mani contro la porta, a raschiare come una gatta.

Silenzio.

Un sospiro precede un movimento; Oscar alza adagio la testa. Prima fissa davanti a sé, poi, lentamente, molto lentamente, punta lo sguardo verso la finestra, verso Andrè.

Il corpo di Andrè è pietra e sabbia bagnata allo stesso tempo. Fissa Oscar e nota che ha gli occhi arrossati. Ha pianto. Lei ha pianto. E ora si mostra a lui.

Silenzio.

André.. sono malata.”

Silenzio.

“Ho parlato con il dottor Lassonne. Ho la tisi. Ha detto che se non mi curo mi restano al massimo sei mesi da vivere.”

Così, tutto d’un fiato. E ora è Andrè a non aver fiato, parole, gesti.

“Pessimo scherzo Oscar.” Prova a sdrammatizzare, ad esorcizzare quella malia. Riesce persino a stirarsi le labbra in un sorrisetto sghembo che dovrebbe essere ironico. Ma nessuno dei due ci casca.

Oscar sorride e dice: “Non sono famosa per il mio senso dell’umorismo.” Sorride davvero.

Ora nella stanza sono due le statue; una addossata alla porta e l’altra aggrappata alla finestra. Due statue di cristallo.

Silenzio.

“Andrè, ho chiesto un congedo ufficiale. Me ne vado tre mesi ad Arras, a mangiare bene, a respirare aria buona, a non fare niente ed a sperare che tutto ciò cambi qualcosa.”

Silenzio.

“… André.. vuoi venire con me?”

Silenzio. Dio, un silenzio assordante.

“Chi altri lo sa?” Andrè riesce, con un evidente sforzo, a formulare questa frase, anche se è solo una delle mille frasi che gli assediano la mente, urlando, urlando..

“Oltre me ed al dottor Lassonne? Solo tu. E voglio che la situazione resti questa.” Eccolo il tono del comandante.

Silenzio.

“Perché, Oscar?” perché stai male, perché lo dici a me, perché a te, perché a me, perché a noi, perché perché amore mio..

“Perché lo sto dicendo a te? Perché sono una creatura egoista. Perché ho paura, perché da sempre, quando ho paura, il tuo viso appare nella mia mente e mi rassicura. Lo so quello che ti sto facendo, credimi Andrè, ne sono perfettamente consapevole. Ma nel mio mostruoso egoismo voglio averti accanto anche durante questa battaglia, sapendo che soffrirai con me, che soffrirai più di me, e mi dispiace, mi dispiace, ma se proprio devo andarmene voglio che l’ultimo volto che vedrò prima di sparire sia il tuo.”

Silenzio.

Uno sguardo infinito.

Poi Oscar, lentamente, ripiega la testa e la cortina dei capelli nasconde di nuovo il suo volto. Ma ora tra le ciocche dorate è possibile scorgere le perle delle lacrime, come gocce di rugiada su una tela di ragno. Eppure non emette un suono. Piange in silenzio, Oscar. Ed in silenzio Andrè scende dalla cornice della finestra, come il personaggio di un dipinto che finalmente prende vita, e con due rapidi e silenziosi passi la raggiunge e la stringe in un abbraccio tanto disperato quanto dolce. Il corpo di Oscar ha un sussulto, ma dura la frazione di un secondo. Si abbandona completamente a quell’abbraccio, affondando il viso bagnato di lacrime silenziose nel petto di Andrè. Arrivano i singhiozzi, a squassare la sua schiena. Andrè stringe un po’ di più. Oscar gli cinge la vita con le braccia.

Stai con me in tutti i miei giorni

Quelli no e quelli bastardi

Stai con me nei giorni sereni

Mai così passeggeri

Mai come adesso

 

CAPITOLO 2 : Addii

“Oscar, perché hai preso un congedo così lungo?”

Nonostante sia stata lei ha chiedere quel colloquio al padre sembra che anche stavolta sia lui a dirigere le danze.

