Il testo qui sotto è tratto da LA RIVOLUZIONE FRANCESE di Francesco A.M. Mignet. Tipografia della Editoriale Lucchi, 1963. Grazie mille a Silvia che mi ha inviato questo interessante stralcio sulle ore di poco precedenti la Presa della Bastiglia, con alcune notizie importanti sulla Guardia Francese ^__-! IL TITOLO È ASSOLUTAMENTE DI MIA FANTASIA

 

14 LUGLIO 1789

Gli eventi precedenti la presa della Bastiglia

 

I deputati ricevevano felicitazioni da Parigi e da altre città, e incoraggiamento a proseguire nella loro opera di rigenerazione della nazione. Intanto le truppe, in gran numero, venivano fatte giungere sul posto. Versailles prendeva l'aspetto di un campo di battaglia, la sala degli Stati era sempre circondata da guardie e l'ingresso inibito ai cittadini. Parigi stessa era circondata da vari corpi d'armata che sembravano appostati per poter, in caso di bisogno, bloccare la città. Questi enormi preparativi militari, i treni di artiglieria venuti dalla frontiera, la presenza di reggimenti stranieri la cui obbedienza era senza limiti, facevano presagire sinistri avvenimenti. La popolazione era inquieta e agitata. [...]
Parigi era in fermento. Questa città immensa era unanime nella sua devozione all'assemblea. I pericoli da cui i rappresentanti della nazione erano minacciati, i suoi stessi pericoli e la scarsezza di viveri, tutto preludeva una sommossa. [...]
Dappertutto, all'aria aperta, sulle piazze, per le vie, si discutevano le deliberazioni. L'assemblea parigina si teneva principalmente al Palais-Royal il cui giardino era sempre pieno di una folla che sembrava stazionaria ma che invece si rinnovava incessantemente. Una tavola teneva luogo di tribuna; il primo cittadino che capitava, serviva da oratore. Di là si arringava la folla sui pericoli che correva la patria e si incitava il popolo alla resistenza. Già, su una proposta partita dal Palais-Royal, le prigioni dell'Abbazia erano state forzate e i granatieri della guardia francese che vi erano rinchiusi condotti in trionfo. La cosa non aveva avuto altro seguito: una deputazione aveva sollecitato l'interesse dell'assemblea in favore dei granatieri e l'assemblea li aveva raccomandati alla clemenza del re. Le guardie furono rimesse in prigione e poi graziate, ma il reggimento, uno dei più compatti e più valorosi, fu da quel momento guadagnato alla causa popolare. [...]
L'indomani, domenica 12 luglio, si sparse la voce a Parigi della disgrazia di Necker e del suo esilio. Questa misura fu considerata come l'inizio del complotto, del quale si erano intravisti i preparativi. Degli assembramenti si formavano in ogni luogo, più di diecimila persone si recarono al Palais-Royal, disposte a tutto, ma non sapendo quale direttiva prendere. [....]
Un corteo si forma e corre tumultuoso dallo scultore Curtius. Lì i busti di Necker e del duca di Orléans, di cui si diceva prossimo l'esilio, sono ravvolti in veli scuri e portati in trionfo. Il corteo attraversa le vie San Martino, San Dionigi, Sant'Onorato e s'ingrossa ad ogni passo. Il popolo fa togliere il cappello ai passanti che fanno ala al corteo. La pattuglia a cavallo passa in quel momento e il corteo la prende per scorta. Il corteo si avanza solenne verso la piazza Vendome, dove i due busti sono portati in trionfo intorno ala statua di Luigi XVI. Un distaccamento del Reale-Alemagna arriva e tenta disperdere i dimostranti, ma viene messo in fuga a colpi di pietra e il corteo, continuando la sua via, arriva fino alla piazza Luigi XV. Lì vi sono ad attenderla i dragoni del principe di Lambesc. La folla tenta resistere all'attacco, ma viene tosto sopraffatta. Un soldato della guardia francese e uno dei portatori delle statue vengono uccisi, la popolazione si disperde: una parte si dirige verso i bastioni, il resto si precipita per il ponte Tornant, alle Tuilleries. Il principe di Lambesc la insegue con la sciabola sguainata, seguito dai dragoni fin nei giardini e carica la folla ignara che non faceva parte del corteo e passeggiava pacificamente nei giardini. In questa carica un vecchio è ferito da una sciabolata. Ci si difende perfino con le sedie, l'indignazione è generale e il grido "Alle armi!" risuona dappertutto alle Tuileries, al Palais-Royal, in città e nei sobborghi.
Il reggimento delle guardie francesi che, come abbiamo detto, era assai ben disposto verso il popolo, era consegnato in caserma. Il principe di Lambesc, temendo tuttavia che potesse in qualche modo prender parte ai disordini, ordina a sessanta dragoni di andarsi a mettere alle porte della caserma. Le guardie, già malcontente di esser tenute in caserma come prigionieri alla vista di quegli stranieri coi quali avevano avuto una rissa qualche giorno avanti, vogliono slanciarsi fuori e occorre tutta l'autorità degli ufficiali per farli desistere dal loro proposito. Ma quando giunse la notizia che un vecchio e uno dei loro erano stati uccisi nella carica alle Tuileries afferrarono le armi, ruppero le cancellate e si misero in ordine di battaglia alla porte della caserma, di fronte ai dragoni gridando loro: "Chi va là?" "Reale Alemagna!" risposero quelli, "Siete per il terzo stato?" "Siamo per coloro che ci danno degli ordini!" fu la risposta. Allora le guardie francesi scaricarono i loro fucili uccidendo due dragoni, ferendone tre e mettendo il resto in fuga. Avanzarono quindi a passo di carica con la baionetta spianata fino alla piazza Luigi XV, si piazzarono fra le Tuileries e i Campi Elisi e tennero quel posto durante tutta la notte. I soldati del Campo di Marte ebbero nello stesso momento l'ordine di avanzare, ma quando arrivarono all'altezza dei Campi Elisi furono ricevuti a colpi di fucile dalle guardie francesi. Fu quindi ordinato loro di caricare, ma si rifiutarono. I Piccoli Svizzeri furono i primi a dare l'esempio seguito tosto dagli altri reggimenti. Gli ufficiali, disperati, ordinarono allora la ritirata e le truppe retrocessero fino al cancello di Chaillot, di dove poi si dispersero nel Campo di Marte. La defezione delle guardie francesi e il rifiuto di obbedienza dei reggimenti stranieri, fecero abortire i progetti della Corte. [...]
"Camerati!" gridò allora un vecchio "Non ci curiamo di quei traditori. Seguitemi e fra due ore la Bastiglia sarà nelle nostre mani!". L'assedio durava da oltre quattro ore quando le guardie francesi arrivarono con un cannone. Il loro arrivo fece cambiar faccia alla situazione. La stessa guarnigione pregò il governatore di arrendersi. Il disgraziato Delaunay, temendo quello che lo attendeva, volle fare saltar la fortezza per rimanere sepolto sotto le rovine. Avanzò allora con atto disperato recando in mano una miccia accesa, e si appressò al deposito delle polveri. La guarnigione lo fermò, innalzò la bandiera bianca sulle mura e rovesciò i fucili con la canna verso terra in segno di resa.