“Padre, non ho mai preso un solo giorno di riposo da quando ho preso servizio nel 1770. Credo di essermela meritata una vacanza. Questi ultimi mesi, come voi certo ben sapete, sono stati particolarmente faticosi per me. Ma ora ho tutto sotto controllo; il nuovo incarico mi piace e ho persino conquistato la stima dei miei soldati. Posso partire tranquilla sapendo che al mio ritorno potrò riprendere esattamente da dove ho lasciato, senza sforzi.”

Il Generale Jarjayes fissa sua figlia, cercando di decifrare le sue parole e la sua espressione, ma non c’è mai riuscito ed il miracolo non avverrà certo oggi.

Oscar si congeda ed esce dallo studio del padre.

In corridoio incontra la nonna, che corre da un angolo all’altro della casa per preparare le valigie a lei e ad Andrè. “Bambina mia, ma perché stai via per tanto tempo?” Cielo, non hanno proprio intenzione di rendergliela più facile. “Nonna, dovresti essere contenta! Non sei tu che mi dici da vent’anni che lavoro troppo e che una ragazza dovrebbe riposarsi ogni tanto? Ecco, ti ho accontentata!” Riesce persino a tirare fuori un sorriso convincente, solo per lei, per quella donnina che le ha fatto da nonna, da mamma, che ha sopperito a tutte le mancanze affettive della famiglia di Oscar.

La nonna si impone di tranquillizzarsi e continua a preparare le valigie, ma con un’ombra sul cuore a cui non riesce a dare forma.

Oh oh, sweet child of mine

Oh oh, sweet love of mine

 

 

CAPITOLO 3 : Destinazioni

La carrozza procede attraverso la campagna.

È una bella giornata di sole primaverile in cui si avverte già qualcosa dell’estate che verrà.

Oscar è mollemente appoggiata allo schienale, il viso rivolto verso il finestrino, gli occhi chiusi e l’ombra di un sorriso sulle labbra pallide.

Andrè salendo stava per sedersi al suo fianco, ma poi ci ha ripensato e le si è seduto di fronte. Per studiarla.

Parlano poco, ma per la prima volta dopo tanti, troppi anni, non è un silenzio grave, sgradevole. Ed è assurdo, perché il motivo di questo viaggio è il più mostruoso che avrebbero mai potuto immaginare, ma comunque stanno tornando ad Arras, insieme, da soli. E questo per il momento basta. Devono saperselo far bastare.

Quel pomeriggio, nella stanza di Andrè, erano rimasti abbracciati così a lungo che il rosso del tramonto si era prima trasformato nel violetto del crepuscolo e poi nel blu profondo della notte. Così, senza una parola. E senza una parola si erano trovati sempre abbracciati sul letto di Andrè. I singhiozzi si erano calmati, le lacrime avevano continuato a scorrere silenziose per un altro po’. Poi solo il silenzio e la forza di quell’abbraccio.

“Verrò con te ad Arras.”

Un piccolo sussulto di Oscar, tra le braccia di Andrè. Anche lei sperava, ma non ci credeva. Come poteva quell’uomo decidere di affrontare anche quella prova? Per lei?!? E cosa aveva mai fatto lei per meritare l’amore un uomo simile? Proprio non riusciva a capacitarsene.

“Andrè, io..

“Shhh.. Non dire nulla. Non serve. Sarò con te. Come sempre. E sarò tutto ciò che vorrai. Sarò tuo fratello, tuo amico, il tuo medico, il tuo servo.. Non importa.”

I will love you ‘til the end of time

I would wait a million years

Promise you’ll remember that you’re mine

Baby, can you see through the tears?

CAPITOLO 4 : Notti

Quella sera, a casa Jarjayes, avevano dormito così, sul fianco; Oscar rannicchiata nelle braccia di Andrè, la fronte sul suo petto. E così dormirono nella casa di Arras.

Oscar non aveva voluto nessuno, nemmeno una cameriera, nemmeno il cuoco. Lei e Andrè facevano colazione, pranzo e cena alla locanda del paese, dall’oste che li aveva visti bambini. Il vecchio non sapeva della malattia di Oscar, ma si era accorto del suo pallore e della sua magrezza, così le preparava cibi semplici e sostanziosi, per poter vedere di nuovo la sua pelle di pesca.

A casa erano soli. Oscar aveva occupato la propria stanza e Andrè la sua. Ma la notte lei lo raggiungeva, si raggomitolava come una gatta e si lasciava abbracciare. E Andrè non diceva nulla, semplicemente la stringeva a sé. Perlopiù stavano in silenzio, soprattutto all’inizio, quando Oscar subiva terribili attacchi tosse. Andrè la cullava finché l’attacco non passava e le ripuliva la labbra dal sangue. Oscar si lasciava curare come una bambina. I primi giorni erano stati terribili, ma l’aria pura, il buon cibo e l’allontanamento di ogni pensiero avevano subito sortito buoni risultati che non erano certo risolutivi, ma lasciavano ben sperare.

In quelle lunghe notti, completamente soli in quella casa in mezzo alla campagna, Oscar e Andrè rievocavano il passato, i momenti belli della loro infanzia e della loro adolescenza, prima che tutto cambiasse. Non parlavano mai del futuro, e neanche del presente. Oscar dormiva conquistando una briciola di serenità in più ogni notte, ma sempre consapevole del tormento che causava ad Andrè. Andrè era un uomo, e passare con lei ogni notte era una dura prova. Oscar avvertiva i tremiti del suo corpo, i mutamenti fisici che la sua presenza causava. Andrè non si ritraeva né si scusava, né Oscar lo pretendeva. Ma cosa poteva fare? Confessargli che lo amava, che aveva urlato “Devo salvare il mio Andrè!” proprio in faccia al conte di Fersen, quella terribile notte nel quartiere Saint Antoine? Che aveva rifiutato la proposta di Girodel e di tutti gli altri cicisbei per amor suo? Gli avrebbe creduto se glielo avesse detto ora, ora che stava morendo? Andrè avrebbe potuto pensare che lo faceva solo per paura della solitudine della morte e lei non poteva accettare di dargli questo ulteriore dolore. Avrebbe atteso, come aveva atteso lui.

I could stay awake just to hear breathing

 

 

CAPITOLO 5 : Confessioni

Le giornate iniziavano sempre più presto e finivano sempre più tardi. La luce ed il calore del sole stavano restituendo ad Oscar un po’ della sua salute perduta. Andrè non diceva nulla, ma la osservava con attenzione. Sperava. E temeva. Se fosse guarita sarebbe tornato tutto come prima; lei il comandante e lui il soldato semplice. Poi pensava all’alternativa e si sarebbe buttato in acqua per la vergogna. La sua mente ed i suoi sensi un pendolo in continua oscillazione da un estremo all’altro.

Successe la trentasettesima notte.

Erano almeno tre giorni che Oscar non tossiva, e questo le permetteva di mangiare di più. Aveva riconquistato peso e colore. Andrè pensava che avrebbe smesso di andare a dormire nel suo letto, e questo gli causava ancora dolore e senso di colpa.

Era passata da poco la mezzanotte e Oscar non si vedeva.

Andrè capì che quel periodo era finito e provò sollievo e tormento.

Dei passi nel corridoio. Leggeri e veloci.

La porta si apre e Oscar entra. Ma stavolta chiede il permesso. Non l’aveva mai fatto.

Andrè sussurra un “prego” incerto e lei si sdraia al suo fianco. Ma lui stavolta non l’abbraccia.

Silenzio.

“E’ troppo tardi?”

“E’ passata la mezzanotte. Dovresti dormire, Oscar.”

Silenzio.

“Non intendevo questo.”

Silenzio.

“E’ troppo tardi per noi, Andrè? Ho bruciato tutte le nostre possibilità?”

“Oscar.. cosa..?”

“Lo so Andrè, ho fatto tanti errori, e le conseguenze di questi errori sono ricadute soprattutto su di te, e so che non ne ho più il diritto.. non ho più il diritto di chiedertelo.. no! Non voglio chiederti niente. Per troppi anni ho chiesto senza darti nulla, nemmeno una risposta, quando solo dio sa quanto tu l’avresti meritata.”

Tutto d’un fiato, con le parole che si rincorrono, inciampano una sull’altra. Tutto raggomitolata su un fianco, con la fronte appoggiata alla spalla di Andrè.

Silenzio.

“Oscar, io..

“No, ti prego Andrè, lasciami finire. Ci ho messo due ore a raccogliere il coraggio di venire da te questa notte. Anche se sarebbe più giusto dire che ci ho messo dei mesi.”

Un respiro profondo, come prima di un’immersione, e Oscar prosegue.

“Potrei dire che non te l’ho detto prima perché avevo paura di averti ormai perso, potrei dire che non l’ho fatto per paura che fraintendessi, potrei trovare mille scuse al mio silenzio, ma la verità è solo una: sono una vigliacca. Posso affrontare gente armata, ma non sono mai stata in grado di affrontare me stessa. E l’unica persona che mi abbia mai messo veramente di fronte a me stessa sei tu. Mi facevi paura Andrè. La tua sincerità mi terrorizzava, i tuoi sentimenti mi paralizzavano. Ma ci si stanca anche di scappare. Ed io sono stanca, tanto stanca.”

Silenzio.

Oscar si alza e si siede sul letto, con le gambe raggomitolate. Ora guarda in faccia Andrè che resta sdraiato, con uno sguardo indecifrabile, ma fisso su di lei, come un faro su un mare in tempesta.

Un altro sospiro profondo, un’altra immersione.

“Sono stanca di fuggire, Andrè. Questa è la mia resa definitiva.”

Silenzio.

“Io ti amo.”

Silenzio.

“Ti amo da molto tempo. Da quanto, di preciso, non so. Da quando ti ho visto tra i soldati della Guardia? Forse. Da quando hai tentato di avvelenarci per impedirmi di sposare Girodel? Non avere quello sguardo ferito, Andrè; non ti ho mai odiato per quello, anzi. Lì ho iniziato a capirti davvero. Ho parlato con Girodel e gli ho detto che non mi sarei mai sposata con nessuno, perché questo avrebbe causato la morte di un uomo. Lui ha subito capito che parlavo di te. Era così evidente? Poi Girodel mi ha messo in difficoltà domandandomi in modo diretto “Voi lo amate?” Mi credi Andrè se ti dico che non ci avevo mai pensato? Credici, perché è così. Tu eri l’altra metà di me, e non avevo mai sentito il bisogno di dare una definizione a quel sentimento. Forse è questa la mia colpa. Tutto mi è stato chiaro quella notte a Saint Antoine. Prima eravamo nella carrozza, immersi in uno dei nostri ormai consueti dolorosi silenzi, ed un momento dopo una folla inferocita ci divideva. Sarei morta pensando a te. Mi sono svegliata in un vicolo buio, sorretta dalle braccia di Fersen; nemmeno il tempo di mettere a fuoco il suo viso che ho iniziato a dimenarmi e ad urlare “Lasciatemi andare, il mio Andrè è in pericolo!” Al pari di Girodel, nemmeno Fersen è sembrato particolarmente sconvolto da questa rivelazione. Lo sapevano proprio tutti, tranne me e te.”

Silenzio.

“E’ così Andrè; sono consapevole dell’amore che nutro per te da diversi mesi. E non ho mai trovato il coraggio di dirtelo. Quella mattina tu ti sei alzato, pieno di ferite com’eri, per dirmi che Fersen stava bene. Io avrei voluto urlare “Non me ne importa!”, ma la voce è morta in gola. Sono riuscita solo a chiederti se volevi una tazza di cioccolata. Tu hai rifiutato e sei andato via, ferito. Io avrei dovuto trattenerti, ma c’era ancora qualcosa che tratteneva me. Non so come ho fatto a far passare così tanto tempo inutilmente; non me lo chiedere amore, perché davvero non lo so. So solo che quando il dottore mi ha detto che avevo un tempo limitato davanti a me, solo allora mi sono resa conto della mia idiozia, causata dal mio egoismo. Ma che fare? Dirtelo allora? Sarebbe stato ancora più crudele. Ma ora sento che posso guarire e allora.. forse.. noi due abbiamo ancora una possibilità per essere felici. So che forse è tardi. Tu potresti aver sepolto i tuoi sentimenti per me. Ed io non potrei fartene una colpa. Vorrà dire che espierò così le mie colpe, è giusto; tu mi hai amata per tanti anni, soffrendo in silenzio, ed ora tocca a me. Io ti amo e ti amerò per sempre Andrè, anche se tu non mi vuoi più. Non posso più rinunciare a questo sentimento ormai..

“Ma quanto parli!?!”

All’improvviso Oscar si trova racchiusa nelle braccia di Andrè, che è scattato al suo fianco. Sono entrambi seduti scomposti, le gambe uno strano intrico, le braccia che stringono, cercano, le mani che afferrano, i volti che affondano nell’incavo dei colli. Le lacrime che scendono silenziose.

“André.. veramente..?”

“Oscar, come hai potuto pensare che i miei sentimenti per te fossero cambiati o scomparsi?” C’è un lieve tono di accusa nella voce di Andrè, e Oscar accetta quell’accusa, sa di meritarsela, quella e tante altre ben peggiori. Così si limita a dire “Scusa”. Ed in quella parola cerca di far entrare tutto; vent’anni di errori, di dolore, di solitudine. Andrè sente tutto ciò e sente il suo corpo, la sua mente ed il suo cuore, liberi, leggeri. Per la prima volta in vita sua.

There’s a hole in my soul

You can see it in my face

It’s a real big place

I just wanna feel real love

I got too much life

Running through my veins

Going to waste

I just wanna feel real love

 

 

 

CAPITOLO 6 : Eternità

Il seguito di quella notte è tanto confuso quanto nitido. Oscar non ricorda di aver preso decisioni coscienti, sa solo di aver seguito la volontà del suo cuore e del suo corpo, finalmente liberi di esprimersi. Ed il suo cuore e il suo corpo si sono espressi all’unisono con il cuore ed il corpo di Andrè. A quell’abbraccio scomposto è seguito qualcosa di sempre più intenso e profondo.

L’abbraccio si è esteso e moltiplicato, come se non bastasse stringersi, come se tutti gli abbracci cercati e mancati nel corso di quegli anni si sovrapponessero ora uno sopra l’altro.

I volti stavano così bene incastrati nell’incavo del collo, dove l’odore della pelle è così intenso, ma a poco a poco si sono mossi; le guance si sono trovate schiacciate una contro l’altra ed i nasi a sfiorare i lobi delle orecchie.

La guancia di Andrè era ruvida di barba e Oscar rise leggera per il leggero solletico. Quel suono cristallino non raggiungeva le orecchie di Andrè ormai da anni, ma lui lo riconobbe, perché tante volte lo aveva sentito da bambino e da adolescente. Quel suono, ritornato da un passato lontano e ritenuto perduto, li sorprese entrambi. Le guance si staccarono, lentamente, e si trovarono a guardarsi dritto negli occhi. Sulle labbra di Oscar c’era ancora l’eco di quella risata che in qualche modo si era trasmessa ad Andrè. Ma c’era qualcosa di più; il sorriso non si limitava ad rallegrare le labbra, ma si estendeva a tutto il volto di Oscar, rendendolo luminoso come una luna estiva. Andrè circondò quel volto con le sue mani grandi e ruvide ma così delicate, ed Oscar vi si appoggiò con un totale senso di sicurezza. Restarono così in silenzio per alcuni secondi, minuti, anni. Oscar coprì le mani di Andrè con le sue. Poi Andrè iniziò ad avvicinarsi lentamente, ma senza mai smettere di fissare Oscar.

All’inizio fu un semplice, quasi furtivo, sfiorare di labbra.

Il tempo passava, ma solo fuori da quella stanza. Lì dentro due anime esploravano finalmente le loro profondità.

Lo sfiorar di labbra divenne un bacio, il bacio divenne un’esplorazione di odori e sapori, sospettati ma ancora mai provati.

Da seduti scomposti si trovarono sdraiati sul fianco, intrecciati come rami d’edera.

Poi, una domanda nello sguardo di Andrè. C’era un desiderio immenso in quella domanda, ma non c’erano né pressione né fretta.

Senza una parola, Oscar comprese tutto quello che ancora non aveva compreso e, senza una parola, rispose a quella domanda, cingendo il collo di Andrè con le sue braccia ed attirandolo sopra di sé.

Il bacio proseguì, espandendo le sue traiettorie, esplorando porzioni di pelle sempre più ampie, passando dalle labbra al collo, dal collo al seno, ora scoperto poiché Andrè aveva sbottonato la camicia da notte. Oscar gli passava le dita tra i capelli, in modo ora delicato ora febbrile, a seconda dei movimenti delle labbra e della lingua di Andrè. Lui si interruppe per sollevare il volto, per vedere l’espressione di lei. Capì che non doveva fermarsi. Così abbassò le mani ed afferrò i lembi della camicia da notte di Oscar e iniziò a sollevarla, lentamente, lentamente..

Quando Oscar fu nuda per un istante si sentì vulnerabile, ma poi ricordò che si trovava con Andrè e che non aveva nulla da temere. Tolse la mano che aveva poggiato istintivamente a coprire il seno ed iniziò a far scivolare verso l’alto la camicia di Andrè. Non poté trattenersi dallo sfiorare con la punta delle dita il petto di Andrè.

“Poco tempo fa mi sono addormentata sul tuo petto, mentre eravamo in servizio.”

“Lo ricordo perfettamente. Quando eravamo bambini lo facevi spesso. Quella volta avrei voluto abbracciarti, come facevo con naturalezza quando eravamo piccoli.. ma non ho potuto. Temevo me stesso. Avrei potuto farti di nuovo del male..

“Tu non mi hai mai fatto del male, Andrè. Sei l’unica persona che non mi abbia mai inflitto una ferita.”

“Oscar.. ti amo.”

“Lo so!” Oscar ride, e la stanza risuona di quella risata, sincera e leggera.

“Ma guarda un po’, io sono serio e tu ti prendi gioco di me?” al suono della risata di Oscar si accorda quello della risata di Andrè, com’è giusto che sia.

Ridendo come ragazzini tornano a stringersi in un abbraccio, a baciarsi. Le risate cessano, ma restano i sorrisi sui volti, mentre Oscar toglie i pantaloni ad Andrè e lui, partendo dal piede, inizia una scalata al corpo di lei fatta di carezze e baci fin quando non si trovano di nuovo faccia a faccia, solo che adesso l’abbraccio è completo poiché le gambe di Oscar accolgono ed avvolgono i fianchi di Andrè.

Quando Andrè entra in lei, Oscar prova solo una leggera fitta di dolore, che lascia subito il posto alla gioia di sentirlo muovere dentro di se, con tutta la sua passione, la sua dolcezza, la sua forza, il suo amore per lei..

Oscar non sa cosa fa, ma il suo corpo la guida, e lei lo segue con fiducia, soprattutto quando si rende conto che ad ogni suo gesto ne corrisponde uno simile da parte di Andrè e che ogni suo movimento, ogni suo sospiro, scatena un’ondata di gioia e di emozione nel suo compagno.

Salgono insieme sino alla cima di quella montagna, all’unisono sentono crescere e poi infrangersi l’onda del piacere, nello stesso momento urlano uno il nome dell’altra come se si fossero finalmente trovati dopo tanto cercarsi. Come è in effetti.

La notte scorre via, ma quei due, in quella stanza, nel loro letto, hanno ritagliato un pezzetto di eternità personale.

Forever gonna start tonight

 

 

Fine Prima Parte

Moonia (mail to: monia.guredda@gmail.com)